hai cercato articoli in
Art. 2393 c.c.
338 risultati

Azione di responsabilità: costituzione in mora e giudizio d’appello

Ai fini della valida costituzione in mora idonea ad interrompere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti dei membri degli organi sociali, non è necessaria l’individuazione degli specifici addebiti né la distinzione tra le posizioni dei diversi amministratori e sindaci, ma è sufficiente, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto.

La parte appellante che intenda censurare l’interpretazione fornita dal primo giudice ai documenti prodotti dalla parte vittoriosa, laddove quest’ultima non si sia costituita in appello e tali documenti non siano stati perciò acquisiti nel relativo giudizio mediante la produzione del fascicolo di parte, ha l’onere di produrli, estraendone copia ai sensi dell’art. 76 disp. att. c.p.c.; in caso contrario, il giudice di secondo grado non può esaminarli e, di conseguenza, gli è preclusa la verifica della fondatezza dei motivi d’appello connessi alla valutazione di quei documenti.

Risulta viziata da ultrapetizione la sentenza di primo grado che abbia condannato un amministratore al risarcimento dell’intero danno, in solido con gli altri membri degli organi sociali convenuti, senza al contempo limitarne la responsabilità all’importo indicato dall’attore stesso nell’atto di citazione, quale ammontare del danno imputabile a quell’amministratore.

8 Luglio 2021

Azione esercitata dal curatore fallimentare: responsabilità dell’amministratore e del socio di s.r.l.

L’amministratore di società a responsabilità limitata è responsabile in relazione ad ogni accadimento che investa il valore dell’attivo non rinvenuto dal fallimento e pertanto ha l’obbligo giuridico di fornire la dimostrazione della destinazione dei beni presenti nel patrimonio, con la conseguenza che dalla mancata dimostrazione può essere legittimamente desunta la prova della loro distrazione od occultamento.

Giacché l’art. 2476, co. 8 c.c. postula un legame di solidarietà passiva tra amministratore e socio, il socio non amministratore, responsabile della decisione o dell’autorizzazione a compiere un determinato atto dannoso, può esser chiamato a rispondere per danni cagionati alla società o a terzi soltanto se sia configurabile anche una responsabilità dell’amministratore.

24 Giugno 2021

Azione sociale di responsabilità promossa dal curatore fallimentare: natura della responsabilità ed onere della prova

Le condotte distrattive e di mala gestio degli ex amministratori della società fallita sono sussumibili in primis in fattispecie di responsabilità sociale – di natura contrattuale – per il danno arrecato al patrimonio sociale, e pertanto ai sensi degli artt. 146 l.fall e 2476 c.c. (e 2393 c.c.), con consequenziale onere a carico dei convenuti – a fronte della circostanziata allegazione di inadempimento e ai fini dell’art. 2697 c.c. – di provare l’esatto adempimento degli obblighi sugli stessi gravanti.

18 Giugno 2021

Nesso causale tra condotta dell’amministratore e danno, conseguenze della mancata dimostrazione della destinazione dei beni presenti nel patrimonio

L’azione ex art. 146 l. fall. presenta natura inscindibile ed unitaria, in quanto cumula le due possibili forme di tutela previste per la società e per i creditori le quali si trasferiscono, con l’apertura del fallimento, in capo al curatore.

La responsabilità dell’amministratore sussiste solo in presenza (i) della violazione degli obblighi posti a suo carico dalla legge o dallo statuto, (ii) della causazione di un danno al patrimonio sociale e (iii) di un nesso causale tra la violazione dei doveri e la produzione del danno. Una volta individuati quindi i comportamenti violativi, che siano addebitabili agli organi gestori, occorre dedurre e provare che gli stessi abbiano arrecato un danno al patrimonio sociale (e quello conseguente alle aspettative dei creditori) e che tra condotta e pregiudizi sussista un nesso causale.

L’inadempimento rilevante nell’ambito delle azioni di responsabilità da risarcimento del danno nelle obbligazioni cosiddette di comportamento non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisca causa (o concausa) efficiente del danno sicché l’allegazione del creditore non può attenere ad un inadempimento, qualunque esso sia, ma ad un inadempimento per così dire qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno. Sull’attore grava l’onere di allegare, e poi di provare, gli altri elementi indispensabili per aversi responsabilità civile, che sono perciò al tempo stesso elementi costitutivi della domanda risarcitoria: danno e nesso di causalità.

L’amministratore ha l’obbligo giuridico di fornire la dimostrazione della destinazione dei beni presenti nel patrimonio, con la conseguenza che dalla mancata dimostrazione può essere legittimamente desunta la prova della loro distrazione od occultamento.

11 Giugno 2021

Inadempimento all’obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili

Eventuali irregolarità nella tenuta delle scritture contabili e nella redazione dei bilanci possono certamente rappresentare lo strumento per occultare pregresse operazioni illecite ovvero per celare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, n. 4 c.c. e così consentire l’indebita prosecuzione dell’ordinaria attività gestoria in epoca successiva alla perdita dei requisiti di capitale previsti dalla legge. In tali ipotesi il danno risarcibile è rappresentato dagli effetti patrimoniali delle condotte che con quei falsi di sono occultate o che grazie a quei falsi sono state consentite. Tali condotte, dunque, devono essere specificamente contestate da parte attrice, non potendo il giudice individuarle e verificarle d’ufficio.

10 Giugno 2021

Responsabilità degli amministratori: azione esercitata dal curatore e business judgment rule

L’azione ex art. 146 l. fall. presenta natura inscindibile ed unitaria, in quanto cumula le due possibili forme di tutela previste per la società e per i creditori le quali si trasferiscono, con l’apertura del fallimento, in capo al curatore. Essa non rappresenta quindi un tertium genus, potendo fondarsi su presupposti sia dell’una che dell’altra azione, fermo il rispetto delle regole e degli oneri probatori inerenti a ciascuna. L’azione di responsabilità, esercitata dal curatore ai sensi dell’art. 146 l. fall., cumula in sè le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c., a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, onde il curatore può formulare istanze risarcitorie tanto con riferimento ai presupposti della loro responsabilità contrattuale verso la società, quanto a quelli della responsabilità extracontrattuale nei confronti dei creditori; tuttavia, una volta effettuata la scelta nell’ambito di ogni singola questione, egli soggiace anche agli aspetti eventualmente sfavorevoli dell’azione individuata, riguardando le divergenze non solo la decorrenza del termine di prescrizione, ma anche l’onere della prova e l’ammontare dei danni risarcibili.

La responsabilità dell’amministratore sussiste solo in presenza (i) della violazione degli obblighi posti a suo carico dalla legge o dallo statuto, (ii) della causazione di un danno al patrimonio sociale e (iii) di un nesso causale tra la violazione dei doveri e la produzione del danno. Una volta individuati quindi i comportamenti violativi, che siano addebitabili agli organi gestori, occorre dedurre e provare che gli stessi abbiano arrecato un danno al patrimonio sociale (e quello conseguente alle aspettative dei creditori) e che tra condotta e pregiudizi sussista un nesso causale.

L’inadempimento rilevante nell’ambito delle azioni di responsabilità da risarcimento del danno nelle obbligazioni cosiddette di comportamento non è qualunque inadempimento , ma solo quello che costituisca causa (o concausa) efficiente del danno, sicché l’allegazione del creditore non può attenere ad un inadempimento, qualunque esso sia, ma ad un inadempimento per così dire qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno. Sull’attore grava l’onere di allegare, e poi di provare, gli altri elementi indispensabili per aversi responsabilità civile, che sono perciò al tempo stesso elementi costitutivi della domanda risarcitoria: danno e nesso di causalità.

In sede di verifica dell’adempimento da parte dell’amministratore al dovere di agire con la dovuta diligenza non possono essere sottoposte a sindacato di merito le scelte gestionali discrezionali compiute dagli amministratori, sempre che si tratti di scelte relative alla gestione dell’impresa sociale e, pertanto, caratterizzate dall’assunzione di un rischio. Ciò trova il proprio fondamento nel principio secondo il quale gli amministratori non hanno l’obbligo di amministrare la società con successo economico, avendo esclusivamente il dovere di agire con la dovuta diligenza. L’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali di gestione tuttavia non è assoluta. Sotto il profilo della relativa legittimità rileva, infatti, il modo con cui le scelte sono state assunte ed attuate, ossia il percorso decisionale che ha portato a preferire una determinata scelta, rispetto ad un’altra. Se è vero, infatti, che non sono sottoposte a sindacato di merito le scelte gestionali discrezionali, anche se presentino profili di alea economica superiori alla norma, resta invece valutabile la diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente — se necessario, con adeguata istruttoria — i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere, così da non esporre l’impresa a perdite, altrimenti prevenibili. Spetta al giudice ripercorrere il procedimento decisionale, onde verificare che la decisione degli amministratori sia stata coerente e congrua rispetto alle informazioni da questi raccolte e valutare l’eventuale violazione del dovere di diligenza in relazione ai normali criteri che dovrebbero ispirare l’operatore economico, ossia liceità, razionalità, congruità, attenzione. Sotto il profilo della ragionevolezza della scelta e della prevedibilità dei risultati, gli amministratori devono poi ritenersi responsabili nei confronti della società quando le decisioni assunte non fossero in alcun modo idonee a realizzare l’interesse della società, in quanto avventate o irrazionali, tali da permettere agli amministratori di prevedere l’erroneità dell’operazione compiuta.

Gli amministratori andranno esenti da responsabilità nel caso in cui provino di aver in buona fede raggiunto una decisione adeguatamente informata, ragionevole e in assenza di un interesse in conflitto con quello della società e di aver seguito le cautele e svolto le verifiche che si imponevano nel singolo caso. Le scelte gestionali connotate da discrezionalità soggiacciono alla c.d. business judgment rule, secondo la quale è preclusa al giudice la valutazione del merito di quelle scelte ove queste siano state
effettuate con la dovuta diligenza nell’apprezzamento dei loro presupposti, delle regole di scienza ed esperienza applicate e dei loro possibili risultati, essendo consentito al giudice soltanto di sanzionare le scelte negligenti, o addirittura insensate, macroscopicamente ed evidentemente dannose ex ante.

9 Giugno 2021

Responsabilità contrattuale del Presidente del CdA per violazione degli obblighi derivanti dalla carica esercitata e conseguente responsabilità solidale dei consiglieri

La responsabilità dolosa di un amministratore, risultante della valutazione da parte del giudice penale, può essere assunta a fondamento del convincimento del giudice in sede civile, solo nel caso in cui gli accertamenti in fatto contenuti nella sentenza penale siano invocati nel giudizio civile con efficacia di giudicato.

La mancata attivazione di una garanzia costituisce condotta colposa riferibile, in primo luogo, al Presidente del Consiglio di Amministrazione sotto cui il governo sono maturate le condizioni per la sua attivazione, e non attribuibile agli amministratori sotto il cui governo spirò il termine prescrizionale. È dunque addebitabile al Presidente del Consiglio di Amministrazione il fatto che lo stesso, in violazione del dovere di conservazione del patrimonio della società, non abbia convocato il CdA (ai sensi dell’art. 2381 c.c.), al fine di deliberare su tale argomento.

La sospensione della prescrizione dell’azione di responsabilità nei confronti del Presidente del CdA fino alla di lui cessazione della carica (ai sensi dell’art. 2941 c.c.), non ha effetto riguardo agli altri consiglieri, che sono cessati dalla carica in un momento precedente. Tuttavia, ai sensi dell’art. 1310 comma 2 c.c., il Presidente del CdA, che in qualità di debitore sia stato costretto a pagare, ha regresso contro i consiglieri (condebitori) liberati in conseguenza della prescrizione. Inoltre, per come riconosciuto dalla Suprema Corte, se il condebitore solidale paga al creditore una somma maggiore rispetto a quella dovuta, ha diritto di regresso – ex art. 1299 comma 1 c.c. – anche se non ha corrisposto il pagamento dell’intero debito, in quanto anche in questo caso ha subito un depauperamento del proprio patrimonio oltre il dovuto, con corrispondente indebito arricchimento dei condebitori.

L’aver fatto affidamento e l’aver riposto piena fiducia verso il Presidente del CdA, non vale ad escludere profili di responsabilità per colpa in capo ai consiglieri, che hanno abdicato ad una competenza di esclusiva spettanza del CdA. Parimenti a nulla rileva il fatto che i consiglieri si dichiarino estranei alle attività poste in essere al di fuori delle sedute del CdA e alle contestate modalità di attuazione dell’operazione, adducendo che, secondo le assicurazioni fornite, l’operazione sarebbe stata posta in essere, previe le necessarie verifiche e l’adozione delle più opportune garanzie. L’illegittimità della delega comporta che i consiglieri debbano rispondere come di fatto proprio delle condotte che non avrebbero dovuto delegare e che sono state connotate da negligenza.

 

8 Giugno 2021

Azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare: quantificazione e prova del danno risarcibile

Sul tema della quantificazione del danno, nel caso di azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare contro gli ex amministratori, compete a chi agisce dare la prova della sua esistenza, del suo ammontare e del fatto che esso sia stato causato dal comportamento illecito di un determinato soggetto, “potendosi configurare un’inversione dell’onere della prova solo quando l’assoluta mancanza, ovvero l’irregolare tenuta delle scritture contabili, rendano impossibile al curatore fornire la prova del predetto nesso di causalità; in questo caso, infatti, la citata condotta, integrando la violazione di specifici obblighi di legge in capo agli amministratori, è di per sè idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio” (così Cass. civ., Sez. I, 04.04.2011, n. 7606).

Le irregolarità nella tenuta delle scritture contabili e nella redazione dei bilanci integrano violazione dei doveri dell’amministratore

L’azione di responsabilità contro gli amministratori esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 L.F. compendia in sé le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c., con conseguente possibilità per il curatore di cumulare i vantaggi di entrambe le azioni sul piano del riparto dell’onere della prova, del regime della prescrizione (art. 2393 comma 4, 2941 n. 7, 2949 e 2394 comma 2 c.c.) e dei limiti al risarcimento (art. 1225 c.c) ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, patrimonio visto unitariamente come garanzia sia per i soci che per i creditori sociali.

Eventuali irregolarità nella tenuta delle scritture contabili e nella redazione dei bilanci possono rappresentare lo strumento per occultare pregresse operazioni illecite ovvero per celare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484 n. 4 c.c. e così consentire l’indebita prosecuzione dell’ordinaria attività gestoria in epoca successiva alla perdita dei requisiti di capitale previsti dalla legge. In tali ipotesi il danno risarcibile è rappresentato all’evidenza, non già dalla misura del “falso”, ma dagli effetti patrimoniali delle condotte che con quei falsi si sono occultate o che grazie a quei falsi sono state consentite.

Responsabilità per irregolare o disordinata tenuta della contabilità e onere di contestazione

L’irregolare e anche disordinata tenuta della contabilità o redazione dei bilanci integra una violazione dei doveri dell’amministratore potenzialmente, ma non necessariamente, foriera di danno per la società. In tali ipotesi il danno risarcibile è rappresentato all’evidenza, non già dalla misura del “falso”, ma dagli effetti patrimoniali delle condotte che con quei falsi sono occultate o che grazie a quei falsi sono state consentite. Anche nell’azione di responsabilità contro gli amministratori esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 L.F., che compendia in sé le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c., tali condotte dunque devono essere specificamente contestate da chi agisce per il risarcimento del danno, non potendo il giudice individuarle e verificarle d’ufficio.