24 Ottobre 2013

Marchio di rinomanza e giudizio di confondibilità

Il marchio rinomato si identifica con il marchio conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato dai prodotti e servizi da esso contraddistinti, circostanza quest’ultima che deve essere desunta tenendo conto di alcuni fattori quali, ad esempio la quota di mercato coperto dal marchio, l’intensità, l’ambito geografico, durata dell’uso e l’entità degli investimenti realizzati per promuoverlo. La nozione di rinomanza non ha ad oggetto i soli marchi celebri ma anche tutti i marchi noti, quand’anche in ambiti limitati territorialmente o specialistici, dovendo correttamente bilanciarsi l’ampiezza insita nell’abbassamento del carattere selettivo della notorietà con il rigore nella valutazione dei suoi elementi costitutivi: la notorietà che connota la rinomanza del marchio rilevante ai fini della tutela prevista dall’art. 20.1 lett. c) c.p.i. deve pertanto essere correttamente riferita alla conoscenza di una parte significativa del pubblico interessato. La caratteristica della tutela prevista dall’art. 20.1 lett. c) c.p.i. risiede nella latitudine della sua estensione in quanto non mira a prevenire un comune rischio di confusione sull’origine dei prodotti, operando anche in assenza di una affinità tra prodotti e servizi in tutte le ipotesi in cui si configurino situazione di agganciamento parassitario al marchio che gode di rinomanza per il conseguimento di un indebito vantaggio ma mira ad assicurare adeguata protezione al marchio non tanto per la funzione distintiva quanto per la funzione attrattivo-pubblicitaria. L’interpretazione del rischio di confusione impone di verificare il requisito della confondibilità in concreto, avendo come riferimento il modo ed il contesto in cui i marchi sono usati, così che il rischio di confusione nella mente del pubblico deve essere oggetto di una valutazione globale che tenga conto di tutti gli elementi del caso concreto, quali la notorietà del marchio d’impresa sul mercato, l’associazione che debba essere fatta del marchio d’impresa ed il segno usato e registrato, il grado di somiglianza tra il marchio d’impresa e il segno e tra i prodotti e i servizi registrati. L’apprezzamento delle potenzialità confusorie di un prodotto deve essere compiuto dal giudice facendo riferimento all’insieme degli elementi salienti grafici e visivi mediante una valutazione di impressione, con riferimento alla normale diligenza ed avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti.

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Andrea Andolina

Andrea Andolina

Editor

Associate Lawyer presso Clifford Chance, Milano. Collaboro dal 2014 con Giurisprudenza delle Imprese, per cui ho curato la Rassegna di Diritto Industriale realizzata nel 2017. Ho conseguito il Master (LLM) in...(continua)

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