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23 Febbraio 2023

Effetto sanante della delibera sostitutiva ex art. 2377, co. 8, c.c.

La delibera assembleare avente ad oggetto la revoca di un amministratore risulta assorbente della domanda di annullamento di una precedente delibera il cui verbale non era stato sottoscritto dallo stesso soggetto, all’epoca presidente del CdA, ma solo dal segretario. A tal proposito, atteso che la revoca della carica di consigliere comporta in sé la revoca della carica di presidente, trova applicazione l’art. 2377, co. 8, c.c. Ai sensi di questa disposizione, l’annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto, la quale ha sanato le eventuali irregolarità procedurali lamentate, che andranno verificate ai soli fini della soccombenza virtuale per la liquidazione delle spese.

20 Febbraio 2023

Assemblea convocata dal socio, espressione abusiva del voto e nullità della delibera assembleare

È nulla la delibera assembleare assunta a seguito della convocazione da parte di un socio a ciò non abilitato e nella quale il voto determinante sia stato espresso, in violazione del disposto di cui all’art. 2471 bis c.c., dal socio e non dal creditore pignoratizio.

27 Gennaio 2023

Clausola compromissoria contenuta nello statuto e disponibilità del diritto

L’art. 806 c.p.c. individua l’ambito dell’applicabilità della convenzione di arbitrato alle controversie su diritti disponibili e la disponibilità deve essere commisurata al diritto oggetto della controversia e non alle questioni che gli arbitri dovrebbero sciogliere in vista della decisione, suscettibili di essere affrontate con effetti incidenter tantum.

L’indisponibilità del diritto costituisce il limite al ricorso alla clausola compromissoria e non va confusa con l’inderogabilità della normativa applicabile al rapporto giuridico, la quale non impedisce la compromissione in arbitrato, con il quale si potrà accertare la violazione della norma imperativa senza determinare con il lodo effetti vietati dalla legge.

È sufficiente che la clausola dello statuto sociale preveda la devoluzione agli arbitri delle controversie tra i soci o tra la società e i soci relative all’attività sociale per determinare la competenza degli arbitri per le liti aventi ad oggetto l’annullamento delle delibere assembleari.

23 Dicembre 2022

Socio moroso e nullità della delibera di bilancio

E’ legittimato ad impugnare per vizi di nullità la delibera di approvazione di bilancio anche il socio moroso, titolare di un legittimo interesse a contestare il bilancio sociale ritenuto in violazione dei principi contabili, mantenendo il diritto di controllo sugli affari sociali, ai sensi dell’art. 2476, comma 2, c.c., sino a che resti parte della compagine societaria.

Il principio di chiarezza, quale canone di redazione del bilancio dotato di autonoma valenza e non subordinato al principio di verità, ha l’autonomo scopo di consentire la più ampia trasparenza dei dati di bilancio, agevolando l’esercizio il diritto di controllo con riguardo a tutte le informazioni necessarie per le singole voci. La società che ha ingiustificatamente modificato il titolo del finanziamento apposto a bilancio, così mutando non solo l’appostazione contabile ma anche il relativo regime, senza un’adeguata motivazione in nota integrativa, in ordine alla scelta di un diverso criterio, in discontinuità nell’appostazione di tale posta di debito rispetto ai bilanci precedenti, compie una violazione del suddetto principio.

13 Dicembre 2022

Sospensione della delibera assembleare mediante ri-deposito dell’atto di citazione, inesistenza e nullità della delibera

La norma di cui all’art. 2378, co. 3, c.c prevede, per l’ottenimento del provvedimento di sospensione della delibera impugnata, il deposito di un ricorso contestualmente al deposito dell’atto di citazione. Qualora l’istanza di sospensione venga avanzata mediante il ri-deposito del medesimo atto di citazione,  devono ritenersi comunque salvi gli effetti sostanziali e processuali dell’atto qualora questo contenga tutti gli elementi ed è stato anche ritualmente notificato, unitamente al decreto di fissazione di udienza, alla controparte.

La fattispecie dell’inesistenza della delibera assembleare sussiste solo quando la delibera assembleare di una società di capitali risulta assunta con la sola partecipazione di soggetti privi della qualità di socio.

Laddove l’art. 2479-ter, co. 3, c.c. contempla, tra i casi di nullità della delibera, il difetto assoluto di informazione, tale norma si riferisce esclusivamente al difetto assoluto di convocazione. Diversamente, quando la carenza non sia “assoluta” essendovi stata convocazione, ma sussiste un deficit informativo, il vizio potrà al più portare all’annullabilità, ma non alla nullità della delibera.

1 Dicembre 2022

Ripartizione dell’onere probatorio nell’impugnazione di un’assemblea per irregolare convocazione

L’art. 2479 ter c.c. prevede la nullità delle decisioni dei soci, quale ipotesi speciale di invalidità, correlandola a fattispecie tipiche, quali le decisioni con oggetto impossibile o illecito e quelle assunte in assoluta mancanza di informazione. In tale ultimo caso, in particolare, la norma fa riferimento alla mancanza di informazioni sull’avvio del procedimento deliberativo, essendo la delibera stata assunta senza la preventiva convocazione di uno dei soci.

La presenza di tutti i soci in assemblea sana il vizio di costituzione. Il verbale di assemblea ordinaria di una società di capitali assume al riguardo una specifica efficacia probatoria, avendo la finalità di documentare quanto avvenuto in sede di assemblea (in particolare, con riferimento a: la data assemblea, l’identità dei partecipanti, il capitale rappresentato da ciascuno, le modalità e il risultato delle votazioni, le eventuali dichiarazioni dei soci) e ciò in funzione del controllo delle relative attività anche da parte dei soci assenti e dissenzienti (la sua eventuale mancanza dà luogo ad una nullità della deliberazione dell’assemblea, a norma dell’art. 2379 c.c., che può essere fatta valere da qualsiasi interessato). Tuttavia, rispetto a un verbale non dotato di fede privilegiata, i soci possono far valere eventuali sue difformità dalla realtà con qualsiasi mezzo di prova, con la conseguenza che, in caso di mancato assolvimento dell’onere probatorio sugli stessi incombente, quanto documentato dal verbale non può essere più messo in discussione.

18 Novembre 2022

Mancata convocazione del socio la cui partecipazione è sottoposta a sequestro preventivo penale

La deliberazione assembleare di aumento del capitale sociale di una società per azioni, che sia stata assunta con violazione del diritto di opzione, non è nulla, ma meramente annullabile, in quanto tale diritto è tutelato dalla legge solo in funzione dell’interesse individuale dei soci ed il contrasto con norme, anche cogenti, rivolte alla tutela di tale interesse determina un’ipotesi di mera annullabilità.

Il sequestro preventivo penale, ex art. 321 c.p.p., di quote o azioni di una società di capitali, in difetto di contraria indicazione contenuta nel provvedimento che lo dispone, priva i soci dei diritti relativi alle quote o azioni sequestrate, sicché il diritto di intervento e di voto nelle assemblee spetta al custode designato in sede penale. L’attribuzione al custode del diritto di voto implica che soltanto a costui sia altresì riservata la legittimazione ad impugnare le deliberazioni assembleari al fine di ottenerne l’annullamento ai sensi dell’art. 2377 c.c., stante la strumentalità del diritto di impugnazione rispetto a quello di voto, quale esplicazione del medesimo inscindibile potere che si esprime nel concorrere alla formazione della volontà assembleare e nel reagire alle eventuali manifestazioni illegittime di detta volontà.

13 Luglio 2022

Nullità della delibera assembleare emessa in violazione di lodo arbitrale passato in giudicato

Attiene a diritti indisponibili, come tali non compromettibili in arbitri ex art. 806 c.p.c., la natura pubblicistica della cosa giudicata sostanziale, in quanto prevista da norme imperative di ordine pubblico, che la sottraggono a ogni derogabilità pattizia, precludendo qualsiasi possibilità di adottare una determinazione contraria al giudicato formatosi in favore di una delle parti.

Il giudicato formatosi su una pronuncia di annullamento (o nullità) di una delibera sociale ha effetto rispetto a tutti i soggetti coinvolti dall’azione sociale; infatti, poiché la deliberazione dell’assemblea è un atto riconducibile a un contratto associativo, come nel momento fisiologico ha effetto per tutta la struttura societaria (e quindi per tutta la compagine sociale, anche per l’eventuale minoranza che avesse votato contro quella specifica delibera), allo stesso modo, nel momento patologico, l’accertamento della sua eventuale invalidità produce effetti nei confronti di tutta la società e a tali effetti non può derogarsi se non sulla base di un accordo tra tutte le parti direttamente o indirettamente coinvolte. È quindi nulla la delibera che si proponga di rimuovere gli effetti del giudicato adottata in danno di una parte della compagine sociale, essendo il giudicato posto a tutela non soltanto del o dei singoli soci coinvolti nel contenzioso, ma di tutta la società e anche dei terzi.

Il giudice non può entrare nel merito di scelte che competono solo agli organi sociali, in quanto le concrete modalità di esecuzione del giudicato sono rimesse alla discrezionalità dell’organo amministrativo e all’assemblea dei soci; tuttavia, la parte vittoriosa del giudizio ha diritto a che si provveda in modo legittimo e conforme alle regole che presiedono all’azione dell’organizzazione (nel caso di specie, il Tribunale, in accoglimento della domanda attorea, ha condannato la società convenuta a iscrivere correttamente il dispositivo del lodo passato in giudicato presso il registro delle imprese).

5 Maggio 2022

Sostituzione della delibera impugnata e cessazione della materia del contendere

Ai sensi dell’art. 2377, co. 8, c.c., l’annullamento della deliberazione assembleare non può aver luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra adottata in conformità della legge o dell’atto costitutivo. La norma, dettata con riferimento alle s.p.a., è applicabile anche alla s.r.l., in virtù dell’espresso rinvio contenuto nell’art. 2479 ter c.c. Dal relativo contenuto si deduce che, ove sopravvenga la sostituzione delle delibere invalide, il giudice può dichiarare la cessazione della materia del contendere soltanto ove accerti che: (i) la delibera adottata in sostituzione di quella impugnata sia conforme alla legge e allo statuto; (ii) le parti si diano reciprocamente atto dell’intervenuto mutamento della situazione e formulino conclusioni conformi. In altre parole, è necessario che non vi sia contrasto riguardo all’esistenza e alla validità della delibera sostitutiva, giacché siffatte condizioni evidenzierebbero la sopravvenuta carenza d’interesse all’impugnativa.

La cessazione della materia del contendere è un istituto giuridico, non regolamentato dal codice di proceduta civile, di stretta elaborazione giurisprudenziale, che porta alla definizione del giudizio, anche se ontologicamente differente rispetto alla rinuncia agli atti o all’azione, nonostante le medesime conseguenze in ordine alla impossibilità nella prosecuzione del processo. La stessa si fonda sul venir meno all’interesse delle parti a una decisione sulla domanda giudiziale come proposta o come venuta ad evolversi nel corso del giudizio, sulla scorta di circostanze poste in essere dalle medesime parti, per svariate ragioni. In sintesi, la cessazione della materia del contendere è una forma di definizione del processo conseguente al sopravvenuto mutamento della situazione dedotta in giudizio, di cui le parti si danno reciproco atto, che fa venir meno la ragion d’essere della lite.

In ogni caso, venuta meno la materia del contendere quanto al diritto sostanziale originariamente dedotto in giudizio, qualora persista contrasto sulla ripartizione delle spese processuali, esso deve essere risolto mediante il ricorso al principio della c.d. soccombenza virtuale.

17 Gennaio 2022

Intestazione fiduciaria di quote e nullità delle delibere assunte dal fiduciario

L’esistenza di un pactum fiduciae contemplante l’apparente intestazione dell’intera partecipazione sociale in capo al fiduciario con impegno da parte di quest’ultimo a retrocedere al fiduciante le predette quote al mero valore nominale, assurge a motivo di nullità, rilevabile d’ufficio, delle delibere adottate dal fiduciario in assenza di una formale e rituale convocazione e costituzione dell’organo competente, e dal medesimo poi inserite nel libro dei verbali delle assemblee, anziché della loro più radicale inesistenza. Tale vizio, benché non dedotto attraverso un formale atto di impugnazione delle delibere nulle è suscettibile di rilievo d’ufficio da parte del giudice a norma dell’art. 2379, co. 2, c.c.