9 Agosto 2017

Alcune questioni in materia di impugnativa delle delibere di approvazione del bilancio, di esclusione del socio e di revoca di amministratore di s.r.l.

Il bilancio assolve ad una funzione rappresentativa della situazione patrimoniale e finanziaria della società cui si riferisce, nonché del suo risultato economico al termine dell’esercizio, tale da fornire ai soci e ai terzi una dettagliata illustrazione di tutte le informazioni che il legislatore ha ritenuto di prescrivere agli artt. 2423 ss. c.c..

L’interesse del socio, che lo legittima ad impugnare la delibera approvativa di un bilancio a suo dire redatto in violazione delle prescrizioni legali, non dipende tanto dal venir meno della sua aspettativa ad ottenere una quota degli eventuali utili o, comunque, un immediato vantaggio patrimoniale, ma nasce piuttosto dal fatto che la scarsa chiarezza o la mancanza di veridicità del bilancio non gli permette di avere tutte le informazioni circa elementi capaci di incidere sul valore del propria quota di partecipazione, con ciò impedendogli di compiere scelte informate in ordine alla gestione della quota stessa.

Da ciò discendono due conseguenze in materia d’impugnativa di bilancio: la prima è l’irrilevanza di deduzioni focalizzate su illeciti gestori degli amministratori – seppur lesivi dell’integrità e del valore del patrimonio sociale – se svincolate da precise allegazioni in ordine alla loro rappresentazione in bilancio; la seconda è che la parte che impugna la delibera di approvazione del bilancio di esercizio, lamentando che il documento contabile difetti di chiarezza, veridicità e correttezza, ha l’onere di indicare esattamente le singole poste in tesi iscritte in bilancio in violazione delle norme vigenti, nonché di enunciare specificamente in che cosa consistano i lamentati vizi del bilancio impugnato. Va pertanto rigettata la domanda di annullamento della delibera assembleare con cui è stato approvato il bilancio d’esercizio qualora parte attrice abbia contestato in modo assai generico il fatto che detto documento sia risultato privo dei connotati di chiarezza, veridicità e correttezza, soprattutto se le allegazioni attoree abbiano riguardato più atti di mala gestio che non la corretta rappresentazione di operazioni economiche compiute dalla società.

Allo stesso modo vanno rigettate le domande d’invalidità delle delibere assembleari che introducono nello statuto di s.r.l. ipotesi di esclusione del socio ulteriori a quella di cui all’art. 2466 c.c. (mancata esecuzione dei conferimenti dovuti) e che individuano i soggetti che possono assumere la carica di amministratore ricalcando la disciplina sul divieto di concorrenza prevista per gli amministratori di s.p.a. all’art. 2390 c.c. Invero, tali delibere non risultano adottate in violazione di norme di legge e sono inidonee, di per sé, a recare pregiudizio ai soci (esclusi) o agli amministratori (revocati), dal momento che attengono ad una legittima scelta assembleare suscettibile di essere applicata solo con riferimento a situazioni di fatto realizzatesi successivamente alla loro adozione, e comunque a mezzo di deliberazioni suscettibili di autonoma impugnativa.

Ai fini della risoluzione di una controversia concernente l’illegittimità di una delibera di revoca di amministratore di s.r.l., bisogna sempre tener conto del concreto assetto statutario adottato dai soci in materia di amministrazione della società. Qualora, alla luce di detto assetto, l’amministrazione della società ed i relativi poteri di rappresentanza, anche giudiziale, spettino a tutti i soci in via fra loro disgiuntiva per la parte ordinaria e in via congiuntiva per la parte straordinaria, è possibile ritenere che l’organizzazione sociale sia intrinsecamente caratterizzata da uno stretto rapporto fiduciario esistente tra soci e amministratori, connotato da intuitus personae in modo pressoché analogo a quanto avviene per le società di persone. Per altro verso, l’attribuzione del potere gestorio ai medesimi soggetti nel cui interesse si deve agire comporta una sostanziale corrispondenza di interessi tra rappresentato e rappresentante, tale da mostrare all’evidenza che il mandato è anche nell’interesse del mandatario (cd. mandato in rem propriam), divenendo, così, necessaria la presenza di una giusta causa ai fini di un’eventuale revoca (arg. ex artt. 1723 e 2259 c.c.).

La giusta causa di revoca del mandato ricorre quando sopravviene o un grave inadempimento agli obblighi gestori oppure un fatto, anche di tipo oggettivo e non imputabile al mandatario, che, per la sua gravità, impedisce la prosecuzione anche provvisoria del rapporto, facendo venire meno il pactum fiduciae che deve connotare il rapporto stesso.

In modo analogo, giusta causa di revoca dell’amministratore di s.r.l. sussiste allorché un fatto, non necessariamente costituente inadempimento agli obblighi gestori, precluda la continuazione del rapporto con la società, facendo venir meno l’affidamento dei soci sulle capacità ed attitudini dell’amministratore.

Alla luce di tali considerazioni, è invalida la delibera assembleare che non offra adeguata e puntuale spiegazione delle ragioni che hanno fondato la revoca dell’amministratore; allo stesso modo, è illegittima la delibera con cui viene nominato un nuovo consiglio di amministrazione non comprendente uno degli amministratori precedentemente in carica, che non fornisce spiegazione circa le ragioni della revoca implicita dall’incarico gestorio.

É invalida la delibera di esclusione di uno dei soci nell’ipotesi in cui i fatti invocati dal socio di maggioranza (e parte convenuta) siano riconducibili a un periodo antecedente rispetto a quello preso a riferimento dallo statuto; inoltre, se l’intenzione della maggioranza è esclusivamente quella di privare, attraverso l’esclusione, il socio di minoranza di ogni diritto sociale, la delibera assembleare risulterà altresì viziata da “abuso di potere”, essendo stata adottata in violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c..

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gabriele.scaglia

gabriele.scaglia

Notaio con sede in Triuggio (MB) e operante in tutta la Lombardia. Dottore di ricerca presso la Scuola di Dottorato "Impresa, lavoro e Istituzioni" dell'Università Cattolica di Milano (curriculum diritto...(continua)

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