10 Ottobre 2022

Impugnativa della delibera di messa in liquidazione e cessazione della materia del contendere per revoca dello stato di liquidazione

Con la revoca dello stato di liquidazione viene meno la delibera di messa in liquidazione della società, la quale torna a tutti gli effetti in attività.

L’abuso della maggioranza consiste nell’esercizio arbitrario e fraudolento del diritto di voto per finalità di perseguimento di interessi divergenti da quelli della società, ovvero di lesione degli interessi dell’altro socio, essendo invece irrilevante la sussistenza di interessi confliggenti dei soci.

Il potere / dovere del liquidatore di chiedere il fallimento in proprio (liquidazione giudiziale)

Il liquidatore di una società di capitali, quale rappresentante legale dell’ente, è legittimato ad agire tempestivamente nella richiesta di fallimento in proprio, ciò rappresentando, in assenza di valide alternative negoziali, la migliore forma di liquidazione possibile.

L’insolvenza di una società in liquidazione si misura sotto il profilo patrimoniale e non sotto quello finanziario. E’ dunque insolvente quella società che, posta in liquidazione, non è in grado con il suo patrimonio di soddisfare tutti i creditori. Rilevata l’insolvenza, il liquidatore ha il dovere di attivarsi diligentemente per impedire l’aggravamento del dissesto in funzione di tutela dei creditori che vantano sul patrimonio sociale la garanzia generica dei propri crediti, esercitando il proprio potere autonomo di domandare il fallimento in proprio della società amministrata. Tale obbligo trova conferma anche nel sistema di emersione tempestiva della crisi congegnato dal codice della crisi e dell’insolvenza attualmente vigente.

In caso di ritardata richiesta di fallimento, il danno della condotta inadempiente del liquidatore corrisponde a quella parte di costi sostenuti dalla società che, se fosse stato dichiarato tempestivamente il fallimento, non si sarebbero verificati.

Anche la condotta gestoria del liquidatore beneficia del metro di giudizio della business judgement rule, in forza della quale ciò che forma oggetto di sindacato da parte del giudice non è la convenienza e/o l’utilità dell’atto in sé, né il risultato che abbia eventualmente prodotto, bensì le modalità di esercizio del potere discrezionale spettante agli amministratori, che per essere immuni da critiche non devono travalicare i limiti della ragionevolezza (Nel caso di specie, è stato ritenuto inadempiente il liquidatore che abbia resistito irragionevolmente ad una domanda di pagamento di un creditore sociale, così arrecando un danno alla società consistente nel depauperamento del patrimonio sociale per l’applicazione degli ulteriori costi connessi al procedimento contenzioso e degli interessi maturati sul debito riconosciuto ad esito di tale procedimento).

Il liquidatore è tenuto ad attivarsi per impedire l’aggravamento del dissesto a tutela dei creditori

In tema di fallimento, l’organo di gestione dell’ente collettivo, sia esso amministratore o liquidatore, è obbligato ad agire in maniera tale da non ritardare la dichiarazione di insolvenza della società e a non aggravarne il dissesto, pena la violazione del precetto penale di cui al combinato degli artt. 217, co. 1, n. 4, e 224 l. fall. Il ricorso fallimentare del debitore in proprio nel caso in cui questi sia una società deve essere presentato dall’amministratore dotato del potere di rappresentanza legale. Esso non necessita di alcuna autorizzazione assembleare.

I liquidatori hanno il potere-dovere di compiere tutti gli atti necessari per la liquidazione e l’assemblea può intervenire per delimitare o indirizzarne l’attività. Il liquidatore, quale rappresentante legale dell’ente, può agire tempestivamente nella richiesta di fallimento in proprio, in ciò consistendo, in assenza di valide alternative negoziali, la migliore forma di liquidazione possibile.

Deve inferirsi dal sistema l’esistenza di una regola generale che prescrive al liquidatore della società di attivarsi diligentemente per impedire un aggravamento del dissesto, in funzione di tutela dei creditori che vantano sul patrimonio sociale la garanzia generica dei loro crediti. Regola generale che trova conferma attuale nel sistema di emersione tempestiva della crisi congegnato dal codice della crisi e dell’insolvenza.

L’insolvenza di una società in liquidazione si misura sotto il profilo patrimoniale e non sotto quello finanziario. È, cioè, insolvente quella società che, posta in liquidazione, non è in grado con il suo patrimonio di soddisfare tutti i creditori. Infatti, quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione dell’art. 5 l. fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto – non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori previa realizzazione delle attività e alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci – non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte.

Il curatore, quando agisce ai sensi dell’art. 146 l. fall., cumula tanto l’azione di responsabilità sociale ex art. 2393 c.c., quanto l’azione dei creditori ex art. 2394 c.c. Il curatore è, dunque, legittimato a pretendere il risarcimento del danno che il patrimonio della società ha subito per effetto della condotta inadempiente del liquidatore

Anche la condotta gestoria del liquidatore beneficia del metro di giudizio della business judgement rule, in forza della quale ciò che forma oggetto di sindacato da parte del giudice non è la convenienza e/o l’utilità dell’atto in sé, né il risultato che abbia eventualmente prodotto, bensì le modalità di esercizio del potere discrezionale spettante agli amministratori, che per essere immuni da critiche non devono travalicare i limiti della ragionevolezza.

21 Settembre 2022

La responsabilità del liquidatore

Sui liquidatori grava una responsabilità sociale illimitata, parificata in tutto a quella degli amministratori, in relazione alla natura dell’incarico rivestito, da valutarsi in rapporto al dovere del liquidatore di agire in modo conservativo, utile alla liquidazione, sì da evitare la dispersione del patrimonio sociale, oramai destinato alla liquidazione, e dunque al pagamento dei debiti sociali e alla distribuzione dell’attivo, ove presente, a favore dei soci, come precisato nel art. 2489, co. 1, c.c. Difatti i creditori, fino a che la società non sia stata cancellata, anche se in ipotesi quest’ultima versi in stato di scioglimento, fanno affidamento sul patrimonio della società, il quale costituisce la garanzia patrimoniale generica su cui possono rivalersi e di cui possono chiedere persino la reintegrazione ex art. 2394 c.c., sia agli amministratori che ai liquidatori.

La responsabilità del liquidatore, una volta che ha provveduto a cancellare la società, permane direttamente nei confronti del singolo creditore rimasto eventualmente insoddisfatto, ove il mancato pagamento del credito sia derivato da sua colpa, in considerazione della violazione di obblighi inerenti alla natura dell’incarico che il liquidatore ricopre nella fase in cui la società è sciolta e non può più dinamicamente operare nell’esercizio dell’impresa, con assunzione di rischi ed oneri assimilabili a quelli degli amministratori che agiscono in una situazione di scioglimento non dichiarato, ex art. 2485 c.c.

Il creditore rimasto insoddisfatto dall’attività liquidatoria, per far valere la responsabilità del liquidatore, dovrà dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito provato come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell’apertura della fase di liquidazione e il conseguente danno determinato dall’inadempimento del liquidatore alle sue obbligazioni, idoneo a provocarne la lesione, con riferimento alla natura del credito e al suo grado di priorità rispetto ad altri andati soddisfatti. Ex latere debitoris, in relazione al principio di vicinanza della prova e agli obblighi gravanti sul liquidatore, il liquidatore dovrà provare l’adempimento, in concreto, dell’obbligo di procedere a una corretta e fedele ricognizione dei debiti sociali (costituente la c.d. massa passiva) e l’adempimento dell’obbligo di pagare i debiti sociali nel rispetto della par condicio creditorum, secondo il loro ordine di preferenza, senza alcuna pretermissione di crediti all’epoca coesistenti.

15 Luglio 2022

Estinzione della s.r.l. e responsabilità di soci e liquidatori nei confronti dei creditori insoddisfatti

Ferma restando l’estinzione immediata della società indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o di rapporti non ancora definiti ad essa facenti capo ex art. 2495, co. 1, c.c., eventuali passività lamentate dai creditori non possono che farsi valere nei confronti di soli due soggetti: i soci, fino alla concorrenza delle somme riscosse nel bilancio finale di liquidazione, e i liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa (o dolo) di questi. In particolare, la responsabilità dei primi va commisurata alle caratteristiche dell’organizzazione societaria estinta e, per il caso delle s.r.l., così come durante la vita del soggetto sociale il patrimonio è stato posto come limitazione della responsabilità per le obbligazioni sociali verso terzi (art. 2462, co. 1, c.c.), estinta la società allora i soci potranno rispondere verso i creditori insoddisfatti nei limiti di quanto da ciascuno ricevuto in base al bilancio finale di liquidazione (e con la distribuzione di acconti di liquidazione), costituendo tali somme nient’altro che il patrimonio residuo della medesima società. Laddove la società venga cancellata senza distribuzione di attivo la limitazione di responsabilità degli (ex) soci non è idonea a creare di per sé pregiudizio ai creditori poiché esito finale dell’evidente incapienza del patrimonio sociale rispetto ai crediti da soddisfare.

Quanto alla domanda proponibile nei confronti del liquidatore ex art. 2495, co. 3, c.c., soggetto potenzialmente illimitatamente responsabile, trattandosi di azione aquiliana, grava sul creditore rimasto insoddisfatto l’onere di dedurre ed allegare che la fase di pagamento dei debiti sociali non si sia svolta nel rispetto del principio della par condicio creditorum. In particolare, quanto alla dimostrazione della lesione patita, il medesimo creditore è tenuto a dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito, provato come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell’apertura della fase di liquidazione, e il conseguente danno determinato dall’inadempimento del liquidatore alle sue obbligazioni, astrattamente idoneo a provocarne la lesione, con riferimento alla natura del credito e al suo grado di priorità rispetto ad altri andati soddisfatti.

La responsabilità di cui agli artt. 2394 e 2476, co. 6, c.c. ha natura extracontrattuale ed è determinata dalla condotta dell’amministratore funzionale a una riduzione del patrimonio sociale, tale da cagionarne la perdita della tipica funzione di garanzia generica ex art. 2740 c.c., con conseguente diritto dei creditori sociali ad ottenere, quale risarcimento, l’equivalente della prestazione che la società non è più in grado di compiere. L’azione esperibile, in presenza di tali presupposti, è altresì da considerarsi diretta ed autonoma rispetto quella parimenti proponibile dalla società stessa – anche per motivi di ratio sistematica, vista l’espressa previsione del successivo periodo del medesimo comma che la rinuncia all’azione da parte della società, non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali – e soggetta al termine quinquennale di prescrizione, decorrente non già dalla commissione dei fatti integrativi le responsabilità summenzionata, bensì dal momento, evidentemente successivo, della manifestazione dell’evento dannoso, ossia dall’oggettiva percepibilità da parte dei creditori dell’insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare le proprie ragioni, rispetto alla quale assume sicura rilevanza il bilancio di esercizio, vista la sua leggibilità anche per operatori non particolarmente qualificati.

7 Luglio 2022

Responsabilità risarcitoria del liquidatore per violazione della par condicio creditorum

Costituisce inderogabile dovere incombente per legge sul liquidatore di una società di capitali quello di procedere a un’ordinata liquidazione del patrimonio sociale, (i) pagando i debiti secondo il principio della par condicio creditorum, ma nel dovuto rispetto dei diritti di precedenza dei creditori cc.dd. privilegiati (ii) e, quindi, graduando, dopo averli verificati, l’insieme dei debiti sociali, il pagamento dei quali deve avvenire dando precedenza a quelli assistiti da cause legittime di prelazione.

In tanto un creditore può dedurre una responsabilità ex artt. 2489, co. 2, e 2395 c.c. dell’organo liquidatorio, in quanto dimostri di esser stato soddisfatto in percentuale inferiore a quella di altri creditori di pari grado, con conseguente danno equivalente (non all’ammontare stesso del credito, bensì) all’importo che egli avrebbe avuto diritto di ricevere ove il liquidatore avesse correttamente applicato i suddetti principi.

8 Giugno 2022

La giusta causa per la revoca dei liquidatori di s.r.l.

I rimedi ex art. 2487, co. 2 e 4, c.c. per la nomina e la revoca dei liquidatori sono rimedi separati e autonomamente esperibili. L’azione di responsabilità ex art. 2476, co. 3, c.c. può essere anticipatoriamente richiesta in via cautelare ante causam ex art. 700 c.p.c. per l’immediata revoca del liquidatore, con gli effetti di ‘provvisoria stabilità’ di cui all’art. 669-octies, co. 6, c.p.c., in funzione della successiva azione di merito ex art. 2487, co. 4, c.c. volta alla sola revoca in via definitiva dalla carica liquidatoria.

La giusta causa per la revoca ex art. 2487, co. 4, c.c. ricorre in presenza di grave inadempimento ad obblighi di legge (quale la mancata convocazione dell’assemblea in presenza di formale richiesta dei soci e la mancata presenza alle assemblee legittimamente convocate da questi, con conseguente violazione del diritto a sentir dibattere in assemblea le rilevanti questioni riconosciuto loro dall’art. 2479, co. 1, c.c.). Ricorre inoltre in presenza di modalità inaccettabili e contrarie a buona fede oggettiva nello svolgimento dell’incarico liquidatorio tali da incrinare il rapporto di fiducia con i soci (quale l’atteggiamento di rifiuto di qualsiasi legittima richiesta di condivisione e chiarimento delle modalità della liquidazione in corso, sia pur in difetto di vincoli in tal senso nella delibera di nomina).

16 Maggio 2022

I rapporti conflittuali tra i soci non integrano di per sé la causa di scioglimento della società per impossibilità di funzionamento dell’assemblea

La revoca dell’amministratore, pur se dovuta al venir meno dell’affectio societatis e del vincolo di reciproca fiducia tra i soci, dimostra il funzionamento dell’assemblea, con conseguente insussistenza dei presupposti della causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, n. 3, c.c.

In tema di avviso di convocazione dell’assemblea dei soci, il termine di cui all’art. 2479-bis c.c. è rispettato se l’invio della convocazione avviene nei termini non è invece necessario che anche la ricezione avvenga nel termine ivi previsto.

13 Maggio 2022

Responsabilità del liquidatore di una società di capitali

L’inadempimento contrattuale di una società di capitali nei confronti di un terzo non implica automaticamente l’esistenza di una responsabilità risarcitoria degli amministratori (o del liquidatore), atteso che tale responsabilità – di natura extracontrattuale – richiede la prova di una condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, del danno e del nesso di causalità sussistente fra i due.

L’approdo cui è pervenuto il legislatore nel conformare la responsabilità del liquidatore è frutto di una linea comune di pensiero giurisprudenziale e dottrinale che nel corso degli anni si è sviluppata intorno al tema della responsabilità degli organi liquidatori nei confronti della società, dei creditori sociali e dei soci, sull’assunto che essi sono tenuti al precipuo obbligo di liquidare al meglio – in modo utile – l’attivo patrimoniale, per ripartirlo equamente tra i soci solo una volta effettuato il pagamento dei debiti sociali, secondo l’ordine legale di priorità dei corrispondenti crediti sancito nel piano di liquidazione.

Quanto alla prova della effettiva lesione del credito subita a causa della condotta di mala gestio addebitabile al liquidatore, non rileva tanto la sussistenza o meno di un residuo attivo da ripartire tra i soci nel bilancio finale di liquidazione, né tantomeno l’appostazione o meno nel bilancio finale di liquidazione del corrispondente debito sociale non pagato, quanto piuttosto l’indicazione, da parte del creditore che agisce in responsabilità, del credito sociale non considerato e dello specifico danno subito in rapporto ad altri crediti andati soddisfatti, poiché, tramite il richiamo alla colpa del liquidatore, occorre dedurre e allegare le specifiche condotte del liquidatore che si pongono in violazione degli obblighi connaturati all’incarico ricevuto.

Conseguentemente ex latere creditoris, il creditore rimasto insoddisfatto dall’attività liquidatoria, per far valere la responsabilità del liquidatore, dovrà dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito provato come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell’apertura della fase di liquidazione e il conseguente danno determinato dall’inadempimento.

11 Maggio 2022

Revoca giudiziale del liquidatore di s.r.l.

L’art. 2487, comma 3 c.c. impone agli amministratori cessati, e non già al liquidatore, la consegna dei libri sociali, di una situazione patrimoniale ed economica alla data dello scioglimento, di un rendiconto relativo al periodo successivo all’ultimo bilancio approvato. La ratio della previsione si rinviene, da un lato, nella circostanza che sono costoro che, avendo amministrato, devono rendere il conto della loro gestione alla società e dunque al liquidatore subentrante e non già il contrario, e, dall’altro, che tali adempimenti sono necessari affinché il liquidatore possa operare efficacemente. Pertanto, non può affermarsi una responsabilità del liquidatore per il mancato assolvimento di tale obbligo.

Il primo comma della medesima norma attribuisce all’assemblea il potere di deliberare sui criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione; di conseguenza, nel caso in cui i soci abbiano stabilito i criteri di liquidazione, non possono dolersi della asserita mancata comunicazione (da parte del liquidatore) dei criteri adottati per la realizzazione della liquidazione stessa.

Il rifiuto, opposto dal liquidatore, alla richiesta di mettere a disposizione dei soci la documentazione sociale e contabile necessaria al fine di consentire la verifica della bozza di bilancio costituisce senz’altro inadempimento degli obblighi imposti dall’art. 2476, comma 2 c.c. Tuttavia, non si tratta di un inadempimento di gravità tale da giustificare di per sé solo la revoca della carica di liquidatore.