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Art. 2932 c.c.
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8 Giugno 2021

La dichiarazione della parte non inadempiente di volersi valere della clausola risolutiva espressa non necessita di una procura scritta

L’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo il quale la diffida ad adempiere ha natura negoziale e, in virtù della disciplina della rappresentanza, deve essere sostenuta da una procura rilasciata nella stessa forma della diffida stessa non può estendersi al regime della clausola risolutiva espressa.

Difatti, mediante la diffida ad adempiere la parte adempiente manifesta una volontà ulteriore rispetto al contenuto del contratto nel quale va ad inserire un termine essenziale, in una situazione di già intervenuto inadempimento (cfr. Cass. Sez. Un. n. 14292/2010). Al contrario, in presenza di una clausola risolutiva espressa la parte adempiente gode del diritto potestativo di comunicare alla parte inadempiente di volersi avvalere di detta clausola già inserita nel contratto.

14 Aprile 2021

Diritti ed obblighi del socio di società cooperativa edilizia

In tema società cooperative edilizie, devono essere tenuti distinti due piani, ossia quello del rapporto sociale, connotato dalla mutualità, che intercorre tra i soci ed è destinato ad esaurirsi con la liquidazione della società, e quello sinallagmatico, che si instaura con il trasferimento ai soci degli immobili realizzati dalla cooperativa.

Qualora il socio di una società cooperativa edilizia intenda contestare l’importo richiesto a ciascun socio per il ripianamento dei debiti della cooperativa o i criteri adottati per la sua determinazione, così come oggetto di delibera dell’assemblea dei soci, deve obbligatoriamente procedere con l’impugnazione di tale delibera; in difetto, infatti, il socio non potrà contestare nè l’ammontare del quantum deliberato dall’assemblea nè i criteri adottati per la sua determinazione, ma potrà eccepire solamente errori materiali o fatti successivi a tale delibera (quali eventuali pagamenti già effettuati).

In materia di cooperative edilizie può ravvisarsi l’analogia tra l’atto di prenotazione dell’immobile ed il contratto preliminare di compravendita, anche ai fini dell’emissione di una pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c., purchè in esso siano individuati il socio prenotatario, l’immobile allo stesso destinato ed il corrispettivo.

26 Novembre 2020

Sull’ammissibilità del sequestro giudiziario su partecipazioni in società a responsabilità limitata

Ai fini dell’ammissibilità del sequestro giudiziario è necessario, anzitutto, che l’azione di merito esperita o da esperire, di natura reale o personale, sia funzionale alla restituzione o al rilascio del bene oggetto della richiesta di cautela. Così, l’azione volta ad ottenere il trasferimento della proprietà della partecipazione ai sensi dell’art. 2932, rientra certamente nel novero delle suindicate azioni.

2 Luglio 2020

Adempimento del contratto preliminare e rideterminazione del prezzo di acquisto di partecipazioni sociali in presenza di sopravvenienze passive

Non è annullabile per errore il contratto preliminare di acquisto di partecipazioni sociali che, al verificarsi di determinate circostanze quali la presenza di sopravvenienze passive e/o di passività non contabilizzate, abbia previsto a favore dell’acquirente solo la rimodulazione del prezzo al ribasso e non abbia invece fatto ricorso ad un’espressa clausola di garanzia che consenta alle parti di rafforzare, diminuire o escludere la garanzia, in modo da ricollegare esplicitamente il valore dell’azione al valore del patrimonio sociale dichiarato.

Qualora, poi, si proceda alla rideterminazione del prezzo della quota compravenduta in presenza di sopravvenienze passive, per esse devono intendersi non tutti gli elementi negativi del reddito, ma solo le componenti straordinarie negative, ovvero le passività che derivino da operazioni straordinarie o da eventi eccezionali dovendo quindi sempre tenere presenti nella loro individuazione gli elementi di: (i) straordinarietà; (ii) imprevedibilità; (iii) occasionalità; e (iv) accidentalità.

29 Giugno 2020

Sulla qualità di socio di s.r.l.

Condizione per la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali in una s.r.l. (nel caso di specie il diritto a ricevere il pagamento di dividendi) è l’iscrizione dell’acquisto della quota di partecipazione nel registro delle imprese o, quantomeno, il deposito a registro imprese, per l’iscrizione, dell’atto recante il trasferimento della quota.

Al riguardo, l’art. 2470 cod. civ. – secondo cui il trasferimento delle partecipazioni ha effetto di fronte alla società dal momento del deposito del relativo atto – è una norma volta alla certezza nell’individuazione dei soci di S.r.l. all’evidente fine di assicurare certezza e stabilità ai processi interni alla società di capitali – deliberativi ed esecutivi di deliberazioni – e pertanto s’appoggia a un indice segnaletico di tipo formale, i.e. l’iscrizione a registro delle imprese, per l’individuazione del titolare dei diritti nei confronti della società, “senza che tale qualità possa essere contestata dagli organi sociali relativamente a vicende di invalidità riguardanti i rapporti tra cedente e cessionario delle partecipazioni (i.e. rapporti tra i soci quali privati e non in quanto soci)”.

Pertanto, l’eventuale iscrizione, di domande giudiziali aventi ad oggetto la rivendicazione della titolarità delle quote, la pronuncia, ex art. 2932 cod. civ., di una sentenza costitutiva di trasferimento delle quote de quibus o, ancora, la contestazione circa la validità e/o l’efficacia di atti iscritti, non è suscettibile di modificare la “situazione soggetta a iscrizione”, poichè tale modificazione può conseguire soltanto dall’eventuale accoglimento della domanda, rectius dal suo passaggio in giudicato. Trattasi, infatti, di iscrizioni atipiche che assolverebbero a una mera funzione di pubblicità-notizia. Nè alcuna efficacia costitutiva potrebbe derivare dall’eventuale esercizio, da parte di altro socio, di un’opzione di acquisto delle quote, giacché l’opzione configura un contratto preparatorio finalizzato alla conclusione del trasferimento della quota tramite di atto autentico notarile o di sentenza costitutiva passata in giudicato. Fino ad allora, il socio iscritto conserva, a tutti gli effetti, la titolarità dei diritti sociali connessi alla sua posizione.

 

 

7 Maggio 2020

Principi in tema di affitto di azienda e opzione di acquisto

Il diritto di opzione si inserisce in una fattispecie a formazione progressiva della volontà contrattuale, inizialmente costituita da un accordo avente ad oggetto l’irrevocabilità della proposta del promittente ed, in seguito, dalla eventuale accettazione del promissario, che, saldandosi immediatamente con la proposta irrevocabile precedente, perfeziona il negozio giuridico di trasferimento.

Nel contratto di affitto di azienda, in mancanza di una pattuizione specifica di un corrispettivo per l’esercizio del diritto di opzione del complesso aziendale, lo stesso è da considerarsi conferito a titolo gratuito, non essendo l’onerosità un requisito necessario previsto dall’art. 1331 c.c. Inoltre, la mancata previsione di un corrispettivo per l’opzione costituisce indice del fatto che le parti abbiano determinato l’ammontare del canone non già quale corrispettivo di utilizzazione dell’azienda ma quale corresponsione frazionata anticipata del prezzo per l’acquisto dell’azienda alla prevista scadenza.

L’opzione determina la nascita in capo all’opzionario di un diritto potestativo che se esercitato conclude automaticamente il contratto, mentre la posizione del concedente si concreta in una soggezione a mantenere ferma la sua proposta contrattuale, senza ricevere alcuna tutela giuridica che assicuri l’effettiva conclusione dell’affare oggetto della sua proposta. Pertanto, in caso di affitto di azienda, l’esercizio del diritto di opzione da parte dell’oblata determina automaticamente il trasferimento della proprietà dell’azienda in capo alla stessa.

L’affitto di azienda, a norma dell’art. 2559 c.c., ha carattere unitario ed importa il trasferimento al cessionario, insieme a tutti gli elementi costituenti l'”universitas” senza necessità di una specifica pattuizione nell’atto di trasferimento, di tutti i beni organizzati e di tutti gli elementi unificati in senso funzionale, con riguardo alla loro destinazione, in ragione del comune fine della intrapresa attività imprenditoriale.

24 Febbraio 2020

La lettera d’intenti avente ad oggetto la cessione di partecipazioni societarie, che non definisca tutti gli elementi del futuro accordo, non è un contratto preliminare e non è suscettibile di esecuzione forzata in forma specifica

La lettera di intenti che si risolva in mere dichiarazioni con funzione di scandire le varie fasi di una trattativa e di predisporre le clausole da recepire in un futuro contratto nell’eventualità della positiva conclusione della trattativa stessa, non può essere considerata quale contratto preliminare, ma, tutt’al più, come mera “puntuazione” o “minuta”.

Per “contratto preliminare” deve intendersi quel contratto con il quale le parti si obbligano a concludere, in futuro, un ulteriore contratto, già delineato nei suoi elementi essenziali. L’effetto principale del contratto preliminare è quello di obbligare le parti alla stipulazione del contratto definitivo.

Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali ed ancorché riportati in apposito documento (cosiddetta ‘minuta’ o ‘puntuazione’), risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori; peraltro, anche in presenza del completo ordinamento di un determinato assetto negoziale può risultare integrato un atto meramente preparatorio di un futuro contratto, come tale non vincolante tra le parti, in difetto dell’attuale effettiva volontà delle medesime di considerare concluso il contratto, il cui accertamento, nel rispetto dei canoni ermeneutici di cui agli art. 1362 ss. c.c., è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in cassazione ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici.

Laddove le parti, in un accordo, manifestino l’intenzione di differire la conclusione del contratto ad una manifestazione successiva di volontà, deve ritenersi che esse non intendano porre in essere il rapporto contrattuale sin dal momento dell’accordo.

La responsabilità precontrattuale, configurabile per violazione del precetto posto dall’art. 1337 cod. civ. -a norma del quale le parti, nello svolgimento delle trattative contrattuali, debbono comportarsi secondo buona fede-, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, che si collega alla violazione della regola di condotta stabilita a tutela del corretto svolgimento dell’iter di formazione del contratto, sicché la sua sussistenza, la risarcibilità del danno e la valutazione di quest’ultimo devono essere vagliati alla stregua degli artt. 2043 e 2056 cod. civ., tenendo peraltro conto delle caratteristiche tipiche dell’illecito in questione.

 

Effetti della sopravvenuta variazione del patrimonio sociale sul contratto di cessione di partecipazioni societarie

Le obbligazioni delle parti, discendenti da contratto di cessione delle quote o delle azioni di una società di capitali, non vengono meno in conseguenza di un fatto del tutto esterno e non direttamente collegato al concetto di valorizzazione delle partecipazioni societarie oggetto di trasferimento. (Nel caso di specie, la Corte d’appello, chiamata ad accertare l’intervenuta risoluzione di un contratto di cessione intercorso tra le parti per sopravvenuta variazione del patrimonio sociale della cedente, ha rigettato l’appello proposto, confermando la sentenza di primo grado. Nella sua motivazione, la Corte ha richiamato il principio espresso da Cass. civ. n. 22790/2019 secondo cui la differenza tra l’effettiva consistenza quantitativa del patrimonio sociale rispetto a quella del contratto di cessione di quote o azioni può determinare la risoluzione del contratto per mancanza delle qualità essenziali, se in tale contratto: – le parti abbiano fatto espresso riferimento ai beni compresi nel patrimonio della società con la previsione di specifiche garanzie contrattuali; ovvero, – l’affidamento della parte cessionaria sul patrimonio sociale debba ritenersi giustificato sulla base del principio di buona fede. Poiché, nel caso de quo nessuno dei predetti requisiti risultava sussistente, ogni variazione sopravvenuta del patrimonio sociale è risultata indifferente rispetto alle obbligazioni assunte dalle parti con il contratto).

3 Dicembre 2019

Compravendita di partecipazioni: può essere domandata l’esecuzione giudiziale anche se il prezzo non è stato ancora determinato

È ammissibile la domanda di esecuzione in via giudiziale ex art. 2932 c.c. dell’impegno contrattuale ad acquistare una partecipazione sociale, anche quando sia preceduta dal completamento per via di eterointegrazione dell’accordo. Tale è il caso in cui prima dell’esecuzione sia necessario determinare il prezzo mediante l’intervento di un terzo arbitratore ex art. 1349 c.c., come previsto dalle parti nel testo del contratto.

Per la determinazione del prezzo di cessione, qualora le parti si siano affidate all’equo apprezzamento di un soggetto senza individuarlo specificamente, il giudice ha un potere-dovere di sostituirsi all’arbitratore che gli deriva dal disposto dell’art. 1349, comma 1, c.c. Ciò dimostra la sostanziale fungibilità delle due figure, in ragione sia dell’obiettività e tendenziale invarianza dei criteri che il giudice – come l’arbitratore terzo – deve seguire.

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Riparto di giurisdizione sulla domanda di accertamento della titolarità e di riassegnazione del cd. “marchio internazionale”

Dal tenore letterale dell’art. 4 dell’Accordo di Madrid del 1891, come successivamente riveduto, emerge come la registrazione internazionale non dia luogo a un marchio sovranazionale, bensì ad un sistema di deposito centralizzato, con efficacia equivalente a quella di una serie di domande di deposito nazionale o regionale; con la conseguenza che le controversie relative, tra l’altro, alla titolarità del marchio internazionale devono ritenersi sottoposte alla disciplina e alla giurisdizione del Paese designato, giurisdizione che, peraltro, è esclusiva a norma dell’art. 16 della Convenzione di Bruxelles del 27.9.1968 e ss.mm.ii., e, per quanto concerne l’Unione europea, dell’art. 24 del Regolamento n. 1215/2012 [sulla scorta di tale principio la Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di prime cure, ha ritenuto insussistente la giurisdizione dei Giudici italiani in riferimento alla domanda di accertamento della titolarità delle frazioni nazionali straniere dei marchi contesi e alla conseguente richiesta di trasferimento, essendo competenti, al riguardo, le singole autorità giurisdizionali dei Paesi in cui la registrazione di detti marchi è stata effettuata (o deve ritenersi effettuata)].

Il rinvio compiuto ai sensi dell’art. 168-bis, quarto comma, c.p.c. non modifica i termini di costituzione rispetto all’udienza fissata nell’atto di citazione; con la conseguenza che è tardivo e, dunque, inammissibile, l’appello incidentale depositato meno di venti giorni prima della data originariamente stabilita per l’udienza