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Art. 1322 c.c.
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24 Maggio 2022

Fideiussione omnibus: nullità, onere probatorio e prova privilegiata

Nei giudizi aventi a oggetto controversie antitrust, l’organo giudicante è chiamato a verificare l’esistenza di un’intesa illecita “a monte” che ha come conseguenza la nullità dei contratti “a valle”. Tale accertamento si riflette nei giudizi aventi a oggetto la declaratoria di nullità di una fideiussione in una verifica, in primo luogo, del rapporto personale di garanzia dedotto e, in secondo luogo, del periodo temporale in cui detto rapporto personale di garanzia è stato dedotto con una conseguente gradazione dell’onus probandi.

L’organo giudicante, quanto al rapporto personale di garanzia dedotto, è chiamato a verificare la sussumibilità della fideiussione nello schema delle fideiussioni omnibus, avendo quest’ultima la finalità, specifica e diversa dalla fideiussione civile, di garantire specificatamente il credito bancario in ragione dell’attività di concessione di finanziamenti in via professionale e sistematica agli operatori economici. È, infatti, questa specifica fattispecie contrattuale oggetto di valutazione da parte della Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2005; quanto al periodo temporale di assunzione del rapporto di garanzia, la data di assunzione dell’impegno di garanzia. E invero, il provvedimento n. 55 del 2005 di Banca d’Italia costituisce prova privilegiata dell’intesa restrittiva della concorrenza solo per gli impegni di garanzia assunti tra il 2002 e il 2005. Ne consegue che, per gli impegni di garanzia assunti successivamente a tale arco temporale, l’attore sarà onerato dell’allegazione e della dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito concorrenziale ex art. 2, co. 2, lett. a), l. 287/1990. Tale onere sarà ancora più stringente laddove la declaratoria di nullità venga invocata per fideiussioni che, in ragione del relativo contenuto, non essendo sussumibili alla figura della fideiussione omnibus, rientrino nella fideiussione civile specifica; in tale ipotesi, l’attore sarà onerato di allegare e dimostrare con autonomi e specifici fatti l’esistenza di una fattispecie di comportamento anticoncorrenziale censurabile.

6 Aprile 2022

Principi in tema di risoluzione per inadempimento e collegamento contrattuale

In caso di domanda di risoluzione di un contratto di durata, in ipotesi di inadempimento parziale, l’indagine sulla gravità dell’inadempimento deve tener conto del valore (determinabile mediante il criterio della proporzionalità) dell’obbligazione non adempiuta rispetto al tutto; è inoltre necessario considerare se – per effetto dell’inadempienza – si sia verificata una sensibile alterazione dell’equilibrio contrattuale ai danni della controparte. In presenza di prestazioni contrattuali con carattere continuativo e periodico, ai fini della risoluzione totale o parziale per inadempimento, occorre verificare la natura dei singoli adempimenti già eseguiti, ossia se gli stessi costituiscano elementi essenziali per l’attuazione del programma negoziale, indissolubilmente rispetto a quelli inadempiuti.
Il collegamento negoziale è uno strumento per mezzo del quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, realizzato attraverso una pluralità coordinata di contratti, i cui requisiti sono: (i) il nesso teleologico tra gli atti volti alla regolamentazione degli interessi di una o più parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario; (ii) il comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli atti in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale.
Il contratto di agenzia si caratterizza per i requisiti della: i) stabilità, ii) collaborazione professionale autonoma, iii) promozione della conclusione di affari nell’ambito di una determinata zona, iv) carattere di prevalenza ed esclusiva, v) diritto alla provvigione dell’agente, vi) indennità di fine rapporto a favore dell’agente. Invece, il procacciamento d’affari ha carattere episodico, senza vincolo di stabilità con un preponente, è di natura occasionale ed è privo di attività promozionale sistematica.
14 Marzo 2022

Strumenti cautelari per la restituzione di quote e validità delle clausole esonerative di responsabilità nell’atto di cessione

Nel contesto del ricorso volto ad ottenere la restituzione di quote di s.r.l., la tutela anticipatoria ex art. 700 c.p.c. ed il sequestro giudiziario ex art. 670 c.p.c. tendono a garantire differenti situazioni. Con lo strumento del provvedimento d’urgenza si rivendica il diritto ad ottenere la restituzione immediata delle quote così assicurando la pronta disponibilità della partecipazione societaria e di conseguenza il pieno esercizio dei diritti connessi (patrimoniali ed economici), mentre il sequestro giudiziario svolge altra funzione cautelare, limitata alla mera conservazione statica del bene, con esercizio dei diritti connessi alla partecipazione da parte di un custode giudiziario.

I patti parasociali vincolano le parti dell’accordo ma tale vincolo non dovrebbe essere idoneo sotto il profilo della meritevolezza della tutela ad incidere negativamente sull’interesse sociale. Ogniqualvolta la convenzione parasociale favorisce la tutela di un interesse a detrimento dell’interesse sociale ne mina la stessa validità, soprattutto quando determina la violazione di norme imperative o l’elusione dello statuto generale di disciplina della società di capitali interessata. L’interprete è quindi chiamato a valutare se la convenzione parasociale è legittima e quindi meritevole di protezione giuridica, semprechè il contenuto specifico o la funzione individuale del concreto accordo non conduca ad un giudizio di invalidità.

La mancanza di conformità tra gli obblighi assunti tra i paciscenti della convenzione parasociale che esclude il potere di deliberare l’azione di responsabilità e l’interesse sociale a vedersi riconosciuto il diritto di credito azionato ex art. 2392 c.c. esprime un disvalore tale da escludere la meritevolezza dell’accordo ex art. 1322 c.c. La decisione del socio nel rispetto del vincolo assunto con il patto parasociale di non votare in sede assembleare o di rinunciare all’azione di responsabilità si pone in contrasto con il principio di inderogabilità ed esclusività della competenza assembleare in merito alla rinuncia o alla transazione della predetta azione.

19 Novembre 2021

Sulla (non) abusività della delibera di scioglimento della società

La facoltà di deliberare lo scioglimento anticipato della società previsto dall’art. 2484, primo comma, n. 6), c.c. è espressione delle prerogative della libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) e di autonomia contrattuale (art. 1322 c.c.), tanto che la decisione non deve essere motivata ed è sindacabile nel merito da parte dell’autorità giudiziaria solo quando si alleghi l’esistenza di una situazione di abuso del diritto.

Pertanto, la tutela giuridica della chance attribuita al socio di conseguire in futuro un diritto amministrativo non può raggiungere un’ampiezza tale da precludere il diritto della maggioranza di deliberare lo scioglimento anticipato della società.

La chance prevista dallo statuto esiste fintanto che esiste la società; non è illegittima una decisione della maggioranza di sciogliere la holding perché sostenuta da una diversa valutazione circa l’assetto e l’organizzazione della gestione della controllata, rientrando tale valutazione e scelta nell’ambito del diritto della maggioranza. [In presenza di una clausola contenuta nello statuto della holding che prevede, come nel caso di specie, (i) l’attribuzione, ad uno dei due soci, del diritto di voto per una percentuale maggiore rispetto al capitale sociale dal medesimo detenuto all’interno della società e (ii) che, al venire meno della qualità di socio del titolare di detto diritto particolare, questo si trasferisce automaticamente in capo all’altro, il Tribunale di Milano ha escluso che la delibera assembleare di scioglimento della società controllante assuma natura abusiva per il fatto di privare l’altro socio dell’aspettativa di conseguire in futuro il diritto particolare attribuito dallo statuto].

Opzione put in un contratto di acquisizione di partecipazioni: patto leonino e meritevolezza ex art. 1322 c.c.

Quella di cui all’art. 2265 c.c. è una norma transtipica, applicabile ad ogni tipo societario e, dunque, anche alle società di capitali, in quanto se la societas è l’unione di più patrimoni, al fine del raggiungimento dello scopo comune di suddividere i risultati dell’impresa economica, si pone in contrasto con questa causa tipica la totale esclusione di uno o più soci, quali soggetti titolari di una quota di capitale sociale, da quei risultati. Nell’ambito delle società di capitali – dove non può propriamente parlarsi di utili e perdite nel senso originariamente inteso dalla disposizione codicistica con riferimento alla società semplice – la disposizione di cui all’art. 2265 c.c. deve intendersi riferibile esclusivamente ad un patto che intercorra non tra due soci, ma tra il socio (o più d’uno) e la società stessa. Ciò poiché la ratio del divieto di patto leonino – o, meglio, il principio generale sotteso all’art. 2265 c.c., che ne consente l’applicabilità trasversale ad ogni tipo societario – consiste nella volontà del legislatore di sanzionare gli accordi che intacchino la purezza della causa societatis come individuata dall’art. 2247 c.c.

La causa societatis ha ad oggetto unicamente il rapporto del singolo socio con la società medesima e, quindi, il suo status all’interno della stessa; sicché, perché essa venga alterata, è necessario un patto che comporti, per previsione statutaria, l’esclusione completa del socio dagli utili, dalle perdite, o da entrambi. Esclusione che si concreterebbe in una vera e propria modificazione dello status di socio quale parte del contratto societario. Pertanto, l’indagine volta a saggiare l’eventuale nullità di un patto ai sensi dell’art. 2265 c.c. non è diretta semplicemente a verificare se siano integrati i due lemmi dal contenuto alquanto generico previsti dalla norma medesima, ma in definitiva a valutare se la causa societatis del rapporto partecipativo del socio in questione permanga invariata nei confronti dell’ente collettivo o se, invece, venga irrimediabilmente deviata dalla clausola che lo esonera, atteso il suo contenuto, dalla sopportazione di qualsiasi perdita risultante dal bilancio sociale o dalla divisione degli utili maturati e deliberati in distribuzione ex art. 2433 c.c., o da entrambi, perché solo in tal caso potrà dirsi che l’art. 2265 c.c. sia stato violato.

L’alterazione della causa societatis non può verificarsi qualora tra due soci intervenga un patto con cui l’uno, in ultima istanza, si impegni a manlevare l’altro dai rischi inerenti all’acquisto di una partecipazione nella società, poiché tale accordo non modifica le caratteristiche essenziali del rapporto tra il socio e la società medesima, ossia la partecipazione del primo, latu sensu, agli utili ed alle perdite della stessa. Un patto siffatto si pone, dunque, totalmente al di fuori del perimetro applicativo dell’art. 2265 c.c.

Più che ad un’analisi volta ad accertarne la nullità ex art. 2265 c.c., i patti inerenti alla gestione della società conclusi tra i soci devono, piuttosto, essere sottoposti alla valutazione di meritevolezza di cui all’art. 1322 c.c. A tal fine, è necessario ricostruire la causa concreta del programma contrattuale, per valutare se essa esista, sia lecita e meritevole di tutela.

L’accordo interno tra due soci, con il quale uno si obblighi a manlevare l’altro dalle eventuali conseguenze negative attraverso l’attribuzione di un diritto di put out entro un termine dato, deve ritenersi caratterizzato da una causa meritevole di tutela. Ciò in quanto la causa dell’operazione di acquisto delle azioni con opzione put, palesatasi nel mondo degli affari, è proprio quella di finanziamento dell’impresa, anche indirettamente, mediante il finanziamento ad altro socio, nell’ambito di operazioni di alleanza strategica tra vecchi e nuovi soci. Nel momento della costituzione della società, o quando si intenda operarne il rilancio mediante una particolare operazione economica, il contributo di ulteriori capitali, rispetto a quelli disponibili per i soci che il progetto abbiano concepito, può divenire essenziale, anche quale condicio sine qua non del progetto imprenditoriale programmato. Nel caso di cessione di un pacchetto azionario, la meritevolezza di un meccanismo siffatto potrebbe, in linea di principio, essere ravvisata nella finalità di agevolare il trasferimento di azioni, per loro natura votate alla circolazione e dallo scambio, e l’ingresso di nuovi soci, i quali saranno vieppiù motivati all’investimento per il fatto di essere “garantiti” da eventuali perdite conseguenti alla pregressa gestione societaria.

L’opzione put a prezzo preconcordato può superare positivamente il vaglio ex art. 1322 c.c. laddove l’esclusione dalle perdite non sia strutturalmente assoluta e costante, né ne integri la funzione essenziale, o causa concreta, con riguardo al complessivo regolamento negoziale.

12 Ottobre 2021

Accordi di coesistenza, successione nella titolarità dei diritti e rinuncia tacita

L’art. 2558 c.c., nel disciplinare tutti i casi di trasferimento di azienda, prevede, salvo patto contrario, una cessione automatica o “ipso iure” dei rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive, che non abbiano carattere personale, che ineriscano all’esercizio dell’azienda e non siano ancora esauriti, ivi inclusi dunque eventuali accordi di coesistenza tra marchi.

La rinuncia ad un diritto, se pure non può essere presunta, può tuttavia desumersi da un comportamento concludente, che manifesti, in quanto incompatibile con l’intenzione di avvalersi del diritto, la volontà di rinunciare. La valutazione in concreto di tali comportamenti forma oggetto di un giudizio di merito, insindacabile in sede di legittimità se non per contraddittorietà intrinseca della motivazione o per sua carenza o illogicità. [Secondo il Tribunale, la mancata impugnazione della decisione adottata dall’EUIPO che ha dichiarato la nullità di un marchio registrato dalla società attrice, in accoglimento del ricorso promosso dalla convenuta, non integra gli estremi di una rinuncia ai diritti nascenti dall’accordo di coesistenza stipulato tra le parti.]

Collocamento di azioni nel mancato rispetto delle condizioni previste dall’art. 2358 c.c. in tema di assistenza finanziaria

L’art. 2358 c.c., che prevede le condizioni che rendono possibile l’assistenza finanziaria, afferma nel suo principio generale un divieto che ha carattere imperativo, posto che detto divieto laddove non derogato in ragione della sussistenza delle condizioni di ammissibilità dell’assistenza finanziaria è chiaramente diretto ad impedire operazioni che possano determinare un’erosione anche potenziale del capitale sociale, nell’interesse dei creditori della società. L’imperatività del divieto di assistenza finanziaria si scorge nel fatto che il legislatore ha voluto escludere il rischio della non effettività, totale o parziale, del conferimento dei nuovi soci al tempo dell’aumento di capitale, con ricaduta sul patrimonio netto, stante il rischio di inadempimento del socio entrante, inadempimento che sarà riferito all’obbligazione del rimborso del finanziamento, non a quella del conferimento, già adempiuta con i mezzi finanziari messi a disposizione della società.

Deve escludersi che le norme imperative la cui violazione comporta la nullità del contratto siano solo quelle che si riferiscano alla struttura o al contenuto del regolamento negoziale delineato dalle parti. L’area delle norme inderogabili, la cui violazione può determinare la nullità del contratto in conformità al disposto dell’art. 1418, co. 1, c.c., è più ampia di quanto parrebbe a prima vista suggerire il riferimento al solo contenuto del contratto medesimo, dovendosi ricomprendere in essa anche le norme che, in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni, oggettive o soggettive, direttamente o indirettamente, vietano la stipulazione stessa del contratto, per cui ove il contratto venga stipulato, nonostante il divieto imposto dalla legge, è la stessa sua esistenza a porsi in contrasto con la norma imperativa e non par dubbio che ne discenda la nullità dell’atto per ragioni ancora più radicali di quelle dipendenti dalla contrarietà a norma imperativa del contenuto dell’atto. Ne consegue che, ove un collocamento di azioni avvenga nel mancato rispetto delle condizioni previste dall’art. 2358 c.c. e, quindi, in violazione del divieto di assistenza finanziaria, la sanzione comminabile sarà quella della nullità.

L’interesse preminente tutelato dal legislatore con l’art. 2358 c.c. è quello della società e dei creditori all’integrità del capitale sociale, interesse rilevante anche per le società cooperative per azioni.

Quanto alle banche costituite in forma cooperativa si rileva che la disciplina che limita le operazioni che possono mettere a rischio il capitale non può dirsi incompatibile con la finalità mutualistica propria delle cooperative, tanto che l’art. 2529 c.c. prevede una regolamentazione specifica in tema di acquisto di proprie azioni, pur non derogando espressamente alla disciplina delle altre operazioni vietate, quali quelle di assistenza finanziaria. Così non può dirsi incompatibile con la natura delle società cooperative la necessità di delibera assembleare autorizzativa ex art. 2358 c.c., posto che se è esclusivo compito degli amministratori l’ammissione di nuovi soci, non è possibile escludere di per ciò stesso la necessità di delibera assembleare per autorizzare gli amministratori a collocare azioni mediante l’operazione di assistenza finanziaria.

L’abrogazione dell’art. 9 d.lgs. 105/1948 – che prevedeva la possibilità per la società di accordare anticipazioni ai soci sulle proprie azioni entro i limiti stabiliti caso per caso dall’organo cui per legge era demandata la vigilanza sulle aziende di credito, limiti che non potevano in ogni caso eccedere il 40 % delle riserve legali – e il disposto dell’art. 150 bis t.u.b. – che indica espressamente quali norme del codice civile non si applicano alle banche popolari e non novera tra queste quella di cui all’art. 2358 c.c. – autorizzano a ritenere che sussista anche per le banche popolari il divieto di finanziare l’acquisto di proprie azioni secondo il paradigma dell’art. 2358 c.c.

29 Aprile 2021

Istanza cautelare di sospensiva di delibera di società di persone e modifica del criterio di distribuzione degli utili

Deve ritenersi ammissibile in corso di causa – secondo le regole generali – l’istanza anticipatoria di sospensione degli effetti della delibera impugnata, ponendo l’art. 2378 c.c. un vincolo solo quanto alla preventiva instaurazione del giudizio di merito. L’istanza cautelare deve ritenersi ammissibile anche in relazione all’impugnativa delle delibere di società di persone.

Nelle società semplici il contratto può essere modificato esclusivamente con il consenso di tutti i soci se non è convenuto diversamente ex art. 2252 c.c. Se tale deroga è prevista dallo stesso atto costitutivo, deve ritenersi legittima la delibera dei soci che deroghi al criterio ordinario di ripartizione degli utili ex art. 2263 c.c., introducendo un diverso criterio, purché rispettoso del principio dell’art. 2265 c.c.

Viola il divieto di patto leonino un accordo di investimento che consenta al socio di sottrarsi ad ogni forma di perdita

Un accordo di investimento e patto parasociale che preveda l’inserimento di una c.d. opzione put a prezzo convenzionalmente stabilito può considerarsi concluso in violazione del divieto di patto leonino ex art. 2265 c.c. solo se dall’esame dell’intero e complessivo sistema di clausole dell’accordo in cui l’opzione è inserita emerge la realizzazione di una forma di finanziamento elusivo della causa societatis, idoneo ad escludere il socio in modo assoluto e costante da ogni forma di perdita del capitale sociale.  In tal senso non è meritevole di tutela ex art. 1322 c.c. per difetto o illiceità della causa concreta un accordo di investimento e patto parasociale con cui viene attribuito ad un socio un diritto di opzione put a prezzo convenzionalmente stabilito, esercitabile anche nell’ipotesi di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, in quanto il caso contrario gli consentirebbe di sottrarsi illegittimamente e in modo assoluto e costante da ogni forma di perdita, potendo egli sempre ottenere senza la sopportazione di alcun rischio il rimborso del proprio credito mediante la mera retrocessione della partecipazione sociale al prezzo prestabilito (nel caso di specie ciò era possibile anche nell’ipotesi di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale).