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Art. 1704 c.c.
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22 Giugno 2023

Cessione di quote e revoca dell’amministratore

Ai sensi dell’art. 1395 c.c. è esclusa l’annullabilità del contratto stipulato dal rappresentante con se stesso in due ordini di casi: nel caso in cui a ciò sia stato autorizzato il procuratore con la procura ovvero nel caso in cui il contenuto del contratto sia predeterminato in modo da prevenire la possibilità di un conflitto di interessi che è visto come intrinseco in tale modalità di stipulazione.

Nell’ipotesi di mandato conferito nell’interesse del mandatario con attribuzione di procura, la irrevocabilità del mandato è limitata al rapporto interno tra il mandante ed il mandatario e, pertanto, la validità del contratto concluso con il terzo dal mandatario, resta subordinata alla permanenza del potere di rappresentanza ed alla mancanza di revoca della procura. La revoca della procura determina la estinzione del potere di rappresentanza (art. 1396 c.c.) con la conseguenza che il contratto concluso dal rappresentante senza potere è privo di efficacia

La scelta di revocare gli amministratori è dalla legge rimessa all’assemblea ma è contemperata dalla previsione, per il caso di revoca senza giusta causa, del diritto dell’amministratore revocato al risarcimento del danno prodotto dallo scioglimento anticipato del rapporto; in difetto di giusta causa di revoca spetta all’amministratore rimosso dall’ufficio il diritto a percepire il compenso (pattuito o stabilito giudizialmente) fino alla scadenza (cd. periodo differenziale) o in caso di incarico a tempo indeterminato, alla percezione di un compenso la cui quantificazione è determinata nella misura del periodo di mancato preavviso o in via equitativa.

Se è certamente vero che, in caso di revoca senza giusta causa, all’amministratore revocato non è data altra tutela che quella risarcitoria, non può negarsi, tuttavia, che l’amministratore revocato mantenga la propria legittimazione ad impugnare la deliberazione di revoca qualora intenda lamentare che la stessa non è stata correttamente assunta. Invero, la legittimazione degli amministratori ad impugnare le deliberazioni assembleari si fonda non già su un proprio interesse, ma sull’esigenza di tutela dell’interesse generale alla legalità societaria, che implica l’esistenza di un diritto ad impugnare anche nel caso in cui la decisione invalida sia stata approvata dai soci all’unanimità.

Nelle società di capitali, il divieto per l’amministratore, ai sensi dell’art 2390 primo comma cod. civ., di assumere la qualità di socio illimitatamente responsabile in società concorrenti, o di esercitare comunque attività concorrente, tendendo ad evitare che l’amministratore durante il suo ufficio, si trovi in situazioni di dannoso antagonismo con la società amministrata, opera a prescindere dal momento in cui egli abbia assunto la qualità incompatibile, od intrapreso l’attività concorrente, ed anche, quindi, se le indicate situazioni siano non successive, ma preesistenti alla sua nomina. In entrambi i casi pero, l’inosservanza del divieto in questione non tocca la validità della delibera assembleare di nomina dell’amministratore, né determina, nella seconda ipotesi, l’ineleggibilità del medesimo, ma comporta solo l’obbligo per l’amministratore di dismettere la qualità o l’attività incompatibile, al fine di non esporsi alla sanzione della revoca, salvo che abbia ricevuto autorizzazione in forza di rituale delibera della assemblea dei soci, od in forza di espressa clausola dello statuto. Non si ha, quindi, né invalidità della delibera né ineleggibilità dell’amministratore che operi quale amministratore anche di altra società concorrente, ma solo causa di revoca rimessa all’assemblea.

3 Dicembre 2021

Azione surrogatoria e pregiudizio dei diritti del mandatario nel contesto di un contratto di finanziamento

L’art. 1705, comma 1, c.c., dispone che il mandatario senza rappresentanza diviene titolare dei diritti ed obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi “anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato”. Dal ché si desume che un mandato senza rappresentanza non diviene mandato con rappresentanza sol perché conosciuto dal terzo.
Invero l’art. 1705 comma 2 c.c., oltre a precisare che i terzi non hanno alcun rapporto con il mandante, aggiunge che il mandante può sostituirsi al mandatario nell’esercizio dei diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato, “salvo che ciò possa pregiudicare i diritti attribuiti al mandatario dalle disposizioni che seguono”.
Tra i diritti richiamati vi è quello stabilito dall’art. 1721 c.c., secondo cui: “Il mandatario ha diritto di soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti dagli affari che ha conclusi, con precedenza sul mandante e sui creditori di questo”.
Il combinato disposto delle norme suindicate trova fondamento anzitutto nel fatto che, rispetto ai negozi conclusi dal mandatario con il terzo, il mandante è terzo estraneo ed in secondo luogo nel fatto che la stipula del mandato obbliga il mandante a proteggere le ragioni del mandatario quanto meno astenendosi dal recargli danno. Da qui il limite alla facoltà del mandante di sostituirsi al mandatario nell’esercizio dei diritti di credito e, con riferimento ai crediti pecuniari, l’espressa previsione di un diritto di prelazione a favore del mandatario, rispetto al mandante, nei rapporti con il terzo.

Non vi sono dunque ostacoli a riconoscere il diritto del terzo debitore a svolgere eccezioni ex artt. 1705 comma 2 e 1721 c.c., nei confronti del mandante che pretenderebbe di sostituirsi al mandatario, a tutela delle ragioni del mandatario e quindi delle proprie ragioni.

(Nel caso di specie le società X e Z risultano socie della società Y. L’attore Fallimento X – dopo che X stessa nulla hanno versato a Y a titolo di finanziamento – pretenderebbe di sostituirsi a Z – unico soggetto che ha finanziato Y anche per conto ma non in nome di X – nell’esercizio del suo diritto di credito verso Y, sicché, quando questi pagasse al Fallimento X, Z si troverebbe, per riscuotere il suo credito, a doversi insinuare nel Fallimento X stesso, vedendosi soddisfatto in moneta fallimentare.
Ne deriva che la sostituzione del Fallimento X a Z nell’esercizio del diritto di credito verso Y è preclusa perché danneggerebbe in modo grave ed evidente i diritti di credito del mandatario Z.)

 

15 Marzo 2016

Invalidità della procura alle liti e carenza di legittimazione attiva

In caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura ad litem, la condanna al pagamento delle spese processuali deve essere rivolta nei confronti della parte e non del difensore, la cui attività, seppur provvisoria, ha comunque determinato l’instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria [ LEGGI TUTTO ]