23 Gennaio 2017

Divieto di reformatio in peius in materia brevettuale e tutela del segreto commerciale

Quando una decisione dell’EPO relativa ad un brevetto europeo oggetto di una causa in Italia sia stata impugnata solo da una parte, la decisione di appello non potrebbe modificare in senso peggiorativo per la stessa la decisione assunta in primo grado, secondo il principio del divieto di reformatio in peius proprio della giurisprudenza dell’EPO, sicchè il brevetto deve ritenersi definitivamente concesso dalla prima decisione, anche in versione modificata e non sussiste quindi il presupposto legale della sospensione necessaria che l’art. 120 c.p.i. prevede solo allorquando il brevetto non sia stato concesso né, d’altronde, una sospensione appare anche solo ‘opportuna’. Invero nella fase successiva alla concessione, a fronte dell’opposizione, il potere discrezionale di sospensione deve essere esercitato in base ad una valutazione sommaria degli elementi posti a base dell’opposizione, tenendo conto della possibilità che il procedimento di impugnazione pendente avanti l’autorità amministrativa possa ragionevolmente concludersi con un provvedimento rilevante ai fini della decisione (ossia revoca o modifica della privativa azionata).

La divulgazione perché possa far perdere all’invenzione industriale il requisito della novità deve consistere in una comunicazione o diffusione che porti il trovato a conoscenza di un numero indeterminato di persone, le quali siano in grado di apprenderne gli elementi essenziali e caratteristici in modo da poterlo riprodurre attuando così l’invenzione. Costituisce divulgazione idonea a provocare la nullità del brevetto per difetto di novità la vendita anche di un solo oggetto incorporante l’invenzione e la sua messa a disposizione dell’acquirente e, soprattutto, dell’installatore che, se anche non possedeva personalmente conoscenze tecniche idonee a riprodurle, era in grado di valutarne l’operatività e ben avrebbe potuto comunicarla a un terzo in grado di apprenderne gli elementi essenziali, non essendo questi vincolato al segreto né contrattualmente né presuntivamente. Infatti, il difetto di novità è provocato dalla mera possibilità astratta della accessibilità al pubblico della conoscenza.

Secondo il criterio del Problem and Solution approach, sviluppato dall’Ufficio Brevetti Europeo, l’analisi della presenza del requisito di attività inventiva deve essere compiuta attraverso i seguenti passi:
1. determinare la “tecnica anteriore più vicina” (closest prior art), che consiste nell’individuare quella anteriorità, ovvero quella forma di realizzazione divulgata anteriormente alla data di priorità della privativa in esame, che costituisce il punto di partenza più promettente per giungere alla soluzione rivendicata della privativa in esame e che normalmente ha il maggior numero di caratteristiche in comune con la soluzione oggetto di rivendicazione, o che permette il minimo numero di modifiche per giungere alla soluzione rivendicata;
2. determinare il “problema tecnico oggettivo” (objective techincal problem) risolto dalla o dalle caratteristiche della soluzione rivendicata che non sono descritte o suggerite dalla “tecnica anteriore più vicina” (cosiddette “caratteristiche distintive”);
3. individuare le competenze e le abilità dell’esperto del ramo;
4. considerare se l’esperto del ramo, partendo dalla “tecnica anteriore più vicina” avrebbe risolto in modo ovvio il problema tecnico oggettivo, e, quindi, sarebbe giunto banalmente alla soluzione rivendicata in esame, anche combinando tra loro gli insegnamenti della tecnica anteriore più vicina con un’altra diversa anteriorità o con gli insegnamenti generali del settore tecnico della soluzione rivendicata in esame.

Non sono tutelabili informazioni che non siano sotto il controllo del titolare, ma nella disponibilità di un terzo a cui sia stato venduto un prodotto che incorpori le informazioni riservate senza alcun vincolo o impegno a mantenere la riservatezza sullo stesso e/o su specifici aspetti del suo modo di funzionamento. L’art. 99 cpi, come modificato dal d.lgs. 2010, n. 131, riconosce al legittimo detentore il diritto di vietare l’acquisizione, la rivelazione e la utilizzazione abusiva di informazioni riservate protette, giacchè non agisca il legittimo detentore né sussista alcun elemento che induca a ritenere che chi agisca sia “detentore” di segreti o informazioni protette.

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Maria Luigia Franceschelli

Maria Luigia Franceschelli

Associate

Dottorato di Ricerca in Proprietà Industriale, Università degli Studi di Milano Avvocato presso Hogan Lovells Studio Legale, IP team(continua)

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