1 Aprile 2015

Presupposti essenziali per la concessione di sequestro conservativo

La misura cautelare del sequestro conservativo può essere concessa ove ricorrano due presupposti: da una parte, che la garanzia del credito tutelato si sia assottigliata oppure sia in procinto di assottigliarsi quali-quantitativamente rispetto al momento in cui il credito è sorto, a causa di condotte dispositive del debitore o dell’aggressione che dei suoi beni abbiano fatto o stiano per fare altri creditori; dall’altra, che il timore di perdere la garanzia del proprio credito si basi su elementi oggettivi – rappresentati dalla capacità patrimoniale del debitore in relazione all’entità del credito – oppure soggettivi – rappresentati dal comportamento del debitore che lasci fondatamente temere atti di depauperamento del patrimonio -, non essendo comunque sufficiente a tal fine un mero giudizio di incapienza in sé del patrimonio del debitore né il mero sospetto circa la sua intenzione di sottrarre alla garanzia tutti o alcuni dei suoi beni.

Ove si chieda la disposizione di sequestro conservativo, il ricorrente deve dimostrare che la garanzia del proprio credito si sia ridotta quantomeno a livello presuntivo, concetto che di per sè non può ridursi alla mera oggettiva sproporzione tra il credito e il patrimonio del debitore già ab origine esistente, senza che sussistano ragioni specifiche per temere condotte di sottrazione o dispersione patrimoniale.

La presunzione di verosimile dispersione, anche non già in atto, di poste attive del patrimonio dell’ex amministratore debitore allo scopo di evitarne l’aggressione ad opera dei creditori (società e creditori sociali) può trarsi anche dal comportamento  tenuto dal medesimo nella gestione della società da lui amministrata, ove con tale condotta l’amministratore abbia inteso sottrarre sistematicamente sé e la società all’assolvimento delle proprie obbligazioni sia commerciali che fiscali, finanche ponendo in essere comportamenti penalmente rilevanti.

La valutazione di aspetti soggettivi connessi a condotte del convenuto, anche altre e diverse rispetto a quelle di causa, ben può costituire elemento da cui dedursi l’assenza o l’infondatezza del “timore” nutrito dal ricorrente.

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Giorgio Grossi

Giorgio Grossi

Amministratore

Avvocato, già tirocinante ex art. 73 d.l. n. 69/2013 presso la Sezione Specializzata in materia d'Impresa del Tribunale di Milano. Cultore della materia presso la cattedra di Diritto Commerciale dell'Università...(continua)

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