10 Marzo 2023

Recesso convenzionale condizionato da società cooperativa ed effetti del recesso da cooperativa edilizia

In tema di società cooperative il recesso convenzionale, disciplinato dagli artt. 2518 e 2526 c.c., costituisce manifestazione della volontà negoziale, in quanto previsto dall’atto costitutivo, che può legittimamente disciplinarlo attraverso clausole che ne determinino il contenuto, ammettendo l’esercizio di tale facoltà in situazioni specifiche, ovvero limitandolo o subordinandolo alla sussistenza di determinati presupposti o condizioni, in particolare all’autorizzazione o all’approvazione del consiglio d’amministrazione o dell’assemblea dei soci. Tali clausole attribuiscono ai predetti organi un potere discrezionale, che non può tuttavia essere esercitato in modo arbitrario, nè tradursi in un rifiuto di provvedere o in un diniego assoluto ed immotivato dell’approvazione; il che, oltre a contrastare con i principi di correttezza e buona fede, che vanno rispettati anche nell’esecuzio del contratto sociale, comporterebbe una sostanziale vanificazione del diritto di recesso, il cui esercizio non può essere escluso o reso eccessivamente gravoso.

La violazione di tale diritto, per inosservanza dei predetti principi, rende applicabile l’art. 1359 c.c., in virtù del quale la condizione si considera avverata, qualora sia mancata per causa ascrivibile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento. La necessità dell’autorizzazione non comporta infatti la trasformazione della fattispecie in un accordo, nell’ambito del quale la determinazione della società venga ad assumere la funzione di accettazione della proposta del socio, configurandosi pur sempre il recesso come un negozio unilaterale, corrispondente al diritto potestativo di uscire dalla società o di rinunciare a conservare lo status derivante dal rapporto giuridico nel quale il socio è inserito (operando quale condizione di efficacia rispetto alla deliberazione del consiglio di amministrazione o dell’assemblea).

Nelle cooperative aventi come scopo la costruzione di alloggi e l’assegnazione degli stessi in godimento e, successivamente, in proprietà individuale ai soci, le anticipazioni e gli esborsi effettuati dal socio non a titolo di conferimento, ma per il conseguimento dei singoli beni o servizi prodotti dalla cooperativa, pongono il socio nella posizione di creditore verso la cooperativa, posizione che una volta avvenuto lo scioglimento del rapporto sociale si manifesta come diritto alla restituzione delle somme anticipate, sempre che la proprietà dell’alloggio non sia stata nel frattempo conseguita e lo scopo sociale non sia stato raggiunto. La cessazione del rapporto sociale, in conseguenza del recesso esercitato dal socio di una società cooperativa, comporta anche la cessazione del rapporto mutualistico, il quale tuttavia può cessare solo qualora la cooperativa abbia realizzato lo scopo mutualistico in favore di tutti i soci, in applicazione del principio di parità di trattamento.

Finanziamenti atipici e responsabilità degli amministratori di cooperativa per aggravamento del dissesto

L’impiego di risorse finanziarie nuove, ancorché destinato a copertura dei debiti scaduti o in scadenza, non implica sempre ed automaticamente la presenza di una situazione di insolvenza, e cioè di stabile e tendenzialmente irreversibile incapacità dell’impresa di far fronte alle proprie obbligazioni con strumenti normali, né può far presumere, da solo, la presenza di una riduzione del patrimonio tale da rendere necessaria, in assenza di apposita ricapitalizzazione, la messa in liquidazione della società. La percezione di somme a titolo di anticipi salvo buon fine in eccedenza rispetto al dovuto, che realizza una forma atipica e irrituale di finanziamento, può sì essere accompagnata dall’insolvenza o dalla perdita del capitale sociale, ma ciò rappresenta soltanto una possibilità.

6 Marzo 2023

Invalidità della delibera dell’assemblea di cooperativa di modifica di planimetrie degli immobili già prenotati dai soci

Il socio di una cooperativa, beneficiario del servizio mutualistico reso da quest’ultima, è parte di due distinti (anche se collegati) rapporti, l’uno di carattere associativo, che discende direttamente dall’adesione al contratto sociale e dalla conseguente acquisizione della qualità di socio, l’altro di natura sinallagmatica, che deriva dal contratto bilaterale di scambio, per effetto del quale egli si appropria del bene o del servizio resogli dall’ente.

L’acquisto, da parte dei soci, della proprietà dell’alloggio per la cui realizzazione l’ente sia stato costituito passa attraverso la stipulazione di un contratto di scambio, la cui causa è del tutto omogenea a quella della compravendita, in relazione al quale la cooperativa assume veste di alienante ed il socio quella di acquirente, sicché, con specifico riferimento agli elementi del contratto – immobile e corrispettivo dovuto – indicati nel contratto di prenotazione non possono essere modificati dagli organi sociali, in assenza di un’esplicita previsione contrattuale.

L’atto di prenotazione deve essere assimilato ad un contratto preliminare, di tal ché l’acquisto della proprietà dell’immobile della cooperativa costituisce l’effetto di una fattispecie complessa e progressiva, comprendente, oltre all’assunzione da parte della società dell’obbligo di prestare il proprio consenso all’atto di trasferimento, anche l’effettuazione della prenotazione, la quale accerta la realizzazione dei presupposti concreti per l’assegnazione, individuandone l’oggetto ed il corrispettivo, in modo da rendere dovuto il successivo atto traslativo. Quest’ultimo, costituendo adempimento dell’obbligo assunto con la stipulazione dell’atto di prenotazione, tanto da legittimare il ricorso al rimedio di cui all’art. 2932 c.c., si configura al tempo stesso come atto esecutivo di quello precedente. Pertanto, come non è revocabile in dubbio che non possa essere modificato unilateralmente l’oggetto di un preliminare di vendita, così non è modificabile dalla cooperativa, neppure dall’assemblea dei soci, l’oggetto dell’atto di prenotazione.

1 Marzo 2023

Responsabilità degli amministratori di società cooperativa per atti di mala gestio

Ai sensi dell’art. 2392 c.c., gli amministratori devono adempiere i doveri imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e delle loro specifiche competenze e sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri. Trattasi di responsabilità di natura contrattuale che impone l’obbligo a chi agisce in responsabilità di provare l’inadempimento, il danno ed il nesso eziologico; per contro incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti. La responsabilità risarcitoria dell’amministratore deve essere correlata non ad una qualunque condotta illecita od omissione delle cautele ed iniziative dovute per legge e per statuto, ma soltanto a quelle condotte di mala gestio che, oltre ad integrare violazione degli obblighi gravanti sull’amministratore in forza della carica rivestita, risultino foriere di danni per il patrimonio sociale: in altre parole, la parte che agisce in giudizio ha l’onere di dedurre specifici inadempimenti o inosservanza, non potendosi limitare ad una generica deduzione dell’illegittimità dell’intera condotta ovvero alla mera doglianza afferente ai risultati negativi delle scelte gestorie. Per quanto attiene al profilo soggettivo vale la presunzione ex art. 1218, per cui spetta al convenuto, per esonerarsi da responsabilità, provare che l’inadempimento non è a lui imputabile. La valutazione della diligenza impiegata deve essere effettuata con giudizio ex ante e non ex post, dovendosi prendere in considerazione le circostanze, oggettive e soggettive, esistenti al momento in cui sono stati posti in essere gli atti a cagione dei quali la società ha subito il pregiudizio.

2 Febbraio 2023

Illegittima esclusione del socio di cooperativa

La comunicazione della delibera di esclusione svolge la mera funzione di informare il socio delle ragioni ritenute in concreto dall’organo deliberante giustificative dell’esclusione, di tal che la incompletezza della comunicazione non determina ex se l’invalidità della deliberazione, incidendo piuttosto sulla decorrenza del termine per proporre l’opposizione alla delibera di esclusione. È in relazione alla vera e propria delibera di esclusione che il giudice è tenuto ad apprezzare la effettiva sussistenza della causa di esclusione, dovendosi verificare se la causa indicata nella delibera e posta alla base della decisione di esclusione rientri fra quelle previste dalla legge o dallo statuto, nonché dovendosi accertare la congruità della motivazione adottata a sostegno della medesima.

Ai fini della validità della delibera di esclusione, la causa di esclusione posta alla base della deliberazione deve risultare dalla delibera medesima non potendo ex post in giudizio, nell’eventualità che il socio proponga impugnazione, essere indagate altre e diverse ragioni di esclusione.

24 Gennaio 2023

Esclusione del socio moroso dalla cooperativa edilizia

La società cooperativa edilizia che agisca, in qualità di creditore, per l’accertamento della legittimità dell’esclusione del socio moroso dal godimento dell’alloggio fornito dalla stessa e per la condanna alla corresponsione dei canoni rimasti impagati, è tenuta a provare solo l’esistenza del titolo, ossia della fonte negoziale o legale del suo diritto (e, se previsto, del termine di scadenza), mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte: è il debitore convenuto a dover fornire la prova estintiva del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento.

23 Gennaio 2023

Natura dell’autorizzazione al recesso del socio di società cooperativa

Le previsioni in ordine al recesso del socio dalla cooperativa dettate all’interno dello statuto costituiscono manifestazione della volontà negoziale ed è, quindi, rimesso alla libertà delle parti di definirne le modalità e il contenuto ovvero limitarlo o subordinarlo alla sussistenza di determinati presupposti o condizioni, quali ad esempio l’approvazione da parte del consiglio di amministrazione o dell’assemblea dei soci. Tali clausole attribuiscono un potere discrezionale ai suddetti organi, che non possono essere esercitati in modo arbitrario, né tradursi in un rifiuto a provvedere o in un diniego assoluto ed immotivato dell’approvazione, altrimenti tali decisioni sarebbero contrarie al principio di correttezza e si verificherebbe una sostanziale vanificazione del diritto di recesso, che non può essere reso eccessivamente gravoso.

La clausola che preveda la necessaria autorizzazione del consiglio di amministrazione non vale a rendere quest’ultima una accettazione contrattuale, dovendo la stessa qualificarsi, piuttosto, come una condizione di efficacia della dichiarazione unilaterale recettizia del socio; pertanto, in caso di inerzia dell’organo societario, risulta applicabile l’art. 1359 c.c., in virtù del quale la condizione si considera avverata, qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento. La necessità dell’autorizzazione non comporta, infatti, la trasformazione della fattispecie in un accordo, né all’ambito del quale la determinazione della società venga ad assumere la funzione di accettazione della proposta del socio, configurandosi pur sempre il recesso come un negozio unilaterale, corrispondente al diritto potestativo di uscire dalla società e di rinunciare a conservare lo stato derivante dal rapporto giuridico nel quale il socio è inserito e rispetto al quale la deliberazione del consiglio di amministrazione o dell’assemblea opera come condizione di efficacia.

Nelle cooperative edilizie aventi come scopo la costruzione di alloggi e l’assegnazione degli stessi in godimento e, successivamente, in proprietà individuale ai soci, i rapporti tra questi ultimi e la società sono di due specie: da un lato, quelli attinenti all’attività sociale, comportanti l’obbligo dei conferimenti e della contribuzione alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione; dall’altro, i rapporti relativi alla peculiarità dello scopo perseguito, comportanti anticipazioni ed esborsi di carattere straordinario ai fini dell’acquisto del terreno, della realizzazione degli alloggi e così via. Mentre le contribuzioni del primo tipo rientrano fra i debiti di conferimento, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2530 c.c., e si ricollegano ad un obbligo che permane fino a quando persiste la qualità di socio (e, cioè, fino allo scioglimento della cooperativa, salvo il caso di recesso o esclusione del socio), non vi rientrano invece quelle del secondo tipo, perché non strettamente inerenti al rapporto sociale e destinate a gravare, in caso di uscita dalla cooperativa del socio che le ha fatte, sul socio che gli subentra e che acquista, in questo modo, l’aspettativa all’assegnazione dell’alloggio, con la conseguenza che le anticipazioni e gli esborsi effettuati dal socio non a titolo di conferimento e in relazione all’obbligo inerente alla partecipazione alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione, ma per il conseguimento dei singoli beni o servizi prodotti dalla cooperativa, pongono il socio nella posizione di creditore verso quest’ultima, posizione che, una volta avvenuto lo scioglimento del rapporto sociale, si manifesta come diritto alla restituzione delle somme anticipate (sempre che, ovviamente, la proprietà dell’alloggio non sia stata nel frattempo conseguita e lo scopo sociale non sia stato raggiunto), non sottoposto – salva la possibilità di una diversa regolamentazione pattizia – alla disciplina legislativa relativa alla quota sociale.

18 Gennaio 2023

Esclusione del socio di società cooperativa per grave inadempimento

In tema di società cooperativa, le cause di origine convenzionale di esclusione di un socio devono essere indicate nello statuto in modo tassativo e non generico, al fine di evitare un’eccessiva discrezionalità dell’organo amministrativo e, pertanto, quando un’ipotesi di esclusione fa riferimento alla gravità dell’inadempimento è necessario che sia indicato chiaramente sia la prestazione richiesta, sia la gravità dell’inadempimento stesso.

20 Dicembre 2022

Esclusione del socio di società cooperativa e canoni di godimento dell’alloggio sociale

La domanda relativa alla legittimità della delibera di esclusione di un socio da una società cooperativa attiene al rapporto sociale e rientra pertanto nella competenza della Sezione Specializzata in Materia di Impresa, cui spetta poi provvedere anche sulle ulteriori domande connesse e correlate alla decadenza dell’assegnazione dell’alloggio sociale, riguardanti il rilascio, il pagamento dei canoni e delle indennità per l’occupazione sine titulo.

In applicazione dei principi generali in materia di onere della prova, la società cooperativa che agisce per ottenere la condanna al pagamento dei canoni d’affitto dell’alloggio sociale e dell’indennità per occupazione sine titulo è tenuta a provare solo l’esistenza del titolo, ossia della fonte negoziale o legale del suo diritto, mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte: è il debitore convenuto a dover fornire la prova estintiva del diritto, costituita dall’avvenuto adempimento.

La somma dovuta a titolo di canone di godimento dell’alloggio sociale di una società cooperativa costituisce debito di valuta e pertanto non è oggetto di rivalutazione monetaria, salvo che non venga allegato un qualche elemento da cui desumere un maggior danno da ritardato pagamento.

30 Novembre 2022

Divieto di assistenza finanziaria e applicabilità alle banche popolari

L’improponibilità delle domande verso la liquidazione coatta amministrativa dell’impresa bancaria riguarda tutte le domande che sono funzionali all’accertamento di un credito verso l’impresa in liquidazione, anche ove dette domande siano di mero accertamento di detto credito e non di condanna, ovvero anche ove dette domande siano costitutive o di accertamento e vengano invocate quali presupposto dell’insorgenza di un credito risarcitorio o restitutorio da far valere verso la procedura, non potendosi derogare all’accertamento del credito e dei suoi presupposti secondo le regole del concorso. Tra le domande non funzionali all’accertamento dei crediti rientrano quelle volte ad accertare l’insussistenza di crediti vantati dall’impresa in bonis e proprie della procedura ove sarà ben possibile agire secondo le regole ordinarie, anche ove l’insussistenza del credito dipenda dalla nullità o inefficacia del contratto, sempre che dette pretese siano funzionali all’accertamento negativo del credito vantato dalla procedura medesima.

Sussiste collegamento negoziale tra la concessione di affidamenti e un programma negoziale di acquisti di azioni e obbligazioni emesse dalla banca quando vi è contiguità temporale e corrispondenza degli importi affidati per elasticità di cassa progressivamente estesi e dei corrispondenti acquisti azionari ed obbligazionari, in virtù dei finanziamenti concessi dalla stessa finanziante, tenuto conto che il saldo del conto corrente affidato, al momento degli addebiti non permetteva all’attrice, se non adeguatamente finanziata, di eseguire gli acquisiti in questione. Il risultato perseguito nel caso di acquisto di obbligazioni convertibili finanziato della banca medesima non è tanto quello formale di ottenere un aumento di capitale mediante la conversione delle obbligazioni, ma quello concreto di predisporre uno strumento (emissione di obbligazioni convertibili in azioni proprie) che è idoneo ad eludere la disciplina cogente dettata per assicurare l’effettività degli aumenti di capitale ed i limiti previsti in detta disciplina per preservare detta effettività. Consegue che la sottoscrizione da parte degli attori di obbligazioni convertibili in azioni mediante assistenza finanziaria, deve reputarsi negozio in frode alla legge con conseguente nullità dei negozi collegati. Consegue che i contratti collegati nell’operazione vietata, debbono considerarsi nulli per violazione della norma imperativa di cui all’articolo 2358 del codice civile.

Ove il collocamento di azioni avvenga nel mancato rispetto delle condizioni previste dall’art. 2358 cc e, quindi, in violazione del divieto di assistenza finanziaria, la sanzione comminabile sarà quella della nullità anche se posta in essere da una banca popolare in quanto con l’entrata in vigore del Testo Unico Bancario, giusta art. 161, è stato abrogato il D.Lgs. n. 105/1948 che, al suo art. 9, prevedeva la possibilità per la società di accordare anticipazioni ai soci sulle proprie azioni entro i limiti stabiliti caso per caso dall’organo cui per legge era demandata la vigilanza sulle aziende di credito, limiti che non potevano in ogni caso eccedere il 40 % delle riserve legali. Inoltre, il nuovo testo unico bancario, introdotto con il D.Lgs. n. 310/2004, al proprio art. 150 bis, indica espressamente quali norme del codice civile non si applicano alle banche popolari e tra queste non è inclusa la norma di cui all’art. 2358 del codice civile.