14 Giugno 2021

Nullità delle operazioni sulle proprie azioni della banca popolare

Con riferimento all’acquisto delle proprie azioni, quando il collocamento delle azioni avvenga, contro il divieto, nel mancato rispetto delle modalità e limiti descritti dall’art. 2358 c.c., la sanzione è quella della nullità, in quanto solo il rispetto di tali requisiti e limiti permette di superare il divieto. Infatti, il fattore preminente fatto oggetto di tutela dalla norma è quello della tutela del capitale sociale, nell’interesse della società, oltre che dei soci e dei creditori. Tale interesse è centrale anche nelle società cooperative. La loro natura mutualistica comporta infatti che il loro scopo sia fornire beni e servizi ai soci (ed eventualmente a non soci) a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato. Tale scopo si realizza però mediante una struttura imprenditoriale, più o meno complessa, che deve operare secondo criteri di economicità, razionalità e quindi in primo luogo con salvaguardia del capitale mediante il quale solamente lo scopo mutualistico può realizzarsi.

Pertanto, una disciplina che limita le operazioni che possono mettere a repentaglio il capitale non è certo incompatibile con la società cooperativa. Né si rinviene alcuna incompatibilità dei requisiti o delle modalità e condizioni prescritte dall’art. 2358 c.c. con la struttura cooperativa. Inoltre, poiché tutte le condizioni dettate dalla norma concorrono a elidere i pericoli insiti nel finanziamento dell’acquisto di proprie azioni, tutte indistintamente devono sussistere parimenti perché il divieto del comma 1 dell’art. 2358 sia superato. Va poi escluso che la disciplina civilistica, posta a tutela del capitale sociale, sia in qualche modo esclusa dal fatto che le società cooperative sono sottoposte a forme di vigilanza (per le Banche, da parte di Consob, Banca d’Italia e BCE) in mancanza di norme che in tal senso dispongano. Inoltre, quanto alla applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle banche popolari, l’introduzione dell’art 150 bis TUB e l’abrogazione dell’art. 9 d.lgs. 105/1948 portano ad escludere che il legislatore abbia inteso permettere alle banche popolari di finanziare l’acquisto di proprie azioni al di fuori di qualsiasi forma, e a concludere che si sia inteso applicabile l’art. 2358 c.c.

Con riguardo, invece, all’acquisto di obbligazioni convertibili in azioni proprie, il finanziamento da parte dell’emittente dell’acquisto obbligazionario non è contemplato dall’art. 2358 c.c., che riguarda le sole azioni. Tuttavia, così come per il caso del collocamento azionario assistito, il collocamento di obbligazioni convertibili su provvista fornita dalla banca mina l’effettività del conferimento. Infatti, la predisposizione di tale strumento, in quanto collocato mediante provvista fornita dalla Banca, è in sé idoneo a eludere la disciplina cogente dettata per assicurare l’effettività degli aumenti di capitale, e i divieti in essa previsti a tutela della effettività del capitale. Si realizza dunque un complesso negoziale in frode alla legge, sanzionato da nullità ex art. 1344 c.c.

14 Maggio 2021

Banca Popolare di Vicenza: applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle banche popolari

L’art. 2358 c.c. è da ricondurre al novero delle norme a carattere imperativo; carattere che, anche nell’attuale versione, non ha perduto solo perché, dopo aver posto un divieto di assistenza finanziaria sulle proprie azioni, disciplina le modalità di approvazione e i limiti del finanziamento, ammettendolo in via generale alle condizioni procedimentali e sostanziali indicate. Conseguentemente, quando il collocamento di azioni avvenga, contro il divieto, nel mancato rispetto delle modalità e limiti indicati, la sanzione è quella della nullità del negozio di collocamento, in quanto solo il rispetto di tali requisiti e limiti permette di superare il divieto. Così, si vuole dalla legge che l’operazione di finanziamento sia deliberata dall’assemblea straordinaria, previa valutazione giuridica ed economica dell’operazione presa nel suo insieme, la quale deve essere illustrata in una relazione degli amministratori inclusiva non solo delle condizioni concrete ma anche più in generale della convenienza rispetto alle ragioni, agli obiettivi imprenditoriali, ai rischi che essa comporta per la solvibilità e liquidità della società.

La disciplina di cui all’art. 2358 c.c. trova applicazione anche nei riguardi delle banche popolari. Difatti, la norma è prevista in materia di società per azioni, alla disciplina delle quali, per quanto compatibile, rimanda l’art. 2519 c.c. per integrare la disciplina legale delle società cooperative che, a loro volta, e ai sensi dell’art. 28 t.u.b., possono esercitare l’attività bancaria in forma di banche popolari. Inoltre, il fattore preminente fatto oggetto di tutela del disposto di cui all’art. 2358 c.c. è quello della tutela del capitale sociale, nell’interesse della società, oltre che dei soci e anche dei creditori, che fanno parte di quel più ampio pubblico al quale la pubblicazione nel Registro delle Imprese rende accessibile la delibera dell’assemblea straordinaria. Ebbene, tali interessi sono centrali anche nelle società cooperative. La loro natura mutualistica comporta infatti che il loro scopo sia fornire beni e servizi ai soci (ed eventualmente a non soci) a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato. Tale scopo si realizza però mediante una struttura imprenditoriale, più o meno complessa, che deve operare secondo criteri di economicità, razionalità e quindi in primo luogo con salvaguardia del capitale mediante il quale solamente lo scopo mutualistico può realizzarsi. Alla costituzione di un solido capitale sociale, che andrà poi mantenuto, sono poste a presidio norme che impongono la formazione di riserve (2545 quater c.c. in generale; per le banche popolari, l’art. 32, co. 1, t.u.b.). Pertanto, una disciplina che vieta (o meglio limita) le operazioni che possono mettere a repentaglio il capitale sociale non è incompatibile con la forma societaria cooperativa.

In merito alla questione se talune delle condizioni o delle modalità prescritte all’art. 2358 c.c. siano incompatibili con la struttura cooperativa, con conseguente non applicazione della disposizione alle società mutualistiche, la previsione della necessità di una delibera assembleare, in luogo di una decisione dell’organo amministrativo, non risulta di per sé incompatibile. Se, infatti, per la struttura aperta delle società cooperative, è compito degli amministratori ammettere nuovi soci, ciò vale unicamente, appunto, per l’ammissione di soci nuovi, e non per il collocamento di azioni presso soggetti già soci e comunque non in presenza di un aumento del capitale sociale. L’apertura della società ad accogliere nuovi soci è regola coessenziale allo scopo mutualistico e dunque essa viene gestita dall’organo amministrativo. L’aumento della partecipazione in sé, invece, non ha un nesso funzionale immediato con la soddisfazione dello scopo mutualistico.

In mancanza di norme che dispongano in tal senso, va escluso che la disciplina civilistica di cui all’art. 2358 c.c., posta a tutela del capitale sociale, non trovi applicazione nei riguardi delle banche popolari in considerazione del fatto che sono sottoposte a forme di vigilanza.

Invalidità della delibera di ammissione come socio di una cooperativa assunta in violazione delle previsioni statutarie

L’attività caratteristica di una cooperativa a scopo mutualistico consiste nel far conseguire ai soci cooperatori occasioni di lavoro e una remunerazione dell’attività lavorativa a condizioni migliori rispetto a quelle ottenibili sul mercato. I soci lavoratori, a propria volta, intendono ottenere, tramite la gestione in forma associata e la prestazione di lavoro a favore della cooperativa, continuità di occupazione, con le migliori condizioni economiche, sociali e professionali.
In una società cooperativa a r.l., non possono essere attribuite ai soci ammessi qualifiche diverse da quelle stabilite nello statuto della cooperativa e non previste dallo statuto medesimo. La delibera di ammissione come socio di una cooperativa è invalida qualora il socio ammesso si trovasse, al momento della delibera, in una delle situazioni di incompatibilità previste dallo statuto della cooperativa.

Banca Popolare di Vicenza: applicabilità dell’art. 2358 c.c.

Con riferimento ad operazioni su azioni proprie poste in essere da società cooperative e, in particolare da banche popolari, deve riconoscersi anche per esse l’applicabilità dell’art. 2358 c.c., in ragione del rinvio alla disciplina delle società azionarie operato dall’art. 2519 c.c.

Le prescrizioni di cui all’art. 2358 c.c. rivestono natura imperativa, con la conseguenza che, in caso di violazione, il contratto è nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c. In particolare, quando il collocamento di azioni avviene nel mancato rispetto delle modalità e dei limiti descritti dallo stesso art. 2358 c.c., la sanzione è quella della nullità, in quanto solo il rispetto dei requisiti e limiti, di cui all’art. 2358 c.c., permette di superare il divieto.

Il fattore preminente fatto oggetto di tutela dall’art. 2358 c.c. è quello della tutela del capitale sociale, nell’interesse della società, oltre che dei soci e dei creditori, che fanno parte di quel più ampio pubblico al quale la pubblicazione nel Registro delle Imprese rende accessibile la delibera. Tale interesse è centrale anche nelle società cooperative. Pertanto, una disciplina, come quella contenuta all’art. 2358 c.c., che vieta (o meglio, in concreto limita) le operazioni che possono mettere a repentaglio il capitale non è certo incompatibile con la società cooperativa. Lo scopo mutualistico da solo non basta infatti a giustificare la messa in atto di operazioni in sé pericolose, tali da mettere a rischio l’equilibrio economico della struttura sociale. Il codice civile, per esempio, espressamente prevede per le società cooperative una disciplina speciale dell’acquisto delle proprie azioni (2529 c.c.), ma non contiene deroghe espresse per altre operazioni che sono vietate, o limitate, per le s.p.a.

Con riferimento alla questione se i requisiti, le modalità e le condizioni prescritte dall’art. 2358 c.c. siano incompatibili con la struttura cooperativa, deve osservarsi che tale non è certamente la previsione della necessità di una delibera assembleare: se, infatti, per la struttura aperta delle società cooperative, è compito degli amministratori ammettere nuovi soci, ciò vale unicamente, appunto, per l’ammissione di soci nuovi, non ad esempio per il collocamento di azioni presso soggetti già soci e comunque non certamente quando vi sia aumento del capitale sociale. La ragione bene si comprende: la apertura della società ad accogliere nuovi soci è regola coessenziale allo scopo mutualistico e dunque essa viene gestita dall’organo amministrativo. A tale scopo però si ricollega anche la regola per la quale il socio dispone di un voto solo, quale che sia la sua quota di partecipazione. L’aumento della partecipazione in sé non ha un nesso funzionale immediato con la soddisfazione dello scopo mutualistico. Più in generale, la normativa prevede espressamente compiti dell’assemblea in vario modo relativi alla emissione e al collocamento di azioni: primo fra tutti il caso di aumento del capitale sociale, operazione che è ammessa dall’art. 2524, co. 3, c.c., il quale prescrive però la applicazione della disciplina generale delle s.p.a. relativa alla modificazione dell’atto costitutivo; lo stesso acquisto o rimborso delle proprie azioni può essere demandato agli amministratori solo dall’atto costitutivo (2529 c.c.).

Deve affermarsi la piena compatibilità con la disciplina delle cooperative dei disposti relativi ai limiti, presupposti e ai modi della deliberazione di concedere un finanziamento per l’acquisto delle azioni della società, previsti dall’art. 2358 c.c., co. 3, 4, 5 e 6, c.c. e con l’obbligo ivi previsto di iscrivere una riserva indisponibile corrispondente. Poiché tutte le condizioni dettate dalla norma concorrono a elidere i pericoli insiti nel finanziamento dell’acquisto di proprie azioni, tutte indistintamente devono sussistere parimenti perché il divieto dell’art. 2358, co. 1, sia superato: sia quelle di forma e di competenza, sia quelle relative ai presupposti, sia quelle relative alla pubblicità. Appare in primo luogo rilevante la necessità che l’operazione di assistenza finanziaria sia programmata unitariamente e resa pubblica.

Deve escludersi che la disciplina civilistica, posta a tutela del capitale sociale, sia esclusa per quelle società cooperative che sono sottoposte a forme di vigilanza in mancanza di norme che in tal senso dispongano.

Banca Popolare di Vicenza: applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle banche popolari

Con riferimento ad operazioni su azioni proprie poste in essere da società cooperative e, in particolare, da banche popolari, deve riconoscersi anche per esse l’applicabilità dell’art. 2358 c.c., in ragione del rinvio alla disciplina delle società azionarie operato dall’art. 2519 c.c.

Le prescrizioni di cui all’art. 2358 c.c. rivestono natura imperativa, con la conseguenza che, in caso di violazione, il contratto è nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c. In particolare, quando il collocamento di azioni avviene nel mancato rispetto delle modalità e dei limiti descritti dallo stesso art. 2358 c.c., la sanzione è quella della nullità, in quanto solo il rispetto dei requisiti e limiti, di cui all’art. 2358 c.c., permette di superare il divieto.

Il fattore preminente fatto oggetto di tutela dall’art. 2358 c.c. è quello della tutela del capitale sociale, nell’interesse della società, oltre che dei soci e anche dei creditori, che fanno parte di quel più ampio pubblico al quale la pubblicazione nel Registro delle Imprese rende accessibile la delibera. Tale interesse è centrale anche nelle società cooperative. Pertanto, una disciplina, come quella contenuta all’art. 2358 c.c., che vieta (o meglio, in concreto limita) le operazioni che possono mettere a repentaglio il capitale non è certo incompatibile con la società cooperativa. Lo scopo mutualistico da solo non basta, infatti, a giustificare la messa in atto di operazioni in sé pericolose, tali da mettere a rischio l’equilibrio economico della struttura sociale. Il codice civile, per esempio, espressamente prevede per le società cooperative una disciplina speciale dell’acquisto delle proprie azioni (2529 c.c.), ma non contiene deroghe espresse per altre operazioni che sono vietate, o limitate, per le s.p.a.

Con riferimento alla questione se i requisiti, le modalità e le condizioni prescritte dall’art. 2358 c.c. siano incompatibili con la struttura cooperativa, deve osservarsi che non lo è certamente la previsione della necessità di una delibera assembleare: se, infatti, per la struttura aperta delle società cooperative, è compito degli amministratori ammettere nuovi soci, ciò vale unicamente, appunto, per l’ammissione di soci nuovi e non, ad esempio, per il collocamento di azioni presso soggetti già soci e comunque non certamente quando vi sia aumento del capitale sociale. La ragione ben si comprende: la apertura della società ad accogliere nuovi soci è regola coessenziale allo scopo mutualistico e dunque essa viene gestita dall’organo amministrativo. A tale scopo però si ricollega anche la regola per la quale il socio dispone di un voto solo, quale che sia la sua quota di partecipazione. L’aumento della partecipazione in sé non ha un nesso funzionale immediato con la soddisfazione dello scopo mutualistico. Più in generale, la normativa prevede espressamente compiti dell’assemblea in vario modo relativi alla emissione e al collocamento di azioni: primo fra tutti il caso di aumento del capitale sociale, operazione che è ammessa dall’art. 2524, co. 3, c.c., il quale prescrive però la applicazione della disciplina generale delle s.p.a. relativa alla modificazione dell’atto costitutivo; lo stesso acquisto o rimborso delle proprie azioni può essere demandato agli amministratori solo dall’atto costitutivo (2529 c.c.).

Deve affermarsi la piena compatibilità con la disciplina delle cooperative dei disposti relativi ai limiti, presupposti e ai modi della deliberazione di concedere un finanziamento per l’acquisto delle azioni della società, previsti dall’art. 2358, co. 3, 4, 5 e 6, c.c., e con l’obbligo ivi previsto di iscrivere una riserva indisponibile corrispondente. Poiché, infatti, tutte le condizioni dettate dalla norma concorrono a elidere i pericoli insiti nel finanziamento dell’acquisto di proprie azioni, tutte indistintamente devono sussistere parimenti perché il divieto dell’art. 2358, comma 1, sia superato: sia quelle di forma e di competenza, sia quelle relative ai presupposti, sia quelle relative alla pubblicità. Appare in primo luogo rilevante la necessità che l’operazione di assistenza finanziaria sia programmata unitariamente e resa pubblica.

Deve escludersi che la disciplina civilistica, posta a tutela del capitale sociale, sia esclusa per quelle società cooperative che sono sottoposte a forme di vigilanza in mancanza di norme che in tal senso dispongano.

16 Aprile 2021

Esclusione del socio moroso dalla società cooperativa edilizia a proprietà indivisa e rilascio dell’immobile

Il socio moroso di società cooperativa edilizia a proprietà indivisa, una volta accertata la legittimità dell’esclusione dello stesso da parte della società, è tenuto a rilasciare l’immobile, in quanto esso, a far data dall’esclusione, deve ritenersi occupato sine ullo titulo.

14 Aprile 2021

Diritti ed obblighi del socio di società cooperativa edilizia

In tema società cooperative edilizie, devono essere tenuti distinti due piani, ossia quello del rapporto sociale, connotato dalla mutualità, che intercorre tra i soci ed è destinato ad esaurirsi con la liquidazione della società, e quello sinallagmatico, che si instaura con il trasferimento ai soci degli immobili realizzati dalla cooperativa.

Qualora il socio di una società cooperativa edilizia intenda contestare l’importo richiesto a ciascun socio per il ripianamento dei debiti della cooperativa o i criteri adottati per la sua determinazione, così come oggetto di delibera dell’assemblea dei soci, deve obbligatoriamente procedere con l’impugnazione di tale delibera; in difetto, infatti, il socio non potrà contestare nè l’ammontare del quantum deliberato dall’assemblea nè i criteri adottati per la sua determinazione, ma potrà eccepire solamente errori materiali o fatti successivi a tale delibera (quali eventuali pagamenti già effettuati).

In materia di cooperative edilizie può ravvisarsi l’analogia tra l’atto di prenotazione dell’immobile ed il contratto preliminare di compravendita, anche ai fini dell’emissione di una pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c., purchè in esso siano individuati il socio prenotatario, l’immobile allo stesso destinato ed il corrispettivo.

2 Aprile 2021

Onere della prova nel giudizio di opposizione alla deliberazione di esclusione del socio

Ai sensi dell’art. 2533 c.c., contro la deliberazione di esclusione del socio, il socio può proporre opposizione al Tribunale nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione. In sede di opposizione contro la deliberazione di esclusione del socio di una società cooperativa, incombe sulla società -che, pur se formalmente convenuta, ha sostanziale veste di attore- l’onere di provare i fatti posti a fondamento dell’atto impugnato (Cass. civ. 26.9.2013 n.22097).

2 Aprile 2021

Onere probatorio nel giudizio di opposizione contro la deliberazione di esclusione del socio di società cooperativa

Nel giudizio di opposizione contro la deliberazione di esclusione del socio di una società cooperativa, incombe sulla società – che, pur se formalmente convenuta, ha sostanziale veste di attore – l’onere di provare i fatti posti a fondamento dell’atto impugnato.

Scioglimento rapporto sociale individuale in società cooperativa edilizia e risoluzione rapporto mutualistico

Il socio di cooperativa edilizia ed assegnatario di un immobile che non provvede al pagamento delle spese e degli oneri di gestione della cooperativa e di quelle previste dal contratto di assegnazione può essere escluso dalla società con decisione dell’organo gestorio.

La mancata impugnazione nei termini di legge della delibera di esclusione del socio di società cooperativa rende definitiva la cessazione sia del rapporto sociale individuale, sia del rapporto mutualistico.

La decadenza dallo status di socio di una cooperativa edilizia determina anche la revoca dall’assegnazione in godimento dell’alloggio, con obbligo in capo allo stesso di rilasciarlo e di corrispondere una indennità di occupazione per il venir meno del titolo che ne giustifichi il godimento. Ciò in quanto il venir meno dello status di socio della cooperativa determina la cessazione del rapporto mutualistico di assegnazione dell’alloggio, dal momento che sussiste in base all’art. 2533 c.c. una relazione di dipendenza tra il rapporto sociale e il rapporto secondario conseguente di assegnazione dell’alloggio nella cooperativa edilizia e, quindi, lo scioglimento del rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti.