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Art. 2377 c.c.
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12 Novembre 2018

Sostituzione di una delibera di approvazione del bilancio invalida

Anche qualora il vizio di una decisione assembleare consista – come nel caso di decisioni approvative di bilanci redatti in violazione delle regole inderogabili dettate dagli artt. 2423 e segg. c.c. – nell’illiceità del suo oggetto, la delibera non può esser invalida ove, accogliendo l’invito e le indicazioni del Tribunale, sia sostituita da altra presa in conformità della legge; l’intervenuta sanatoria del vizio originariamente denunciato a seguito della riapprovazione del bilancio determina la sopravvenuta carenza di interesse a sentir invalidare la precedente decisione e di conseguenza la sopravvenuta cessazione della materia del contendere.

25 Settembre 2018

Legittimazione dell’organo gestorio all’impugnazione delle deliberazioni assembleari

Il potere di impugnare le deliberazioni assunte dall’assemblea dei soci, contrarie alla legge o all’atto costitutivo, è riconosciuto agli amministratori delle società per azioni dall’articolo 2377, comma II, c.c., e spetta al Consiglio di amministrazione e non ai singoli amministratori che compongono l’organo collegiale. Nel caso di specie, il potere di impugnare la delibera ritenuta invalida avrebbe dovuto, pertanto, essere esercitato dall’intero organo collegiale e previa apposita deliberazione. [ LEGGI TUTTO ]

5 Settembre 2018

Impugnazione di delibera assembleare di S.r.l.: decadenza e interesse a impugnare.

L’impugnazione della delibera assembleare di S.r.l. è senz’altro tardiva rispetto alla denuncia di vizi di annullabilità, quali sono pacificamente considerati i vizi di abuso e di eccesso di potere, se detti vizi non sono fatti valere ex art. 2479 ter, co.1, c.c. entro il termine di novanta giorni dalla trascrizione della delibera nel libro delle decisioni dei soci. [ LEGGI TUTTO ]

30 Luglio 2018

Efficacia della delibera assembleare invalida ai soli fini di cui all’art. 2377, comma 8, c.c.

L’invalidità accertata incidenter tantum – ai soli fini di cui all’art. 2377, comma 8, c.c. – della delibera assembleare successiva a quella impugnata, non è idonea a privarla in via generale della efficacia sua propria, essendo tale valutazione idonea solo ad eliderne la valenza per così dire sanante rispetto alla invalidità della delibera impugnata.

24 Luglio 2018

Sospensione cautelare di delibere assunte con l’esclusione dal voto di un socio per asserita violazione della prelazione

Ai fini di un procedimento cautelare d’urgenza, laddove lo statuto preveda la competenza di un collegio arbitrale per l’impugnazione delle deliberazioni dei cui effetti si chiede la sospensione con ricorso ex art. 700 c.p.c., è sufficiente a determinare la pendenza del procedimento arbitrale il deposito di istanza di nomina degli arbitri. Da un lato perché – prevedendo – il primo atto con cui la parte che agisce manifesta la relativa volontà ed innesca l’inizio del procedimento è appunto l’istanza di nomina degli arbitri rivolta all’autorità giudiziaria preposta alla loro nomina ex art. 810 commi 3 e 4 c.p.c.; dall’altro perché ogni altro e successivo atto non dipende dalla sua attività processuale, ma dall’attività processuale di altri, cioè dell’Autorità alla quale è richiesta la nomina degli arbitri, talché sarebbe del tutto incongruo far dipendere dall’operato di quest’ultima il rispetto o no del termine perentorio di impugnazione che fa capo invece alla parte. Men che meno si potrebbe avere riguardo allo scambio del primo scritto difensivo, poiché esso suppone che il collegio arbitrale si sia insediato (art. 816 bis c.p.c.).

Nel caso di specie, risulta sussistente il periculum in mora – che l’art. 2378 commi 3 e 4 c.c. presuppone per la concessione di un provvedimento d’urgenza sospensivo dell’esecuzione e degli effetti della deliberazione dei soci. Invero, tale requisito va valutato apprezzando comparativamente il pregiudizio che subirebbe il socio ricorrente (che è stato escluso dalla votazione per un’asserita violazione della prelazione) dalla mancata sospensione delle delibere impugnate ed il pregiudizio che subirebbe la società dalla sospensione delle delibere stesse. Orbene, come noto, la società come tale non è titolare di qualificate posizioni soggettive in ordine al fatto che l’organo amministrativo o di controllo siano composti da determinate persone piuttosto che da altre. Dunque, dalla sospensione delle deliberazioni la società non subisce alcun pregiudizio. Viceversa il socio escluso dalla votazione subisce un grave pregiudizio consistente: (i) anzitutto nel non poter esprimere il diritto di voto che gli appartiene in ragione della titolarità del 50% del capitale sociale, diritto che, in caso di partecipazione all’assemblea, si traduce in diritto di veto, esercitabile nei limiti della buona fede. Ciò vale, rispetto alle delibere impugnate, con riferimento ai compensi degli amministratori ed alla nomina dei sindaci; (ii) in secondo luogo e soprattutto, nel vedere eliminato il proprio diritto di nominare due amministratori della società, e di concorrere alla nomina del presidente e del vice presidente del c.d.a.; (iii) in terzo luogo, l’esclusione comporterebbe l’esclusione dell’esercizio, da parte sua, di tutti i diritti amministrativi, non solo di quello di voto.

6 Giugno 2018

Cessazione della materia del contendere per sostituzione della delibera impugnata

Il tenore dell’art. 2377, co. 8 c.c. consente di escludere che il rilievo relativo alla sostituzione della delibera impugnata con altra presa in conformità della legge e dello statuto integri una eccezione non rilevabile d’ufficio. La norma, infatti, contiene un comando per il giudice il quale non potrà pronunziare l’annullamento della delibera, dovendo egli pronunciare la cessazione della materia del contendere. Al giudice spetta, comunque, di valutare la validità della deliberazione sostitutiva e, quindi, di accertare, ai fini della condanna alle spese di lite, la soccombenza virtuale e, dunque, la fondatezza dell’originaria impugnazione della delibera sostituita. In altre parole, la conformità a legge e statuto della seconda delibera è compresa tra i fatti costitutivi dell’effetto sanante o, comunque, tra quelli impeditivi del provvedimento che il giudice è chiamato ad emanare nel giudizio di annullamento.

24 Maggio 2018

Assemblea s.r.l.: inderogabilità del potere di convocazione dei soci

Lo statuto delle società a responsabilità limitata non può escludere il potere dei soci – che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale – di convocare l’assemblea, i quali ne restano titolari anche qualora lo statuto lo riservi esclusivamente agli amministratori della società stante l’inderogabilità dell’art. 2479 co. 1 c.c.

14 Maggio 2018

Legittimazione attiva per l’impugnativa della delibera del CdA; differenza tra arbitrato rituale e irrituale

Ai sensi dell’art. 2388, co. 4, c.c., le deliberazioni del consiglio di amministrazione che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere impugnate solo dal collegio sindacale e dagli amministratori assenti o dissenzienti entro novanta giorni dalla data della deliberazione. Possono, altresì, essere impugnate dai soci le deliberazioni lesive dei loro diritti. La norma, poi, rinvia agli artt. 2377 e 2378 c.c. in quanto compatibili. La suddetta disposizione, quindi, limita espressamente la legittimazione ad impugnare ai soli amministratori assenti o dissenzienti. Inoltre, l’espresso rinvio ai soli artt. 2377 e 2378 c.c. e non al successivo art. 2379 c.c. induce a ritenere che, dal punto di vista dell’invalidità, tutte le decisioni consiliari vadano assoggettate alla medesima disciplina e, in particolare, quella della annullabilità, ciò impedendo che le delibere suddette possano essere impugnate da chiunque vi abbia interesse. In ogni caso, si deve escludere che la società stessa possa impugnare la delibera emessa da uno dei propri organi.

In virtù del principio di autonomia della clausola compromissoria, essa ha un’individualità nettamente distinta dal contratto nel quale inserita, non costituendone un accessorio. Ne consegue che la nullità del negozio sostanziale non travolge, per trascinamento, la clausola compromissoria in esso contenuta, restando rimesso agli arbitri l’accertamento della dedotta invalidità.

La clausola di arbitrato irrituale consiste in una normale clausola negoziale, con la quale le parti non hanno inteso derogare alla giurisdizione, ma hanno conferito un mandato negoziale ad un terzo incaricato di comporre una lite, sostituendosi alla volontà dei contraenti, mediante composizione amichevole, conciliativa o transattiva, o mediante negozio giuridico di mero accertamento. La differenza tra abitrato rituale e arbitrato irrituale va ravvisata nel fatto che, nel primo, le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all’art. 825 c.p.c., con l’osservanza delle regole del procedimento arbitrale, mentre nel secondo esse intendono affidare all’arbitro (o agli arbitri) la soluzione di controversie (insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici) soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà. Ne consegue che ha natura di arbitrato irrituale quello previsto da una clausola compromissoria che enunci l’impegno delle parti di considerare il carattere definitivo e vincolante del lodo, al pari del negozio tra le parti concluso e, quindi, come espressione della propria personale volontà, restando, di contro, irrilevanti sia la previsione della vincolatività della decisione, anche se firmata solo dalla maggioranza degli arbitri, dato che pure l’arbitrato libero ammette tale modalità, in difetto di una contraria volontà delle parti, e sia la previsione di una decisione secondo diritto, senza il rispetto delle forme del codice di rito, ma nel rispetto del contraddittorio, attesa la sua compatibilità con l’arbitrato libero e il necessario rispetto anche in quest’ultimo del principio del contraddittorio, in ragione dello stretto collegamento esistente tra il principio di cui all’art. 101 c.p.c. e gli artt. 2, 3 e 24 Cost. ed in consonanza con l’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

17 Aprile 2018

Il bilancio approvato dall’assemblea della Società Cooperativa ha efficacia di piena prova riguardo ai crediti vantati nei confronti dei soci

La domanda di pagamento formulata da parte di una cooperativa nei confronti dei propri soci, per ottenere il pagamento di crediti derivanti da ristorni negativi, rientra nella competenza delle Sezioni specializzate in materia di Impresa. [ LEGGI TUTTO ]