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Art. 116 c.p.c.
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3 Dicembre 2021

Morte del socio e liquidazione della quota agli eredi: criteri di quantificazione

Nella disciplina legale dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente a un socio della società di persone, contenuta all’art. 2284 c.c. e applicabile alla società in nome collettivo in forza del richiamo dell’art. 2293 c.c., la morte di uno dei soci determina immediatamente lo scioglimento del vincolo del singolo socio al momento del decesso, ponendo i soci superstiti nell’alternativa tra: (i) continuare fra loro l’attività e liquidare la quota agli eredi del socio deceduto, titolari iure proprio verso la società del diritto di credito ad una somma di denaro corrispondente al valore della quota del socio defunto al momento del decesso, ai sensi dell’art. 2289 c.c.; (ii) sciogliere la società determinando la perdita del diritto degli eredi del socio defunto alla liquidazione della quota, con la conseguenza che essi saranno costretti a partecipare al procedimento di liquidazione della società; (iii) accordarsi con gli eredi del socio defunto per continuare con loro la società. La disciplina richiamata trova applicazione anche nell’ipotesi di società composta da due soli soci, così che il socio superstite, in mancanza dell’accordo per la continuazione della società con gli eredi del socio defunto, ha sempre l’alternativa tra l’offerta agli eredi della liquidazione del valore della quota appartenuta al socio deceduto e lo scioglimento anticipato della società.

Una volta che il socio superstite abbia optato per l’offerta agli eredi della liquidazione della quota appartenuta al defunto secondo le modalità previste dall’art. 2289 c.c., il diritto di credito degli eredi del socio deceduto è indifferente alle successive vicende della società, fossero anche lo scioglimento e lo stato di liquidazione derivanti dalla mancata ricostituzione della pluralità di soci.

L’art. 2289 c.c. prevede che nei casi di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio la liquidazione in denaro della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento. La situazione patrimoniale a cui la norma richiamata si riferisce deve essere rapportata all’effettiva consistenza del patrimonio sociale nel giorno del decesso del socio. Non può, dunque, farsi semplice riferimento all’ultimo bilancio sociale ma deve essere redatta dall’amministratore, tenuto ai sensi dell’art. 2261 c.c. a rendere il conto della gestione, una situazione patrimoniale ad hoc, che rappresenti l’effettiva consistenza economica dell’azienda sociale all’epoca dello scioglimento del rapporto nei confronti del socio.

Nell’ipotesi di mancata redazione o di contestazione della situazione patrimoniale posta a fondamento della quantificazione della quota è onere del socio superstite, a prescindere dal fatto che il defunto fosse o meno socio amministratore, dimostrare quale fosse la situazione patrimoniale nel giorno in cui si è verificata la morte del socio mediante la produzione in giudizio delle scritture contabili della società. L’onere di provare il valore della quota del socio defunto di una società di persone, ai fini della liquidazione della stessa in favore degli eredi, incombe ai soci superstiti e non agli eredi del socio, in quanto solo i soci rimasti in società, e non certo gli eredi del defunto, sono in grado, con la produzione di scritture contabili della società, di dimostrare quale era la situazione patrimoniale nel giorno in cui si è verificata la morte del socio e quali sono gli utili e le perdite inerenti alle operazioni in corso in quel momento.

Dal mancato assolvimento da parte del socio superstite dell’onere di provare la situazione patrimoniale della società al momento del decesso del socio il giudice può trarre argomenti di prova, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., nella soluzione delle specifiche contestazioni sollevate dall’erede del socio defunto in ordine alle singole poste patrimoniali.

La denuncia di vizi fondati sulla violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio effettivamente subito dal diritto di difesa in conseguenza della denunciata violazione, così che non può dar luogo a nullità dell’atto processuale la violazione che non abbia in concreto impedito la piena esplicazione del contraddittorio.

12 Agosto 2021

Sovrastima del valore del magazzino e condotta distrattiva dell’amministratore unico

La differenza tra la consistenza del magazzino evincibile dall’ultimo bilancio predisposto dall’amministratore e quella della merce rinvenuta all’indomani del fallimento, in mancanza di documenti che dimostrino la destinazione della merce mancante, postula una distrazione della merce medesima, oppure l’inattendibilità del valore iscritto in bilancio al fine di gonfiare artificiosamente l’attivo e occultare l’intervenuta causa di scioglimento.

18 Marzo 2021

Estinzione del processo

L’estinzione del processo deve essere dichiarata con Sentenza del Collegio, ove la dichiarazione di rinuncia ed accettazione ex art. 306 c.p.c. intervenga dopo la rimessione della causa al Collegio per la decisione, come si desume dall’art. 307, ultimo comma, c.p.c.

15 Luglio 2020

Concorrenza sleale per imitazione servile: fattispecie e danno cagionato

Costituisce imitazione servile confusoria la ripresa delle caratteristiche estetiche del prodotto dotate di efficacia individualizzante (e quindi idonee a ricollegarlo a una determinata impresa), in modo da indurre il consumatore a ritenere erroneamente che il prodotto imitante provenga dalla stessa fonte produttiva di quello imitato; va esclusa, invece, l’imitazione servile quando la ripetizione dei connotati formali si limiti a quei profili conseguenti alle caratteristiche funzionali e necessitate del prodotto, in quanto il divieto di imitazione servile attiene ai caratteri non essenziali, non funzionali, capricciosi o arbitrari e per tale motivo individualizzanti, con conseguente onere di differenziazione da parte del concorrente.

La concorrenza sleale per appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa altrui non consiste nell’adozione, sia pur parassitaria, di tecniche materiali o procedimenti già usate da altra impresa (che può dar luogo, invece, alla concorrenza sleale per imitazione servile), ma ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi, quali ad esempio medaglie, riconoscimenti, indicazioni di qualità, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od all’impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori; la tutela prestata dalla previsione di cui all’art. 2598 c.c. ha infatti lo scopo di offrire una protezione all’uso corretto degli strumenti concorrenziali, considerati un valore-strumento per il benessere sociale, e non già di rendere possibile la creazione di monopoli o cartelli d’imprese, in grado di escludere dal mercato qualsiasi concorrente che intenda competere con il marchio noto.

4 Aprile 2017

Prova della qualità dell’amministratore di fatto e degli eventi causativi della responsabilità dei cessati amministratori rimasti contumaci

La qualità di amministratore di fatto può essere desunta attraverso indizi la cui valutazione è rimessa, ex art. 116 c.p.c.,  al prudente apprezzamento del giudice (nel caso di specie, è stata ritenuta idonea all’accertamento [ LEGGI TUTTO ]

10 Febbraio 2017

Responsabilità dell’amministratore di srl per omessa iscrizione di un debito di regresso gravante sulla società amministrata

In caso di cessione di ramo d’azienda, deve presumersi – anche in forza dell’argomento di prova evincibile ex art 116 c.p.c. dalla mancata ottemperanza all’ordine di esibizione contabile – la responsabilità dell’amministratore [ LEGGI TUTTO ]

8 Giugno 2015

Invalidità delle delibere assembleari: compilazione del verbale di assemblea in modo non conforme agli accordi intercorsi. Querela di falso e mezzi di prova.

Il ricorso alla querela di falso si rende necessario solo nel caso in cui colui che contesta il contenuto della scrittura assume che il riempimento sia avvenuto absque pactis, sicché l’interpolazione del testo esce dalla sfera di controllo del sottoscrittore e realizza una vera e propria falsità materiale che esclude la provenienza del documento dal sottoscrittore [ LEGGI TUTTO ]