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Art. 22 c.p.i.
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19 Novembre 2021

Registrazione in malafede e tutela del marchio di fatto utilizzato nel settore alberghiero

I segni distintivi di fatto possono articolarsi in maniera separata, sicché è astrattamente possibile che un imprenditore abbia preusato il segno per la ditta-denominazione sociale, senza aver fatto uso dello stesso come marchio, per contraddistinguere merci prodotte o servizi forniti, onde la necessità, in caso di affermazione del possesso di un marchio di fatto, che colui il quale chieda di affermare il conseguimento di un proprio diritto fornisca, al riguardo, una prova completa sia della ditta-denominazione sociale sia di quello del segno in funzione di marchio (e della conseguente notorietà di esso), atteso che l’uso di fatto di un segno in funzione di ditta/denominazione sociale non ne comporta l’automatica e meccanica estensione in funzione di marchio e viceversa. Il preuso di un marchio di fatto, comporta che il preutente abbia il diritto all’uso esclusivo del segno, ossia abbia il potere di avvalersene che è distinto da ogni successiva registrazione corrispondente alla denominazione da lui usata, la quale si pone su un piano diverso rispetto al diritto di preuso, sicché ben può una tale registrazione essere dichiarata nulla, anche per decettività, in rapporto ai segni confliggenti. Ne consegue che, ove la registrazione decettiva sia dichiarata nulla, non per questo il preutente che aveva provveduto a formalizzarla perde il diritto di continuare a far uso del segno, specie laddove, per la cessata interferenza con i diritti registrati da altro titolare di uno o più marchi, sia venuto meno anche il conflitto.

 

11 Novembre 2021

Violazione dell’obbligo contrattuale di non concorrenza

Laddove il contratto sia sottoscritto tra due società non è applicabile la disposizione dell’art. 2125 c.c. dettato per il rapporto di lavoro subordinato.

29 Luglio 2021

Denominazione sociale e nome di dominio, in qualche modo registrati ma non convalidabili

L’istituto della convalidazione può valere solo per il marchio successivo registrato o al massimo per la denominazione sociale e il nome di dominio, segni distintivi in qualche modo “registrati”, e non per il marchio di fatto.

L’effettiva conoscenza, da parte del titolare del diritto anteriore, dell’uso del segno successivo come denominazione sociale e nome di dominio deve esser rigorosamente provata stante la natura eccezionale della disposizione, che è di stretta applicazione.

L’eventuale tolleranza dell’uso della ditta o denominazione sociale non significa tolleranza dell’uso dello stesso segno come marchio.

Seppur la tutela dei segni distintivi e quella prevista in tema di concorrenza sleale siano astrattamente compatibili e cumulabili, dall’illecito contraffattorio non discende automaticamente la concorrenza sleale che deve constare in un quid pluris rispetto alla pura violazione del segno o del brevetto, cioè di una modalità ulteriore afferente il fatto illecito.

27 Luglio 2021

Contraffazione del marchio di una catena di supermercati e concorrenza sleale

La concorrenza sleale per appropriazione di pregi, che richiede un comportamento attivo e specifico, ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi, quali ad esempio medaglie, riconoscimenti, indicazioni di qualità, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od all’impresa di un concorrente. [nel caso di specie viene riconosciuta solo un’ipotesi di concorrenza sleale per imitazione servile del segno, ai sensi dell’art.2598 n. 1 c.c., considerata la sussistenza del rapporto concorrenziale tra le due imprese]

Revoca della licenza e registrazione del marchio altrui come nome a dominio il c.d. “domain grabbing”

In tema di segni distintivi atipici, la registrazione di un “domain name” di sito internet che riproduca o contenga il marchio altrui costituisce una contraffazione del marchio poiché permette di ricollegare l’attività a quella del titolare del marchio, sfruttando la notorietà del segno e traendone, quindi, un indebito vantaggio, sicché solo il titolare di un marchio registrato potrebbe legittimamente usarlo sul proprio sito o come nome di dominio.

23 Giugno 2021

Contraffazione del marchio usato nel settore moda e concorrenza sleale per confusione

Il rischio di confusione, va valutato tenendo conto dell’impressione complessiva prodotta in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti presenti nei segni in comparazione, segni caratterizzati dalla elevata somiglianza differenziandosi solo per elementi di scarsissimo rilievo e non distintivi. La valutazione va condotta in riferimento all’impressione di insieme che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e sincronico.
Rileva inoltre nella valutazione globale di cui trattasi l’interdipendenza tra i cd fattori rilevanti ed in particolare tra segno e prodotto nel senso che, rileva oltre che la somiglianza tra i marchi, anche la somiglianza tra i prodotti cosicché, un tenue grado di somiglianza tra i segni può essere compensato da un rilevante grado di somiglianza tra i prodotti, in modo da concludere per la sussistenza del pericolo confusorio.
[Nel caso in esame alla elevata somiglianza dei segni si accompagna addirittura la identità, in parte qua, della tipologia dei prodotti venduti nel negozio contraddistinto dalla insegna, con quelli tutelati , dal marchio italiano e dal marchio europeo registrazione n. 001978105.]

14 Giugno 2021

Contraffazione di marchio: provvedimenti cautelari

Le differenze tra due marchi, anche se rilevabili a un esame attento, non superano un’evidente confondibilità quando si tratta di prodotti e servizi identici contrassegnati da un grado di somiglianza elevatissimo tra i marchi. Il fatto, poi, che venga utilizzato come unico carattere specializzante la dicitura “Liguria” non differenzia certo il marchio, ma anzi dà l’impressione che il punto vendita ligure sia in qualche modo emanazione del centro della ricorrente, che ha invece sede a Cesena. I consumatori sono indotti a ritenere che i prodotti contrassegnati con i segni contestati provengano da un’impresa collegata a quella della ricorrente da rapporti di gruppo ovvero contrattuali, come se si trattasse di un nuovo centro affiliato al primo.

10 Giugno 2021

Rischio di confusione e uso illecito del marchio simile a quello di un altro concorrente nel settore dell’abbigliamento

Ai fini della valutazione della confondibilità tra marchi, per cui bisogna verificare se vi è stata appropriazione del nucleo centrale del messaggio individualizzante del marchio anteriore, si deve inizialmente identificare se il marchio è qualificabile come “forte” o “debole”.  Nel caso in cui il segno sia privo di aderenza concettuale o semantica con i prodotti e/o servizi designati, esso potrà essere connotato come marchio “forte”.

La valutazione del rischio di confusione tra marchi deve essere effettuata in modo globale e sintetico, considerando, in primo luogo, l’interdipendenza tra gli elementi costitutivi del marchio, quali quelli denominativi, grafici, simbolici, figurativi, fonetici. In secondo luogo, la capacità distintiva del segno incide sul rischio di confusione, il quale è tanto più elevato quanto più elevato è il carattere distintivo del segno anteriore.

20 Luglio 2020

Nullità del marchio successivo simile al segno anteriore riproducente l’immagine di un avo e assenza di concorrenza sleale. Carenza di legittimazione attiva

La legittimazione attiva per la tutela del marchio registrato ex art. 20 c.p.i. spetta esclusivamente al titolare del marchio, apparendo irrilevante sul piano del diritto – se non in alcun modo provata – l’autodefinizione in termini di “ex titolare di fatto del marchio” o anche di “autore morale dell’immagine riportata nel marchio”.

La circostanza che l’insegna, e più in generale l’immagine in essa riprodotta, raffiguri un avo di un soggetto non esclude la possibilità che quella immagine possa essere inserita nei segni distintivi aziendali e quindi possa essere legittimamente utilizzata da altri soggetti, acquirenti dei predetti segni.

E’ principio noto e consolidato, in coerenza con la funzione intrinseca del segno, che l’apprezzamento sulla confondibilità fra i segni distintivi similari dev’essere compiuto dal giudice non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata valutazione di ogni singolo elemento, ma in via generale e sintetica, vale a dire con riguardo all’insieme degli elementi salienti, grafici, visivi e fonetici dei marchi interessati, e tenuto conto di tutti i fattori pertinenti, e quindi della notorietà del marchio e del grado di somiglianza tra i prodotti, nonché della normale avvedutezza dei consumatori cui i prodotti o servizi sono destinati.

L’uso del patronimico consentito nella ditta, in quanto giustificato per il principio di verità, deve avvenire nell’osservanza dei principi di correttezza professionale, e quindi non in funzione di marchio, e non in contrasto con la disciplina delle privative.

28 Maggio 2020

Tutela del marchio rinomato “Dr. Martens” e rischio di confusione tra segni distintivi

Chi agisce a tutela di un marchio rinomato non è tenuto a dimostrare l’esistenza di una violazione effettiva e attuale del suo marchio, dato che, laddove sia prevedibile che dall’uso che il titolare del marchio posteriore abbia fatto del proprio segno/marchio possa derivare una tale violazione, il titolare del marchio anteriore non deve essere obbligato ad attendere che questa si avveri per poter chiedere il divieto di detto uso. L’apprezzamento del giudice di merito sulla confondibilità dei segni nel caso di affinità dei prodotti deve essere compiuto non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, bensì in via globale e sintetica, vale a dire con riguardo all’insieme degli elementi salienti grafici e visivi, mediante una valutazione di impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va condotta in riferimento alla normale diligenza ed avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti , dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo mnemonico dell’altro.