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Daniela Russo

Daniela Russo

Avvocato del Foro di Milano

Laurea in giurisprudenza a pieni voti presso l'Università degli Studi di Parma e abilitazione all'esercizio della professione forense presso la Corte d'Appello di Milano. Tirocinio formativo presso la Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Milano. Master in diritto societario presso la Scuola di Formazione IPSOA e partecipazione al Corso di perfezionamento in diritto societario presso l'Università degli Studi di Milano. Si occupa prevalentemente di diritto commerciale e societario.

18 Settembre 2023

Installazione di copie abusive di un software di titolarità di una società inglese

Il giudice italiano può accordare tutela ad una società straniera titolare di diritti di proprietà intellettuale su un software di uso industriale in virtù dell'art. 54 l. 218/1995, che stabilisce che i diritti su beni immateriali sono regolati dalla legge dello Stato di utilizzazione, e dell'art. 186 l.d.a., che fa rimando alle Convenzioni internazionali; nella specie, venendo in considerazione la Convenzione di Berna, secondo cui ciascuno Stato aderente riconosce sul proprio territorio la tutela del diritto d'autore secondo la legge nazionale agli autori di altri Paesi aderenti.     [ Continua ]
23 Aprile 2023

Responsabilità della società per illecita utilizzazione di opere musicali da parte del dipendente e prescrizione del diritto al risarcimento del danno

Le violazioni delle prescrizioni in tema di diritto d'autore si configurano come illeciti extracontrattuali, ai quali è applicabile la disciplina in tema di responsabilità dei padroni e committenti di cui all'art. 2049 c.c.: in forza di tale disposizione, la presunzione di responsabilità a carico del datore di lavoro presuppone, da un lato, l'esistenza di un rapporto di lavoro o di commissione, dall'altro un collegamento tra il fatto dannoso del dipendente e le mansioni svolte, al quale fine non si richiede un vero e proprio nesso di causalità, essendo sufficiente un rapporto di occasionalità necessaria, nel senso che l'incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione che ha agevolato o reso possibile il fatto dannoso, anche se il dipendente ha operato oltre i limiti delle proprie incombenze e all'insaputa del datore di lavoro, ma pur sempre per finalità coerenti con quelle in vista delle quali le mansioni gli furono assegnate, e comunque non per finalità proprie. Il diritto al risarcimento del danno non può ritenersi prescritto, in forza del decorso del termine quinquennale di prescrizione tra la data di prima pubblicazione del video (2011) e la data della diffida (2018). Infatti, mentre in caso di illecito istantaneo, che si esaurisce in un lasso definito di tempo, la prescrizione incomincia a decorrere con la prima manifestazione del danno, nel caso di illecito permanente, caratterizzato dalla protrazione nel tempo della verificazione dell'evento, la prescrizione ricomincia a decorrere ogni giorno successivo a quello il cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della condotta dannosa. [ Continua ]
24 Settembre 2023

Simulazione parziale di un contratto di cessione aziendale nella parte relativa al prezzo

Il contratto definitivo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni delle parti inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione del preliminare, determinando quest'ultimo soltanto l'obbligo reciproco della stipulazione del definitivo. Ne discende che qualora i contraenti, nella propria autonomia negoziale e nell'ambito delle facoltà agli stessi facenti capo, decidano di prevedere nel definitivo una disciplina non conforme a quella del preliminare, quest'ultimo resta superato, a meno che tali contraenti non ne abbiano espressamente previsto la relativa sopravvivenza, in tutto o in parte, o che il contraente interessato fornisca elementi probatori idonei a vincere la presunzione di conformità dell'assetto negoziale risultante dal definitivo alla volontà dei contraenti.[Nella specie si chiedeva di accertare la simulazione parziale di un contratto di cessione di azienda nella parte relativa al prezzo, allegando come controdichiarazione, contenente la reale volontà delle parti, un accordo antecedente qualificabile come "contratto preliminare"] [ Continua ]
26 Giugno 2022

Nullità del marchio successivo simile al segno anteriore riproducente l’immagine di un avo e assenza di concorrenza sleale. Carenza di legittimazione attiva

La legittimazione attiva per la tutela del marchio registrato ex art. 20 c.p.i. spetta esclusivamente al titolare del marchio, apparendo irrilevante sul piano del diritto - se non in alcun modo provata - l'autodefinizione in termini di "ex titolare di fatto del marchio" o anche di "autore morale dell'immagine riportata nel marchio". La circostanza che l'insegna, e più in generale l'immagine in essa riprodotta, raffiguri un avo di un soggetto non esclude la possibilità che quella immagine possa essere inserita nei segni distintivi aziendali e quindi possa essere legittimamente utilizzata da altri soggetti, acquirenti dei predetti segni. E' principio noto e consolidato, in coerenza con la funzione intrinseca del segno, che l'apprezzamento sulla confondibilità fra i segni distintivi similari dev'essere compiuto dal giudice non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata valutazione di ogni singolo elemento, ma in via generale e sintetica, vale a dire con riguardo all'insieme degli elementi salienti, grafici, visivi e fonetici dei marchi interessati, e tenuto conto di tutti i fattori pertinenti, e quindi della notorietà del marchio e del grado di somiglianza tra i prodotti, nonché della normale avvedutezza dei consumatori cui i prodotti o servizi sono destinati. L'uso del patronimico consentito nella ditta, in quanto giustificato per il principio di verità, deve avvenire nell'osservanza dei principi di correttezza professionale, e quindi non in funzione di marchio, e non in contrasto con la disciplina delle privative. [ Continua ]
25 Novembre 2021

Poteri del CTU di acquisizione della documentazione in materia di antitrust ed efficacia dei provvedimenti dell’AGCM nella successiva controversia civile

Com'è noto l'ausiliare del giudice, nello svolgimento delle proprie attività, non può - nemmeno in presenza di ordine del giudice o di acquiescenza delle parti - indagare di ufficio su fatti mai ritualmente allegati dalle parti, né acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi delle domande o delle eccezioni proposte e nemmeno procurarsi, dalle parti o da terzi, documenti che forniscano tale prova. Tuttavia a tale regola è possibile derogare quando la prova del fatto costitutivo della domanda o dell'eccezione non possa essere oggettivamente fornita dalle parti con i mezzi di prova tradizionali, postulando il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche, oppure per la prova di fatti tecnici accessori o secondari e di elementi di riscontro della veridicità delle prove già prodotte dalle parti. La violazione dei principi in tema di antitrust rispetto all'ipotesi di abuso di posizione dominante attribuita a carico dei gestori aeroportuali richiama l'onere per il giudice di valorizzare in modo opportuno gli strumenti di indagine e conoscenza che le norme processuali già prevedono, anche interpretando estensivamente le condizioni stabilite dal codice di procedura civile in tema di esibizione di documenti, richiesta di informazioni e consulenza tecnica d'ufficio, al fine di esercitare, anche ufficiosamente, quei poteri d'indagine, acquisizione e valutazione di dati e informazioni utili per ricostruire la fattispecie anticoncorrenziale denunciata. In ambito comunitario si è evidenziato come le azioni per il risarcimento del danno causato da violazioni del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale richiedano di norma una complessa analisi fattuale ed economica in un contesto in cui gli elementi di prova necessari per comprovare la fondatezza di una domanda di risarcimento del danno sono spesso detenuti esclusivamente dalla controparte o da terzi e non sono sufficientemente noti o accessibili all'attore. In tale contesto l'esistenza di rigide disposizioni giuridiche che prevedano che gli attori debbano precisare dettagliatamente tutti i fatti relativi al proprio caso all'inizio di un'azione e presentare elementi di prova esattamente specificati possono impedire in maniera indebita l'esercizio efficace del diritto al risarcimento garantito dal TFUE (così il considerando 14 della Dir. 2014/104/UE) La giurisprudenza di legittimità circa l'ambito di efficacia del provvedimento sanzionatorio emesso dall'AGCM nella controversia civile successiva alla sanzione del comportamento dedotto in causa ha costantemente affermato che la delibera assunta dall'AGCM nonché le decisioni dei giudici amministrativi che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni, costituiscono, in relazione all'autorevolezza dell'organo da cui promanano ed agli strumenti e modalità di indagine poste in essere dalla medesima Autorità, una prova particolarmente qualificata ("prova privilegiata"). Va comunque precisato che tale efficacia probatoria deve intendersi limitata all'accertamento della posizione rivestita sul mercato dalla società indagata, alla qualifica di tale posizione come dominante, alla sussistenza del comportamento accertato e alla sua qualificazione come abuso della posizione dominante, senza dunque estendersi altresì anche all'accertamento di tutti gli ulteriori elementi necessari alla liquidazione del risarcimento dei danni a favore delle vittime (sussistenza dei danni, nesso di causalità, quantificazione del risarcimento, analisi delle diverse componenti del danno ecc.) [ Continua ]
24 Settembre 2023

Cessione di azienda avente ad oggetto la rivendita di generi di monopolio

Qualora la cessione di azienda abbia ad oggetto l'esercizio di attività di rivendita ordinaria di generi di monopolio, per ovviare alle conseguenze dell'impossibilità di traferire la licenza per i generi di monopolio contestualmente al trasferimento di proprietà dell'attività, le parti, in conformità alla prassi del settore, sono solite raggiungere un accordo che vede il cedente aprire un conto corrente a proprio nome, con delega al cessionario e ad un dipendente di costui ad operare su tale conto. In tal modo il cessionario potrebbe prelevare direttamente gli incassi delle vendite del monopolio accreditati sul conto corrente dell'intestatario della licenza, essendo, poi tenuto, analogamente, a sostenere i relativi costi. [Nel caso di specie, l'attore cedente, che chiedeva il rimborso delle imposte relative all'azienda ceduta nel periodo occorso per la voltura delle licenze amministrative, pur essendo gravato dall'onere probatorio, non aveva dimostrato e neppure allegato i dettagli di un siffatto accordo, limitandosi a richiamare la clausola relativa agli effetti della cessione sui redditi e sui costi dell'azienda, senza alcuna indicazione riguardo ad un'eventuale accordo tra i contraenti in merito alla questione della licenza che tenesse conto della particolarità della normativa di settore.] [ Continua ]
9 Aprile 2022

Procedimento europeo per controversie transfrontaliere di modesta entità in materia di violazione del diritto d’autore su riproduzioni fotografiche

Il riconoscimento artistico di un’opera fotografica è giustificato non tanto dall’elevata capacità professionale del fotografo o dall’alta qualità tecnica di realizzazione, quanto dalla possibilità di ravvisare nella fotografia in questione quegli aspetti di originalità e creatività che risultano indispensabili per riconoscere la protezione ex art. 2 l. autore, proprio perché trascendono la buona tecnica fotografica, trasmettono emozioni che vanno oltre i soggetti o gli oggetti ritratti e, in definitiva, esprimono in modo assolutamente caratteristico ed individualizzato la personalità dell’autore. A conferma del giudizio del carattere creativo, viene infatti richiesto, ad esempio, il consolidato e perdurante successo del prodotto presso la collettività e i suoi ambienti culturali, il riconoscimento tramite premi, l’esposizione in musei o mostre, la rappresentazione nell’immagine riprodotta di vicende che la trascendono, così da acquistare un particolare valore simbolico. La realizzazione della fotografia è di per sé sufficiente a far sorgere i diritti esclusivi in capo al fotografo, ma non è tuttavia sufficiente a rendere tali diritti opponibili ai terzi. A tal fine, essa dev’essere munita dei requisiti previsti dall’art. 90 l. autore, che sono il nome del fotografo, la data dell’anno di produzione della fotografia, il nome dell’autore dell’opera d’arte fotografata. Inoltre, ai sensi del comma 2 del suddetto articolo, è previsto che qualora gli esemplari non riportino tali indicazioni, la riproduzione non è considerata abusiva a meno che il fotografo non provi la malafede del riproduttore. Spetta all’attore dimostrare la sussistenza di tali requisiti posti dall’art. 90, comma 1, l. autore. La disciplina dell’art. 90 l. autore rinviene la sua ratio nell’esigenza di rendere immediatamente noto a chi intende riprodurre una fotografia il nome di colui al quale dev’essere richiesto il consenso per la riproduzione nonché la durata della prerogativa. Il diritto del fotografo a veder apposto il proprio nominativo sulle riproduzioni delle foto semplici, non può che essere in ogni caso subordinato (al pari di ogni altro diritto connesso) all’evidenza che tale nominativo risulti apposto – dall’autore stesso – sulla fotografia in questione e in modo tale da rappresentare un elemento integrato alla foto stessa, così da circolare contestualmente. [ Continua ]

Importazione parallela e commercializzazione di dispositivi medici previo riconfezionamento senza l’autorizzazione del titolare

Secondo la giurisprudenza comunitaria, il titolare del marchio può opporsi all'ulteriore commercializzazione dei prodotti, contraddistinti dal suo marchio, dopo la prima immissione in commercio, previo riconfezionamento degli stessi, quando non sussista un'esigenza, meritevole di tutela, di procedere a tale riconfezionamento. [Nel caso di specie, la circostanza che alcuni esemplari dei prodotti contestati, cioè dei prodotti acquistati all'estero, riconfezionati e importati in Italia, siano stati commercializzati al dettaglio in Milano, pur in assenza di un rapporto diretto tra il rivenditore al dettaglio e le società importatrici e distributrici, consente di attribuire la competenza all'Autorità Giudiziaria di Milano anche nei confronti delle società importatrici e distributrici, non essendovi dubbio che anche la mera commercializzazione del prodotto, in asserita violazione dei diritti sul marchio registrato, costituisca un segmento della condotta lesiva del diritto del titolare del marchio di cui alla norma sopra citata.]   [ Continua ]