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8 Febbraio 2023

La (eventuale) natura di ricognizione di debito del verbale assembleare

Il riconoscimento di debito non ha natura negoziale, ma costituisce un atto giuridico in senso stretto di carattere non recettizio, che non richiede una specifica intenzione cognitiva, occorrendo solo che rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito e riveli il carattere della volontarietà, potendosi altresì concretarsi in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore.

Non ha natura ricognitiva del debito di un socio nei confronti della società, in quanto eccessivamente generica, la frase utilizzata nel verbale assembleare che non indichi né la persona del debitore, né la puntuale indicazione della posta creditoria, né la sua quantificazione, né il titolo del credito stesso. Del pari priva di rilevanza, ai fini ricognitivi del debito, è l’indicazione del debito nella proposta di concordato preventivo presentata dal liquidatore della società, ancorché poi fatta propria anche dai commissari giudiziari nella relazione ex art. 172 l. fall. Invero, anche tale ricostruzione promana dalla stessa società creditrice, senza che il socio debitore abbia espresso alcun riconoscimento dell’esistenza del debito.

20 Gennaio 2023

Responsabilità dell’amministratore e onere della prova nel riconoscimento del danno da ritardato pagamento

Ai fini del riconoscimento al danneggiato anche del danno provocato dal ritardato pagamento in misura pari agli interessi legali, è onere del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo, non essendo configurabile alcun automatismo nel riconoscimento degli interessi compensativi.

7 Novembre 2022

Responsabilità dell’amministratore per omesso pagamento delle imposte

La responsabilità dell’amministratore per omesso pagamento delle imposte costituisce una tipica ipotesi di responsabilità per fatto proprio, che trova la sua fonte immediata nella violazione dei doveri comportamentali fissati dalle disposizioni di legge, che pongono a carico diretto degli amministratori o liquidatori di un soggetto tassabile uno specifico obbligo nei confronti del fisco, avente quale contenuto il provvedere, nella loro qualità, al pagamento delle imposte con l’attivo sociale. Al riguardo, occorre distinguere tre ipotesi: (i) quella in cui la società – quando l’amministratore ha omesso il pagamento del dovuto all’erario – fosse in bonis, avendo liquidità ed essendo in grado di pagare i debiti erariali. In tal caso l’amministratore inadempiente risponde dei danni procurati alla società in misura pari alle sanzioni, interessi ed aggi addebitati dall’erario alla società stessa, come liquidati nel relativo accertamento tributario ovvero nella cartella esattoriale; (ii) quella in cui l’amministratore eccepisca e provi ex art. 1218 c.c. di non aver potuto pagare le imposte in ragione dell’incapacità finanziaria/incapienza patrimoniale della società; (iii) quella in cui, pur non essendo la società in grado di pagare i debiti erariali ed in stato di scioglimento per perdita del capitale sociale, tuttavia l’amministratore abbia illegittimamente proseguito nello svolgimento di attività economica con assunzione di nuovo rischio imprenditoriale. In tal caso, lo stesso risponde dei danni in misura pari al debito per sanzioni, interessi ed aggi addebitati alla società con riferimento a quei debiti erariali non pagati che la società non avrebbe contratto se fosse stata tempestivamente posta in liquidazione ed avesse conseguentemente cessato l’attività. Trattandosi di fattispecie di responsabilità contrattuale, il fallimento attore è tenuto ad allegare il mancato rispetto da parte dell’amministratore sociale all’obbligazione di pagamento del fisco e ad adempiere all’onere della prova producendo le cartelle esattoriali notificate alla società e le relative domande di insinuazione al passivo, onere di allegazione e dimostrazione soddisfatto nel caso di specie. Il convenuto è tenuto a dimostrare l’adempimento o la non imputabilità ex art 1218 c.c. per essersi trovata la società nell’impossibilità di versare i tributi dovuti per incapienza patrimoniale o incapacità finanziaria, con ciò escludendo una sua responsabilità per omissione.

Prescrizione dell’azione di risarcimento derivante da illecito civile considerato come reato

In un giudizio riguardante l’azione di responsabilità proposta dal curatore fallimentare nei confronti dall’amministratore unico di srl per il suo volontario aggravamento della situazione patrimoniale, nel caso in cui l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato (ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche se per mancata presentazione della querela) trova applicazione l’eventuale, più lunga prescrizione prevista per il reato anche all’azione di risarcimento, a condizione che il giudice civile accerti, incidenter tantum, e con gli strumenti probatori e i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto di reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, e la prescrizione stessa decorre dalla data del fatto (cfr. Cass. Civ. sez. unite 27337/08).

 

8 Novembre 2019

Sul rimborso del finanziamento concesso alla società in crisi dal socio-amministratore

In un giudizio avente ad oggetto la responsabilità risarcitoria dell’amministratore-socio di una S.r.l., nei confronti della massa dei creditori, costituisce fonte di responsabilità per violazione dei doveri di diligenza il preventivo rimborso dei finanziamenti concessi dallo stesso amministratore in violazione del disposto dell’art.2467 c.c., che impone la postergazione del rimborso dei finanziamenti rispetto alla soddisfazione degli altri creditori.

 

3 Novembre 2017

Revoca del liquidatore: la pronuncia in via cautelare va respinta se manca il fumus di un grave pregiudizio

Va respinto il ricorso ex artt. 700 c.p.c. e 2487 c.c. con il quale era stata demandata la revoca del liquidatore – liquidatore di nomina giudiziale a causa dell’impossibilità di funzionamento dell’assemblea – in ragione dell’asserito rischio di reiterazione [ LEGGI TUTTO ]

28 Giugno 2017

Responsabilità di amministratori e liquidatori di una società in liquidazione per il compimento di atti di gestione

Lo scioglimento della società e la messa in liquidazione comportano la necessaria interruzione dell’attività caratteristica di impresa. Pertanto deve ritenersi illegittimo e fonte di obbligo risarcitorio l’atto compiuto dagli amministratori e/o dal liquidatore consistente [ LEGGI TUTTO ]

17 Novembre 2015

Impossibilità di procedere alla cancellazione della iscrizione di cessazione della società

La finalità della norma contenuta nell’art. 2490, ult. comma, c.c. risiede nell’interesse di natura pubblicistica all’eliminazione delle società non più operanti da tempo, la cui inerzia costituisce sintomo [ LEGGI TUTTO ]

La decisione di avviare procedure di risoluzione della crisi aziendale fa parte delle scelte discrezionali rimesse all’amministratore

La decisione di avviare procedure di risoluzione della crisi aziendale fa parte delle scelte discrezionali rimesse all’amministratore, tant’è vero che – per esempio – il legislatore ha espressamente posto dei requisiti formali in tal senso nella disciplina della proposta di concordato. Nell’ambito di tale autonomia, l’amministratore non è vincolato dall’esito dell’assemblea cui egli abbia ritenuto di sottoporre la sua scelta gestionale (argomenta sul punto anche ex: Cassazione civile sez. I 16 aprile 2014 n. 8867 secondo cui: “La scelta dell’amministratore di una società di assoggettare una determinata opzione amministrativa alla volontà dell’assemblea non fa venire meno il carattere deliberativo della determinazione assembleare, cosicché non può ritenersi che l’ipotetico potere dell’amministratore di disattenderne le indicazioni – in quanto non vincolanti – precludano l’impugnazione della deliberazione ai soci di minoranza, che abbiano l’interesse a farne accertare l’invalidità e/o l’abusività dell’opzione amministrativa che ne costituisce il contenuto). Anche a prescindere da valutazioni circa la genericità o meno dell’ordine del giorno, la sospensione della delibera nel senso di richiesta di auto fallimento della società, sotto questo profilo, sarebbe inutiliter data per i soci di minoranza in quanto – anche a voler sospendere la delibera impugnata – non si potrebbe evitare la decisione di chiedere l’autofallimento e, quindi, l’evento paventato come dannoso dai soci di minoranza.