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Invalidità della delibera assembleare per conflitto di interessi e abuso di maggioranza

Non sono sindacabili in sede giudiziaria i motivi del voto espresso dalla maggioranza dei soci di una società se non nei limiti in cui – in violazione del principio di buona fede in senso oggettivo – la deliberazione sia preordinata al solo fine di perseguire esclusivamente interessi divergenti da quelli societari (conflitto di interessi) ovvero di ledere gli interessi degli altri soci (abuso di maggioranza).

L’abuso della regola di maggioranza è configurabile quando la delibera oggetto di impugnazione risulta arbitrariamente o fraudolentemente preordinata dai soci maggioritari al solo fine di perseguire interessi divergenti da quelli societari, ovvero di ledere gli interessi degli altri soci. La relativa prova incombe sul socio di minoranza, il quale dovrà a tal fine indicare i sintomi di illiceità della delibera, deducibili non solo da elementi di fatto esistenti al momento della sua approvazione, ma anche da circostanze verificatesi successivamente, in modo da consentire al giudice di verificarne le reali motivazioni e accertare se effettivamente abuso vi sia stato.

L’abuso della regola di maggioranza (altrimenti detto abuso o eccesso di potere) è causa di annullamento delle deliberazioni assembleari allorquando la deliberazione non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società – per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico a quello sociale –, oppure sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli.

Ai fini dell’annullamento per conflitto di interessi ai sensi dell’art. 2373 c.c., è essenziale che la delibera sia idonea a ledere l’interesse sociale, inteso come l’insieme di quegli interessi che sono comuni ai soci, in quanto parti del contratto di società, e che concernono la produzione del lucro, la massimizzazione del profitto sociale (ovverosia del valore globale delle azioni o delle quote), il controllo della gestione dell’attività sociale, la distribuzione dell’utile, l’alienabilità della propria partecipazione sociale e la determinazione della durata del proprio investimento. Si ha conflitto di interessi rilevante quale causa di annullabilità delle delibere assembleari quando vi è un conflitto tra un interesse non sociale e uno qualsiasi degli interessi che sono riconducibili al contratto di società.

Bilancio di esercizio redatto in violazione dei precetti di chiarezza e precisione

Il bilancio d’esercizio di una società di capitali che violi i precetti di chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423, co. 2, cod. civ., è illecito, ed è quindi nulla la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte. È non può revocarsi in dubbio che tra i suddetti allegati un ruolo essenziale, ai fini della chiarezza delle informazioni desumibili dal bilancio, sia svolto proprio dalla relazione allegata al documento contabile. Allo scopo di realizzare il diritto di informazione, che è in rapporto di strumentalità con il principio di chiarezza, gli amministratori devono, invero, soddisfare l’interesse del socio ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio, e sono, quindi, perfino obbligati a rispondere alla domanda d’informazione che sia pertinente e non trovi ostacolo in oggettive esigenze di riservatezza, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati di bilancio ed alla relativa relazione.

Nullità della deliberazione assembleare di approvazione del bilancio

Tutte le disposizioni codicistiche sul bilancio hanno natura imperativa e ciò vale non solo per quelle disposizioni che prescrivono la chiarezza nella redazione del bilancio ed impongono una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria della società e del risultato economico (art. 2423, co. 2, c.c.), ma addirittura per quelle che impongono, in casi eccezionali, di derogare la normativa codicistica (cfr., art. 2423, co. 4, c.c.).

La deliberazione di assemblea di società di capitali con la quale venga approvato un bilancio redatto in modo non conforme ai sopra menzionati precetti normativi (o in violazione delle norme dettate dalle altre disposizioni in materia di bilancio costituenti espressione dei medesimi precetti) è da ritenersi nulla per illiceità dell’oggetto (art. 2379 c.c.), essendo tali disposizioni poste a tutela di interessi che trascendono i limiti della compagine sociale e riguardano anche i terzi, del pari destinatari delle informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società che il bilancio deve fornire con chiarezza e precisione. Segnatamente, un bilancio redatto in violazione dell’art. 2423, co. 2, c.c. è, di per sé, illecito e costituisce quindi l’oggetto illecito della deliberazione assembleare che lo abbia approvato; invero, il bilancio di una società di capitali deve considerarsi illecito tanto in ragione della divaricazione fra risultato effettivo dell’esercizio e quello di cui il bilancio dà contezza, quanto in tutti quei casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite con riguardo alle singole poste di cui è richiesta l’iscrizione.

Approvazione del bilancio tra passività possibili e probabili

Ai fini della redazione del bilancio d’esercizio è necessario distinguere ai sensi dell’art. 2424 bis, comma terzo, c.c. tra le passività incerte, ma valutate solamente come possibili (per le quali non deve essere previsto alcun accantonamento), e le passività incerte, ma valutate come probabili (per le quali deve essere previsto un adeguato accantonamento). Tale valutazione di possibilità e non di probabilità dell’avverarsi di un rischio, da rendere al momento di predisposizione del bilancio, può essere desunta dalla lettura complessiva della nota integrativa, essendo perciò del tutto superflua un’affermazione esplicita in tal senso; ne consegue che una tale mancanza, solo formalistica, non possa minare la chiarezza, la veridicità e la correttezza del bilancio in quanto consente comunque a ciascun soggetto di conoscere l’effettiva situazione patrimoniale e finanziaria della Società e il risultato economico dell’esercizio. La stessa è pertanto inidonea a configurare un vizio suscettibile di determinare la violazione dell’art. 2423, comma 2, c.c. e quindi la nullità della delibera che approva il bilancio medesimo.

14 Luglio 2020

Nullità della delibera di approvazione del bilancio

La delibera assembleare di una società di capitali è nulla per illiceità dell’oggetto quando è contraria a norme dettate a tutela dell’interesse generale, che trascende quello dei singoli soci, e che siano dirette a impedire una deviazione dallo scopo essenziale economico – pratico del contratto e del rapporto di società. Pertanto, qualora, in relazione alla deliberazione del bilancio sociale, siano dedotte violazioni del principio di chiarezza e precisione del bilancio, la nullità della deliberazione ben può concretamente configurarsi se i fatti asseritamente contrari a quel principio si rivelino idonei ad ingenerare, per tutti gli interessati, incertezze ovvero erronee convinzioni circa la situazione economico – patrimoniale essendo posta la verità e la chiarezza di questo a tutela non soltanto del o dei singoli soci, bensì di tutti i terzi e dei creditori in particolare.

L’azione di nullità di una delibera assembleare può essere proposta da chiunque vi abbia interesse e, considerate le ricadute sul valore della quota da liquidare, l’interesse del socio escluso a impugnare le delibere di approvazione dei bilanci relativi agli esercizi che precedono l’esclusione permane.

In caso di impugnazione del bilancio di una società di capitali, le asserite violazioni devono essere provate dall’impugnante. Né giova obiettare che non si può pretendere l’adempimento da parte del socio impugnante di un onere di prova negativo.

2 Gennaio 2020

Impugnazione della delibera di approvazione del bilancio per violazione dei principi di chiarezza e precisione

Il socio ha diritto ad ottenere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte in bilancio.

La deliberazione assembleare con cui è approvato il bilancio di esercizio che violi i precetti di chiarezza e precisione previsti dall’art 2423 , co. 2, c.c. è nulla non soltanto se la violazione determina una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati (ivi compresa la relazione) non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.

Se il socio, impugnando il bilancio, denuncia vizi afferenti ad una pluralità di poste diverse, egli propone contestualmente una pluralità di domande, con in comune il petitum ma con distinte causae petendi, corrispondenti a ciascuna delle poste contestate.

 

25 Settembre 2019

Nullità della delibera di ricostituzione del capitale e fallace riclassificazione delle poste di bilancio

Soltanto con la volontaria rinuncia del mutuante al proprio credito da rimborso dei finanziamenti erogati, tali importi possono essere utilizzati per ripianare le perdite risultanti dal bilancio straordinario approvato della società mutuataria, laddove la loro unilaterale inclusione – approvata a maggioranza e contro la volontà del mutuante – fra le riserve di netto costituisce, oltre che un illecito contrattuale nei rapporti fra le parti, una patente violazione dei canoni di veridicità e correttezza sanciti dall’art. 2423 co. 2° c.c. tale da rendere (e imporre di dichiarare) nulla, sia la delibera di approvazione del bilancio, sia la successiva delibera di ricostituzione in aumento del capitale sociale previa imputazione a perdita delle riserve inesistenti approvata sulla base del primo e fallace presupposto di riclassificazione da parte della società mutuataria della somma finanziata tra le erogazioni in conto capitale anziché fra i debiti verso i soci per finanziamenti.

11 Luglio 2019

Sulla ripartizione della legittimazione ad agire tra socio e custode in caso di sequestro delle azioni

Il custode delle azioni è l’unico soggetto legittimato ad agire per ottenere la declaratoria di annullamento delle decisioni, mentre per promuovere l’azione di nullità delle delibere la legittimazione deve essere riconosciuta anche al socio, alla luce del disposto di cui all’art. 2379 c.c., che attribuisce la facoltà di impugnare le delibere nulle a chiunque vi abbia interesse. In caso di sequestro delle azioni, pertanto, va riconosciuta al socio la legittimazione ad impugnare le delibere assunte con il voto favorevole del custode, quanto alle azioni volte a far accertare l’inesistenza o la radicale nullità delle deliberazioni stesse, trattandosi di azioni esperibili da qualunque interessato.

Il bilancio d’esercizio di una società di capitali, che violi i precetti di chiarezza e precisione dettati dall’articolo 2423, comma secondo cod. civ. è illecito, ed è quindi nulla la deliberazione assembleare con cui esso sia stato approvato, non soltanto quando la violazione della normativa determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio (o il dato destinato alla rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società) e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.

 

L’impugnazione di delibere assembleari approvative di bilanci privi dei necessari requisiti di chiarezza, correttezza e veridicità

La delibera assembleare di una società di capitali è nulla per illiceità dell’oggetto, a norma dell’art. 2379 c.c., quando è contraria a norme dettate a tutela dell’interesse generale, che trascende quello dei singoli soci, e che siano dirette ad impedire una deviazione dello scopo essenziale economico-pratico del contratto e del rapporto di società. Pertanto, qualora, in relazione alla deliberazione del bilancio sociale, siano dedotte violazioni del principio di chiarezza e precisione del bilancio, la nullità della deliberazione ben può concretamente configurarsi se i fatti asseritamente contrari a quel principio si rivelino idonei ad ingenerare, per tutti gli interessati, incertezze ovvero erronee convinzioni circa la situazione economico-patrimoniale essendo posta la verità e la chiarezza di questo a tutela non soltanto del o dei singoli soci, bensì di tutti i terzi e dei creditori in particolare.

L’interesse ad impugnare può attenere anche soltanto alla corretta informazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa; interesse che è ravvisabile in tutti i casi in cui dal bilancio e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte; ed anche l’esistenza di alcune soltanto delle poste redatte in violazione di disposizioni inderogabili di legge è già da sola sufficiente a far dichiarare tale nullità.

Il socio, infatti, ha diritto a ottenere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte in bilancio ed è altresì indubbio che la pronuncia giudiziale con cui venga dichiarata la nullità della delibera assembleare impugnata dal socio obbliga i competenti organi sociali ad approvare un nuovo bilancio, esente dai vizi riscontrati nel precedente.

Il bilancio di esercizio di una società di capitali, che violi i precetti di chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423, comma 2, c.c., è illecito, sicché la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato è nulla non soltanto se la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati, ivi compresa la relazione, non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.

20 Maggio 2019

Impugnazione di lodo arbitrale irrituale previsto da clausola compromissoria anteriore al 3 marzo 2006

All’impugnazione del lodo arbitrale irrituale previsto da clausola compromissoria inserita nello statuto sociale in epoca anteriore al 3 marzo 2006, data di entrata in vigore del decreto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, non si applica il predetto decreto legislativo e dunque tanto meno l’art. 808 ter c.p.c., ma sulla base dei principi elaborati dalla giurisprudenza prima della riforma, il lodo arbitrale irrituale è impugnabile solo per i vizi che possano vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale, come l’errore, la violenza, il dolo, l’incapacità delle parti che hanno conferito l’incarico o dell’arbitro stesso. (Cfr. Cass. n. 13899/2014) [ LEGGI TUTTO ]