hai cercato per tag: arbitrato-irrituale - 30 risultati
16 Ottobre 2023

Distinzione tra arbitrato rituale e irrituale. Il provvedimento di correzione dell’errore materiale

La distinzione tra lodo rituale e irrituale si sostanzia nel diverso regime processuale dei due lodi, ferma restando per entrambi la comune natura ed efficacia sostanziale di tipo negoziale: ossia nell’attribuzione al lodo rituale degli effetti processuali propri della sentenza e nell’esclusione per il lodo irrituale della possibilità di conseguire effetti esecutivi ai sensi dell’art. 825 c.p.c. e della impugnabilità innanzi alla corte d’appello in unico grado, per nullità, revocazione ed opposizione di terzo, con un regime impugnatorio incompatibile con quello risultante dagli artt. 827 ss. c.p.c.

Il provvedimento di correzione di errore materiale, avendo natura ordinatoria, non è suscettibile di gravame per violazione del contraddittorio, in quanto non realizza una statuizione sostitutiva di quella corretta e non ha, quindi, rispetto ad essa, alcuna autonoma rilevanza, ripetendo invece da essa medesima la sua validità, così da non esprimere un suo proprio contenuto precettino rispetto al regolamento degli interessi in contestazione. Il procedimento di correzione della sentenza non rappresenta una nuova fase processuale, ma mero incidente dello stesso giudizio, diretto solo ad adeguare l’espressione grafica all’effettiva volontà del giudice, già espressa in sentenza.

Il debitore ceduto può opporre al cessionario solo le eccezioni opponibili al cedente. Tali eccezioni sono sia quelle dirette contro la validità dell’originario rapporto (nullità – annullabilità), sia quelle dirette a far valere l’estinzione del credito (pagamento – prescrizione). Al contrario, non può il debitore ceduto opporre al cessionario le eccezioni che attengono al rapporto di cessione, perché il debitore è rimasto ad essa estraneo e tale rapporto non incide in alcun modo sull’obbligo di adempiere.

13 Settembre 2023

Arbitrato irrituale: compromettibilità delle controversie societarie e motivi di impugnazione

Le disposizioni relative all’impugnazione delle determinazioni di una società non annoverano mai tra i soggetti legittimati all’impugnazione la società da cui tale deliberazione promana, ma attribuiscono la legittimazione ai soci assenti o dissenzienti in assemblea e/o agli amministratori o sindaci e/o a terzi interessati, mentre la società è legittimata passiva nel giudizio di impugnazione, proprio perché da essa promana la manifestazione di volontà che è oggetto dell’impugnazione, e sarebbe quindi inammissibile attribuirle la legittimazione ad insorgere giudizialmente contro la sua stessa volontà. La società attrice è, dunque, carente di legittimazione in ordine alla domanda che miri alla nullità di clausole del proprio stesso statuto, che la maggioranza dei soci, ove ritenga, può autonomamente modificare.

Il giudice è tenuto in ogni caso a esaminare e interpretare quale sia stata la volontà dei compromettenti circa la qualificazione giuridica della clausola compromissoria, valutando complessivamente il patto compromissorio stesso e applicando le regole di ermeneutica dettate dagli artt. 1362 ss. c.c., al fine di accertarne la natura e la validità. La clausola di arbitrato irrituale consiste in una normale clausola negoziale, con la quale le parti hanno inteso non già derogare alla giurisdizione, ma conferire un mandato negoziale ad un terzo incaricato di comporre una lite, sostituendosi alla volontà dei contraenti, mediante composizione amichevole, conciliativa o transattiva, o mediante negozio giuridico di mero accertamento.

Con l’introduzione dell’art. 808 ter c.p.c., il legislatore ha inteso formalizzare i possibili motivi di impugnazione del lodo irrituale, cristallizzandoli in un elenco tassativo. Nell’arbitrato irrituale – attesa la sua natura volta a integrare una manifestazione di volontà negoziale sostitutiva di quella delle parti in conflitto – il lodo è impugnabile soltanto per i vizi che possono vulnerare una simile manifestazione di volontà, con conseguente esclusione dell’impugnazione per nullità prevista dall’art. 828 c.p.c.; pertanto, l’errore del giudizio arbitrale deducibile in sede di impugnazione deve, per essere rilevante, integrare gli estremi della essenzialità e riconoscibilità di cui agli artt. 1429 e 1431 c.c., mentre non rileva l’errore commesso dagli arbitri con riferimento alla determinazione adottata in base al convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti. Il lodo arbitrale irrituale può dunque essere impugnato solo in presenza dei presupposti che consentono l’annullamento del contratto.

L’art. 36 del d.lgs. n. 5/2003 non vieta in via generale la compromettibilità in arbitrato irrituale delle controversie in materia societaria, né la loro decisione secondo equità da parte degli arbitri, ma pone un limite alla decisione equitativa nel caso in cui gli arbitri abbiano conosciuto questioni non compromettibili in arbitrato e quelle afferenti alla validità delle delibere assembleari. Le controversie in materia societaria possono, in linea generale, formare oggetto di compromesso, con esclusione di quelle che hanno ad oggetto interessi della società che concernono la violazione di norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi. A tal fine, peraltro, l’area della indisponibilità deve ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento svincolata da qualsivoglia iniziativa di parte, quali: le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio; l’azione di revoca per giusta causa di un amministratore di società in accomandita semplice ex art. 2259 c.c., in relazione agli artt. 2315 e 2293 c.c.; le controversie relative all’impugnazione di deliberazioni assembleari di società aventi oggetto illecito o impossibile, le quali danno luogo a nullità rilevabili anche d’ufficio dal giudice.

12 Luglio 2023

Principi in tema di arbitrato irrituale

In base al disposto dell’art. 808 ter, comma 1, c.p.c. deve ritenersi che la convenzione di arbitrato irrituale si connota come un contratto che determina la nascita in capo alle parti contraenti di una situazione complessa, di carattere strumentale, finalizzata alla tutela dei diritti, mediante il quale si pone in essere un mandato, senza necessità di rappresentanza, conferito congiuntamente da una pluralità di parti a uno o più arbitri e preordinato alla stipula di un accordo contrattuale.

L’arbitrato irrituale può anche estendersi dal limite della mera cristallizzazione di una situazione già in essere proprio di un negozio di accertamento, fino a comportare anche addizioni ed integrazioni alla fattispecie giuridica compromessa. L’arbitrato irrituale può quindi configurarsi come un mandato congiunto a comporre la controversia venutasi a configurare, mediante un negozio compositivo, da porre in essere nel termine stabilito dalle parti, pena l’estinzione del mandato per sua scadenza ex art. 1722, n. 1, c.c.

Ne consegue che la scelta dell’arbitrato irrituale comporta, per espressa previsione dell’art. 808 ter, comma 1, c.p.c., una deroga all’art. 824 bis c.p.c. e, conseguentemente, al successivo art. 825 c.p.c., palesandosi con essa l’intenzione pattizia di escludere quell’efficacia di sentenza divenuta ex lege propria del dictum degli arbitri rituali, suscettibile di essere reso esecutivo e trascrivibile.

Pertanto, l’applicazione delle regole proprie del “lodo-sentenza” è, quindi, inequivocabilmente esclusa per il “lodo-contratto”, con la conseguenza che la possibilità di attuare i diritti discendenti dall’arbitrato irrituale è rimessa esclusivamente al comportamento delle parti, potendo, quindi, in caso di sua mancata attuazione, insorgere una nuova controversia sull’esecuzione della determinazione arbitrale rimasta inadempiuta.

16 Giugno 2023

Emissione di decreto ingiuntivo in presenza di una clausola compromissoria statutaria

Atteso che la disciplina del procedimento arbitrale non contempla[va] l’emissione di provvedimenti cautelari, l’esistenza di una clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, ma impone a quest’ultimo, in caso di successiva opposizione fondata sull’esistenza della detta clausola, la declaratoria di nullità del decreto opposto e la sua contestuale revoca.

Quello cui lo statuto demanda una decisione da adottare in assenza di qualunque formalità e procedura costituisce arbitrato irrituale. La deferibilità ad arbitri irrituali di una determinata controversia è da considerare non già una questione di competenza, bensì di merito perché direttamente inerente alla validità o all’efficacia o all’interpretazione del compromesso o della clausola compromissoria.

14 Aprile 2023

Arbitrato irrituale sull’invalidità della delibera discendente dalla mancata convocazione di un socio

Le controversie in materia societaria possono formare oggetto di compromesso, con esclusione di quelle che hanno ad oggetto interessi della società o che concernono la violazione di norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi. L’area della indisponibilità deve ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determini una reazione dell’ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte, quali, in via esemplificativa, le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio. Attengono a diritti indisponibili le controversie relative a delibere assembleari aventi oggetto illecito o impossibile, che danno luogo a nullità rilevabile anche d’ufficio, e quelle prese in assoluta mancanza di informazione (art. 2479 ter c.c.). Tuttavia, con specifico riferimento all’ipotesi di invalidità della delibera discendente dalla mancata convocazione di un socio, ferma la nullità della delibera, non sussiste coincidenza tra l’ambito delle nullità e l’area più ristretta della indisponibilità del diritto, dovendo in quest’ultima area essere ricomprese esclusivamente le nullità insanabili, per le quali solo, infatti, residua il regime della assoluta inderogabilità e, quindi, della assoluta indisponibilità e non compromettibilità del relativo diritto. La nullità della delibera assembleare per mancata convocazione del socio è, per contro, soggetta al regime della sanatoria della nullità previsto dall’art. 2379 bis c.c., richiamato in tema di s.r.l. dall’art. 2479 ter c.c. Infine, il diritto all’informazione del singolo socio in occasione della convocazione di assemblea è oggetto di una previsione posta a garanzia di un interesse individuale del socio stesso e non anche di soggetti terzi e, di conseguenza, da quest’ultimo disponibile e rinunciabile.

L’eccezione di arbitrato irrituale non integra questione di competenza, ma di proponibilità della causa nel merito, in quanto per il tramite di una clausola compromissoria irrituale le parti pattuiscono una preventiva rinuncia alla giurisdizione in favore di una risoluzione negoziale di eventuali future controversie. In caso di arbitrato irrituale non è applicabile l’art. 819 ter, co. 2, c.p.c. in punto translatio iudicii.

31 Marzo 2023

Sui motivi di impugnazione del lodo arbitrale irrituale

Nell’arbitrato irrituale, attesa la sua natura volta ad integrare una manifestazione di volontà negoziale sostitutiva di quella delle parti in conflitto, il lodo è impugnabile soltanto per i vizi che possono vulnerare simile manifestazione di volontà, con conseguente esclusione dell’impugnazione per nullità prevista dall’art. 828 c.p.c. Pertanto, l’errore del giudizio arbitrale, deducibile in sede di impugnazione, per essere rilevante, deve integrare gli estremi della essenzialità e riconoscibilità di cui agli artt. 1429 e 1431 c.c., mentre non rileva l’errore commesso dagli arbitri con riferimento alla determinazione adottata in base al convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti.

La violazione dei limiti del mandato conferito agli arbitri rileva ai fini della impugnazione del lodo ai sensi dell’art. 1429 c.c., cioè come errore che abbia inficiato la volontà contrattuale espressa dagli arbitri.

La parte che domanda l’annullamento del contratto per errore essenziale sulle qualità del bene ha l’onere di dedurre e provare, in caso di contestazione, i fatti dai quali tale qualità risulta, nonché l’essenzialità dell’errore e la sua riconoscibilità dalla controparte con l’uso dell’ordinaria diligenza, mentre la scusabilità dell’errore che abbia viziato la volontà del contraente al momento della conclusione del contratto è irrilevante ai fini dell’azione di annullamento, poiché deve aversi riguardo alla riconoscibilità dell’errore da parte dell’altro contraente.

21 Marzo 2023

Criteri di interpretazione della clausola compromissoria e impugnazione del lodo arbitrale

La qualificazione dell’arbitrato come rituale o irrituale deve desumersi da un complesso di elementi, quali il dato testuale, la volontà delle parti e il comportamento delle stesse, onde accertare se mediante la previsione della clausola compromissoria esse abbiano voluto ottenere la pronuncia di un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di una sentenza oppure se abbiano inteso affidare all’arbitro la soluzione di controversie solo attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla loro stessa volontà. Ai fini del discrimine tra le due figure, si è ritenuto che non possono essere ritenuti elementi decisivi per configurare l’arbitrato irrituale e per escludere quello rituale né il conferimento agli arbitri della potestà di decidere secondo equità, né la preventiva attribuzione alla pronuncia arbitrale del carattere della inappellabilità, né la previsione di esonero degli arbitri da formalità di procedura, dovendosi invece valorizzare, ai fini di una corretta lettura della volontà delle parti nel senso dell’arbitrato rituale, espressioni terminologiche congruenti con l’attività del “giudicare” e con il risultato di un “giudizio” in ordine ad una “controversia” (cfr. Cass. n. 833 del 1999; Cass. n. 10805 del 2014). Pertanto, il mancato richiamo nella clausola alle formalità dell’arbitrato rituale non depone univocamente nel senso dell’irritualità dell’arbitrato, dovendosi tenere conto delle maggiori garanzie offerte dall’arbitrato rituale quanto all’efficacia esecutiva del lodo e al regime delle impugnazioni (cfr. Cass. n. 11313 del 2018).

L’interpretazione della clausola compromissoria e del compromesso, alla stregua di ogni altra espressione della volontà delle parti, spetta esclusivamente al giudice di merito. La decisione sul punto, se basata su un’esatta applicazione delle regole di ermeneutica e correttamente motivata, non è soggetta a controllo in sede di legittimità.

Ai fini dell’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso il lodo, ciò che conta è, altresì, la natura dell’atto in concreto posto in essere dagli arbitri, più che la natura dell’arbitrato come prevista dalle parti (cfr. Cass. n. 25258 del 2013).

19 Gennaio 2023

Compenso dell’amministratore e clausola compromissoria per arbitrato irrituale

Il compenso dell’amministratore è oggetto di un diritto disponibile.

Con la clausola compromissoria per arbitrato irrituale, le parti hanno convenuto di rinunciare a sottoporre alla giurisdizione la decisione di eventuali loro controversie per rimettersi alla decisione, di natura negoziale, dell’arbitro. L’eccezione di arbitrato irrituale non integra, pertanto, questione di competenza, ma di proponibilità della causa nel merito. Per la stessa ragione, non vi è luogo a translatio iudicii.

24 Novembre 2022

Arbitrabilità dell’azione di nullità di delibera assembleare per omessa convocazione del socio

Le controversie in materia societaria possono, in linea generale, formare oggetto di compromesso, con esclusione di quelle che hanno ad oggetto interessi della società o che concernono la violazione di norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi: a tal fine,  l’area della indisponibilità deve ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte. Ad es., attengono a diritti indisponibili le controversie relative a delibere assembleari aventi oggetto illecito o impossibile, che danno luogo a nullità rilevabile anche d’ufficio, e quelle prese in assoluta mancanza di informazione. In tale ultimo ambito, tuttavia, non può esser sussunta la mancata convocazione di un socio, idonea, in tesi, a viziare la delibera, ma che, secondo la definizione data, non costituisce un diritto indisponibile, la cui area deve ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte. In particolare, deve ritenersi che la controversia riguardante la nullità delle delibere assembleari per omessa convocazione di soci sia compromettibile in arbitri attesa la non coincidenza tra l’ambito delle nullità e l’area più ristretta dell’indisponibilità del diritto, dovendosi ricomprendere in quest’ultima esclusivamente le nullità insanabili, per le sole quali residua il regime dell’assoluta inderogabilità e pertanto dell’indisponibilità e non compromettibilità ad arbitri del relativo diritto. Alla luce di tale impostazione è da ritenersi ammissibile la competenza arbitrale per le controversie aventi ad oggetto, ad es., la nullità dell’assemblea per mancata convocazione del socio, in quanto tale fattispecie è soggetta al regime della sanatoria delle nullità previsto all’art. 2379-bis, co. 1, c.c. (infatti,  il diritto all’informazione del singolo socio in occasione della convocazione di assemblea è oggetto di una previsione posta a garanzia di un interesse individuale del socio stesso e non anche di soggetti terzi e, di conseguenza, da quest’ultimo disponibile e rinunciabile). Allo stesso modo, è da ritenersi  compromettibile in arbitri una controversia avente ad oggetto la nullità dell’assemblea per aver deliberato su temi estranei all’ordine del giorno.

9 Novembre 2022

Sulla natura giuridica dell’arbitrato irrituale e sua impugnabilità

In costanza della disciplina previgente alla riforma introdotta con il D. Lgs. 40 del 2006, stante l’assenza di una specifica normativa speciale, la giurisprudenza prevalente si era conformata all’orientamento dottrinale secondo il quale l’arbitrato irrituale, quale strumento di risoluzione delle controversie imperniato sull’affidamento a terzi del compito di ricercare una composizione amichevole riconducibile alla volontà delle parti, aveva natura negoziale e, pertanto, il relativo lodo era impugnabile – fino all’entrata in vigore del d. lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – solo per vizi della volontà negoziale o per incapacità delle parti o degli arbitri. Con l’introduzione dell’ impugnazione del lodo art. 808 ter c.p.c. irrituale, il legislatore ha invece formalizzato i possibili motivi di impugnazione del lodo irrituale, sottraendoli all’individuazione ermeneutica e cristallizzandoli in un elenco analitico, di natura tassativa.

La possibilità di estinguere il processo solo per alcune delle parti in causa presuppone che le domande siano tra loro scindibili e che il rapporto processuale possa pertanto proseguire solo tra alcuni dei soggetti evocati in giudizio (nel caso di specie l’istanza di estinzione è stata respinta, avendo il giudice valutato che il rapporto plurisoggettivo era unico e inscindibile).