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Art. 2639 c.c.
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Responsabilità dell’amministratore di fatto per condotte distrattive e responsabilità solidale dell’amministratore di diritto

L’individuazione della figura del c.d. amministratore di fatto presuppone che la persona abbia in concreto svolto attività di gestione, e non anche meramente esecutive, della società e che tale attività abbia carattere sistematico e non si esaurisca nel compimento di taluni atti di natura eterogenea ed occasionale. La corretta individuazione della figura richiede l’accertamento dell’avvenuto inserimento nella gestione dell’impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società, che si verifica quando le funzioni gestorie, svolte appunto in via di fatto, non si siano esaurite nel compimento di atti di natura eterogenea e occasionale, essendo la sistematicità sintomatica dell’assunzione di quelle funzioni.

Il soggetto che accetti di ricoprire la carica di amministratore di una società di capitali e poi consenta, con pieno assenso e consapevolezza, che a gestire l’impresa sociale sia di fatto un terzo, è sotto il profilo causale necessario compartecipe e sotto quello giuridico corresponsabile di ogni singolo atto di gestione che abbia lasciato compiere all’amministratore di fatto. Ove quest’ultimo arrechi un vulnus all’integrità del patrimonio sociale, la responsabilità in relazione a tale evento dannoso è pertanto ascrivibile, in via solidale, anche all’amministratore di diritto.

L’azione sociale di responsabilità ex art. 2393 c.c. può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica mentre l’azione di responsabilità dei creditori sociali verso gli amministratori si prescrive sempre in cinque anni, ex art. 2949, co. 2, c.c., ma il termine decorre dal momento in cui si è verificata l’insufficienza del patrimonio sociale o, più precisamente, dal momento in cui questa insufficienza patrimoniale diviene oggettivamente conoscibile da tutti i creditori. Quanto all’azione dei creditori sociali, sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull’amministratore la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se non per vizi motivazionali che la rendano del tutto illogica o lacunosa.

24 Gennaio 2023

Responsabilità dell’amministratore per aggravamento del dissesto in ragione dell’illecita prosecuzione dell’attività

L’azione promossa dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall. compendia in sé tanto l’azione sociale di responsabilità, volta a reintegrare il patrimonio della società, quanto l’azione dei creditori sociali, volta ad assicurare il soddisfacimento delle ragioni di credito di questi. La prima ha natura contrattuale, atteso che l’amministratore assume verso la società l’obbligo di svolgere il proprio compito con l’ordinaria diligenza, mentre la seconda ha natura aquiliana. Ne consegue che, riguardo all’azione contrattuale, sarà onere del convenuto provare l’adempimento agli obblighi sullo stesso gravanti in ragione del ruolo ricoperto e la non imputabilità a sé dei fatti dannosi; invece, con riguardo all’azione aquiliana, la curatela ha l’onere di dimostrare la condotta dolosa o colposa posta in essere dal convenuto, il danno arrecato ai creditori mediante tale condotta ed il nesso di causalità tra la prima ed il secondo.

In nessun caso è dato sindacare il merito gestorio, ossia le singole scelte amministrative e gestionali, purché sorrette da criteri di ragionevolezza. Infatti, l’obbligazione contratta dall’amministratore, come pure del liquidatore, è di natura professionale, trattandosi di un’obbligazione di mezzi e non di risultato, con la conseguenza che non sono addebitabili agli amministratori o ai liquidatori gli esiti infausti di una scelta gestionale, purchè questa sia stata posta in essere secondo criteri di ragionevolezza, previa assunzione di ogni elemento conoscitivo utile alla stessa, da valutarsi ex ante, ossia sulla base delle circostanze note al momento delle condotte in esame.

16 Dicembre 2022

Criteri per l’individuazione dell’amministratore di fatto

Ai sensi dell’art. 2639 c.c., è amministratore di fatto “chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione”.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza prevalente, la corretta individuazione della figura dell’amministratore di fatto richiede l’accertamento dell’avvenuto inserimento nella gestione dell’impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società, che si verifica quando le funzioni gestorie (svolte in via di fatto) non si siano esaurite nel compimento di atti di natura eterogenea e occasionale, essendo la sistematicità sintomatica dell’assunzione di quelle funzioni.

Peraltro, la significatività e continuità non comportano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di gestione. In relazione a questi criteri, lo svolgimento di funzioni tipiche dell’amministratore di fatto non presuppone uno svuotamento o undepotenziamento costante e non solo occasionale del ruolo dell’amministratore di diritto, poiché tale svuotamento può assumere valenza indiziaria, ma non costituisce un requisito necessario per il riconoscimento della figura, ben potendo l’amministrazione essere affidata a più persone, con coesistenza di amministratori di diritto e di fatto; in altri termini, l’esercizio continuativo e significativo dei poteri tipici dell’amministratore dev’essere accertato, in positivo, per l’amministratore di fatto e non, in negativo, rispetto all’amministratore di diritto, fatta salva la rilevanza probatoria anche dei comportamenti di quest’ultimo.

Le norme di legge che disciplinano l’attività degli amministratori di una società di capitali sono applicabili non soltanto alle persone fisiche immesse, nelle forme stabilite dalla legge, mediante atto negoziale di preposizione gestoria nelle funzioni di amministrazione, ma anche a coloro che si siano di fatto ingeriti nella gestione della società in assenza di una qualsivoglia investitura da parte dell’assemblea. Pertanto, i responsabili delle violazioni di dette norme vanno individuati non sulla base della loro qualificazione formale, bensì con riguardo al contenuto delle funzioni concretamente esercitate; con l’ulteriore, necessaria precisazione che l’individuazione della figura del cosiddetto “amministratore di fatto” presuppone che la persona abbia in concreto svolto attività di gestione (e non anche meramente esecutive) della società e che tale attività abbia carattere sistematico e non si esaurisca nel compimento di taluni atti di natura eterogenea ed occasionale.

Al fine di far emergere il soggetto che effettivamente esercita le funzioni gestorie e di individuare, quindi, l’amministratore di fatto è possibile far riferimento a elementi quali l’assenza di una efficace investitura assembleare, l’attività esercitata (non occasionalmente ma) continuativamente, le funzioni riservate alla competenza degli amministratori di diritto, l’autonomia decisionale (non necessariamente surrogatoria, ma almeno cooperativa non subordinata) rispetto agli amministratori di diritto.

12 Dicembre 2022

Responsabilità dell’amministratore di s.r.l. e dell’amministratore di fatto

Ai sensi dell’art. 2476 c.c., gli amministratori rispondono verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge e dall’atto costitutivo, ovvero per non aver osservato, nell’adempimento di tali doveri, la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.

Nonostante i doveri degli amministratori non trovino una enumerazione precisa e ordinata nella legge, essi possono condensarsi nel più generale obbligo di conservazione dell’integrità del patrimonio, che impone loro sia di astenersi dal compiere qualsiasi operazione che possa rivelarsi svantaggiosa per la società e lesiva degli interessi dei soci e dei creditori, in quanto rivolta a vantaggio di terzi o di qualcuno dei creditori a scapito di altri, in violazione del principio della par condicio creditorum, sia di contrastare qualsiasi attività che si riveli dannosa per la società, così da adeguare la gestione sociale ai canoni della corretta amministrazione.

L’individuazione della figura del c.d. amministratore di fatto presuppone che la persona abbia in concreto svolto attività di gestione (e non meramente esecutive) della società e che tale attività abbia carattere sistematico e non si esaurisca nel compimento di taluni atti di natura eterogenea ed occasionale. La corretta individuazione della figura richiede l’accertamento dell’avvenuto inserimento nella gestione dell’impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società, che si verifica quando le funzioni gestorie, svolte appunto in via di fatto, non si siano esaurite nel compimento di atti di natura eterogenea e occasionale, essendo la sistematicità sintomatica dell’assunzione di quelle funzioni; l’influenza dell’amministratore di fatto si deve tradurre, per essere rilevante, nell’ingerenza concreta nella gestione sociale che abbia il carattere della sistematicità.

20 Ottobre 2021

Rapporti tra procura e mandato. Presupposti e prova della qualità di amministratore di fatto. Indebito oggettivo e rilevanza degli stati soggettivi

Il rilascio di procura speciale irrevocabile non è di per sé idoneo ad integrare la stipula di un contratto di mandato, risolvendosi (i) la prima in un atto unilaterale avente ad oggetto il conferimento ad un terzo del potere di compiere un atto giuridico in nome e per conto di un altro soggetto e (ii) il secondo in un contratto in forza del quale una parte assume l’obbligo di compiere uno o più atti giuridici nell’interesse dell’altra [nel caso di specie, in favore dell’attore era stata rilasciata procura a vendere una quota di s.r.l. (anche a se stesso, con espressa autorizzazione del rappresentato ex art. 1395 c.c.): avendo successivamente il rappresentato trasferito detta quota in favore di un terzo, l’attore aveva domandato la risoluzione per inadempimento del contratto di mandato e il risarcimento del danno, entrambe rigettate dal Collegio sul rilievo dell’insussistenza del mandato].

Il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario ex art. 1723, co. 2 c.c. (c.d. mandato in rem propriam), ancorchè revocabile solo per giusta causa, non priva il mandante del potere di disporre dei propri diritti sul bene oggetto del mandato né lo esonera dai correlativi obblighi.

Il conferimento di una procura speciale a vendere un bene, ancorché in favore dello stesso rappresentante, non è idoneo a far sorgere in capo al rappresentato alcuna obbligazione di vendere il bene, essendo piuttosto rimessa al rappresentante la facoltà di avvalersi del potere all’uopo conferitogli con la procura.

La circostanza che una parte del prezzo oggetto di un contratto di compravendita di una quota venga corrisposta dall’acquirente direttamente in favore della società, piuttosto che del socio venditore, non fa venir meno la giustificazione causale del pagamento, allorquando risulti plausibile che il venditore intendesse destinare una parte del prezzo alla società, per far fronte alla crisi di liquidità in cui quest’ultima versava.

La qualifica di amministratore di fatto implica l’esercizio continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla funzione di amministrazione: il soggetto deve aver esercitato, in modo non episodico o occasionale, ma continuativo e sistematico, un’attività di gestione (non meramente esecutiva) della società, attraverso precise condotte aventi rilevanza esterna e tali da ingenerare nei terzi il convincimento che egli sia il gestore della società.

La prova della posizione di amministratore di fatto implica l’accertamento di una serie di indici sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società ovvero in un qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare.

Ai fini della ripetizione dell’indebito oggettivo, non è necessario che il solvens versi in errore circa l’esistenza dell’obbligazione, posto che – diversamente dall’indebito soggettivo ex latere debitoris, in cui l’errore scusabile è previsto dalla legge come condizione della ripetibilità del pagamento, ricorrendo l’esigenza di tutelare l’affidamento dell’accipiens, che riceve ciò che gli spetta, sia pure da un soggetto diverso dal vero debitore – nell’ipotesi di cui all’art. 2033 c.c. non vi è affidamento da tutelare, in quanto l’accipiens non ha alcun diritto di conseguire, né dal solvens né da altri, la prestazione ricevuta, rilevando il suo stato di buona o mala fede al solo fine della decorrenza degli interessi.

Gli interessi contemplati dall’art. 2033 c.c. hanno funzione compensativa e, costituendo oggetto di un’obbligazione autonoma (ancorché accessoria rispetto all’obbligazione restitutoria principale), in forza del principio della domanda devono essere puntualmente richiesti da chi abbia effettuato il pagamento indebito, non potendo altrimenti esserne pronunciata la corresponsione.

Presupposti per l’accertamento della qualifica di amministratore di fatto di S.r.l. e responsabilità gestoria

La qualifica di amministratore di fatto postula, a norma dell’art. 2639 cod. civ., l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione gestoria, e la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive.

È assoggettabile all’azione di responsabilità, ai sensi degli art. 146 L.F., anche l’amministratore di fatto, identificabile in colui che abbia effettivamente gestito la società in assenza di una nomina in forma legale oppure quando l’investitura sia ricollegabile al contegno dei soci, in modo da determinare l’inserimento di tale organo amministrativo nella funzione, con conseguente assunzione degli obblighi connessi all’ufficio assunto.

 

In tema di responsabilità degli amministratori di fatto di S.r.l.

La nozione di amministratore di fatto (prevista, per gli illeciti penali, dall’art. 2639 c.c.), postula l’esercizio in concreto ed in modo continuativo delle attività di gestione inerenti alla qualifica: tali attività non comportano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono un esercizio a carattere sistematico che non si esaurisca nel compimento di taluni atti di natura eterogenea ed occasionale.

 

9 Settembre 2014

Amministratore di fatto di società di capitali e liquidazione del danno arrecato al patrimonio sociale

Le norme di legge che disciplinano l’attività degli amministratori di una società di capitali, dettate al fine di consentire un corretto svolgimento dell’amministrazione dell’ente, sono applicabili non soltanto alle persone fisiche immesse, nelle forme stabilite dalla legge, mediante atto negoziale di preposizione gestoria nelle funzioni di amministrazione, ma anche a coloro che si siano, di fatto ingeriti nella gestione della società in assenza di una qualsivoglia investitura da parte dell’assemblea, sia pure irregolare o implicita; con la conseguenza che [ LEGGI TUTTO ]