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Art. 2447 c.c.
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2 Dicembre 2019

Azione ex art. 2497 cod. civ.: non sussiste litisconsorzio necessario tra la controllante e i suoi amministratori che abbiano preso parte al fatto lesivo

Il creditore è libero di agire in giudizio contro qualunque debitore solidale, senza necessità di evocare in giudizio tutti o determinati debitori: ciò vale anche rispetto all’azione di responsabilità per abuso di direzione e coordinamento, non sussistendo litisconsorzio necessario tra essa e i suoi amministratori nell’ipotesi di responsabilità solidale di cui all’art. 2497, secondo comma, c.c..

Il curatore fallimentare della società soggetta a direzione e coordinamento può evocare in giudizio gli amministratori della controllante che abbiano preso parte al fatto lesivo, e siano responsabili ai sensi dell’art. 2497, secondo comma, c.c., senza essere tenuto ad agire contro la controllante medesima.

Ove la società acquisti un’azienda il cui valore è pari allo zero, il danno arrecato alla società è pari al prezzo di acquisto, anche ove la provvista per pagare il corrispettivo arrivi da un finanziamento della controllante.

In caso di azione di responsabilità ex artt. 2393 e 2394 c.c. promossa dal curatore fallimentare, in presenza di alcuni debitori transigenti, deve essere valutata anche la quota ideale di responsabilità di questi, al fine di valutare l’esistenza e l’entità dell’eventuale credito del Fallimento nei confronti dei convenuti che non hanno transatto. In applicazione del principio di parità di cui all’art. 1298 c.c., il debito residuo da richiedersi ai debitori non transigenti, deve essere determinato operando la riduzione in ragione delle parti che hanno transatto, in misura pari all’importo della quota ideale di debito.

Gli amministratori privi di delega rispondono delle conseguenze dannose della condotta degli amministratori con delega soltanto qualora siano a conoscenza di necessari dati di fatto tali da sollecitare il loro intervento, ovvero abbiano omesso di attivarsi per procurarsi gli elementi necessari ad agire informati. Al pari, all’amministratore assente all’adunanza durante la quale è stato deliberato il compimento dell’atto costituente mala gestio ex artt. 2393 e 2394 c.c., deve essere addebitato il fatto a titolo di colpa nella causazione del danno.

2 Dicembre 2019

Obbligo di riduzione del capitale sociale ex art. 2447 c.c. e divieto di ricerca di nuovi finanziatori

Una volta preso atto della perdita del capitale sociale ai sensi dell’art 2447 c.c., l’organo amministrativo deve immediatamente procedere con i previsti adempimenti, senza che gli stessi adempimenti possano essere sostituiti da ricerche di nuovi finanziatori. La perdita del capitale sociale impone il rispetto dell’art. 2447 c.c., e non la sua elusione mediante ricerca di nuovi investitori.

26 Novembre 2019

Azione di responsabilità e azione revocatoria esercitate dal curatore fallimentare: presupposti, prescrizione e onere della prova

L’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 l.fall. – cumulativa dei presupposti e degli scopi dell’azione sociale di responsabilità ex artt. 2392 e 2393 c.c. e dell’azione dei creditori sociali ex art. 2394 c.c. – è soggetta alla prescrizione quinquennale con decorso, secondo quanto previsto dall’art. 2395 c.c., dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Il dies a quo di tale azione, dunque, deve essere individuato: quanto all’azione sociale di responsabilità, dal giorno in cui sono percepibili i fatti dannosi posti in essere dagli amministratori ed il danno conseguente; quanto all’azione dei creditori sociali, dal giorno in cui si è manifestata, divenendo concretamente conoscibile, l’insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare i loro crediti.

In particolare, per quanto concerne l’azione dei creditori sociali esercitata dal curatore fallimentare, il dies a quo deve essere individuato nel momento della oggettiva conoscibilità del dato di fatto costituito dall’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti sociali, momento che può essere anteriore o posteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento. L’insufficienza patrimoniale che qui assume rilievo è data dalla eccedenza delle passività sulle attività, momento distinto rispetto all’insolvenza e che può dunque manifestarsi prima di questa. L’onere della prova che l’insufficienza patrimoniale rilevabile dai creditori si sia manifestata prima della dichiarazione di fallimento incombe su colui il quale intenda eccepire l’intervenuta prescrizione dell’azione. Il dies a quo per l’esercizio dell’azione dei creditori sociali non può essere individuato nel momento in cui sono state presentate istanze di fallimento né sono stati ottenuti decreti ingiuntivi, trattandosi di iniziative non destinate ad essere rese pubbliche.

L’amministratore di società, che abbia continuato nella gestione ordinaria della società dopo il verificarsi della causa di scioglimento consistente nella perdita integrale del capitale sociale, è responsabile ai sensi dell’art. 2392 c.c., in quanto la sua condotta si risolve nella violazione di doveri imposti dalla legge agli amministratori e, in particolare, degli artt. 2447, 2485 e 2486 c.c.; in questo caso, il danno deve individuarsi nelle perdite registrate dopo il verificarsi della causa di scioglimento e, ai fini del suo computo, deve essere adottato il metodo della differenza tra i netti patrimoniali (o della perdita incrementale).

Quando l’azione ex art. 2392 c.c. è esercitata dalla curatela fallimentare, la curatela sarà tenuta a provare soltanto l’inadempimento dell’amministratore agli obblighi su di lui gravanti ed il danno derivato dall’inadempimento, restando invece a carico del convenuto l’onere di provare la mancanza di colpa secondo il modello generale previsto, per la responsabilità contrattuale, dall’art. 1218 c.c.

L’azione revocatoria ordinaria ai sensi dell’art. 2901 c.c. esercitata dal curatore fallimentare richiede la dimostrazione, da parte della curatela attrice, oltre che del “consilium fraudis”, anche dell’esistenza dell’”eventus damni”, cioè di un pregiudizio legato all’atto dispositivo che si vuole rendere inefficace, non operando, in tal caso, la presunzione di dannosità alle ragioni della massa dei creditori che colora l’azione revocatoria fallimentare ex art 67 l.fall. Tale pregiudizio deve essere dunque accertato e valutato in concreto: l’atto ritenuto pregiudizievole, cioè, deve aver effettivamente compromesso le ragioni di garanzia patrimoniale rappresentate dal patrimonio del debitore, vanificando o anche semplicemente ostacolando le possibili iniziative dei creditori volte al recupero, seppur coattivo, del credito vantato.

Al fine di verificare la sussistenza di tale pregiudizio, è necessario il confronto tra il patrimonio del debitore subito dopo la modificazione subita a seguito del compimento dell’atto di disposizione che si intende revocare e l’entità dei debiti preesistenti al compimento dell’atto. Quando l’azione revocatoria sia esercitata dal curatore a seguito del fallimento del disponente, nell’interesse di tutti i creditori ammessi al passivo, grava comunque sul curatore l’onere di provare che il credito dei creditori ammessi era già sorto al momento dell’atto asseritamente pregiudizievole, ad esempio evidenziando la presenza, al momento dell’atto di disposizione, di istanze di fallimento già presentate e di decreti ingiuntivi ottenuti a danno del disponente.

Per quanto concerne, invece, la dimostrazione del “consilium fraudis”, si ritiene non sia necessaria l’intenzione di nuocere ai creditori, essendo sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore stesso, del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore, consapevolezza la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni; non è, infine, neppure necessario che il compimento dell’atto abbia definitivamente pregiudicato le ragioni del credito, ma è sufficiente una mera variazione (in peius) del patrimonio del debitore che possa rendere  maggiormente difficoltosa ed incerta l’esazione coattiva del credito. In tal caso il creditore ha solo l’onere di dimostrare la variazione del patrimonio del debitore ma non anche l’entità del residuo.

8 Novembre 2019

Azione di responsabilità esercitata dal curatore e transazione con uno dei condebitori

In tema di azione sociale di responsabilità esercitata dal curatore, la domanda di accertamento della responsabilità dei soggetti convenuti deve intendersi tacitamente proposta, ancorché non espressamente formulata, in quanto istanza che si pone in rapporto di necessaria connessione con il petitum della condanna al risarcimento. [ LEGGI TUTTO ]

4 Ottobre 2019

Svalutazione dei crediti, continuità aziendale e erosione del capitale sociale

È viziata da genericità, ed è quindi inammissibile, l’azione di responsabilità esperita dalla curatela fallimentare nei confronti del passato organo amministrativo fondata sull’omessa svalutazione in blocco di tutti i crediti della società poi fallita nei confronti della clientela dovuta alla perdita di continuità aziendale. Al contrario, l’accertamento di un simile obbligo di svalutazione impone che l’attore indichi analiticamente le circostanze tali per cui ciascun credito era da svalutarsi

21 Settembre 2019

Nullità della delibera assembleare per violazione del diritto di informazione dei soci e requisiti di validità della delibera di rinuncia preventiva all’azione di responsabilità

Il diritto di informazione è strumentale al corretto esercizio del diritto di voto. La sua violazione comporta la nullità della delibera di approvazione del bilancio tenuto conto che in tal modo non viene consentito ai soci di desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole che siano fornite in relazione a ciascuna posta di bilancio. In particolare il diritto di informazione è in rapporto di strumentalità con il principio di chiarezza, e ciò comporta per gli amministratori il dovere di soddisfare l’interesse del socio ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio.

 

In mancanza della relazione degli amministratori sulla situazione della società di cui agli art. 2446 e 2447 da depositare con le osservazioni del collegio sindacale, la delibera assembleare è nulla per totale difetto di informazione dei soci.

 

Affinchè la rinuncia preventiva all’azione di responsabilità verso gli amministratori della società sia espressa validamente dai soci, occorre che in sede di delibera vengano specificamente indicati i fatti gestionali imputati agli amministratori e che, esclusivamente in ragione di essi, i soci deliberino di rinunciare alla conseguente azione in modo consapevole. Una generica rinuncia a qualsiasi titolo e per qualsiasi causa sarebbe, dunque, inammissibile.

Continuità nella gestione in una situazione di verosimile cessazione della continuità aziendale

Non è dilatoria né sconsiderata la condotta intrapresa dall’amministratore unico di una società che – in situazione di verosimile cessazione della continuità aziendale – abbia agito contemperando lo scioglimento della società con l’esigenza di non disperdere il valore della società ricercando medio tempore partner strategici.
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28 Febbraio 2019

Sull’onere probatorio nell’azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare

Nell’azione di responsabilità ex art. 146 l.fall., esercitata dal curatore nei confronti di amministratori e sindaci di S.p.A. fallita, l’inadempimento si presume colposo: se l’allegazione della violazione degli obblighi (che, nel caso della fattispecie dell’azione sociale riguarda doveri imposti dalla legge, dallo statuto o obblighi generali di vigilanza e intervento, mentre, nel caso dell’azione spettante ai creditori sociali, riguarda comportamenti lesivi dell’integrità patrimoniale) grava sul curatore, la prova della mancanza del nesso di causalità tra tali comportamenti e il fatto dannoso, e quindi la prova positiva  dell’osservanza di tali doveri, grava sugli amministratori. In questo contesto, il nesso di causalità non è solo presupposto necessario e sufficiente per affermare la responsabilità risarcitoria, ma anche parametro per l’entità del risarcimento. In particolare, gli obblighi che riguardano la riduzione del capitale per perdite al disotto del minimo legale – prevista come causa di scioglimento, la quale conferisce agli amministratori il potere di gestire la società ai fini della liquidazione – implicano responsabilità non solo per mancanza di accertamento della menzionata causa ma anche per il suo non tempestivo riconoscimento: chi agisce ex art. 2486 c.c. deve dunque fornire evidenza della prosecuzione dell’attività imprenditoriale, dell’avvenuta perdita di capitale e gli atti negoziali posti in essere successivamente – e nonostante – la conoscenza della predetta causa di scioglimento; spetta invece agli amministratori provare che la protrazione dell’attività è dovuta a finalità liquidatorie, connesse all’ordinaria attività di impresa e non comportanti nuovi rischi.

16 Marzo 2018

Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di fatto

In tema di responsabilità degli amministratori di società per azioni, spetta all’amministratore l’onere di dimostrare il proprio adempimento degli obblighi verso la società, nel caso in cui sia proposta contro l’amministratore l’azione di responsabilità.

Tale onere si applica anche nel caso di azione di responsabilità proposta nei confronti dell’amministratore di fatto, in considerazione [ LEGGI TUTTO ]