26 Febbraio 2021

Legittimazione a proporre azione di annullamento delle delibere consiliari

La legittimazione a impugnare le delibere che non sono prese in conformità della legge o dello statuto è riservata, oltre che al collegio sindacale, ai soli amministratori “assenti o dissenzienti”, previsione questa che è in genere intesa in senso restrittivo e non comprende l’amministratore presente, che ha manifestato la propria astensione dal voto. Il fondamento dell’impugnazione non consiste, tuttavia, nella generica contrarietà a legge o statuto della deliberazione, ma nella violazione dell’art. 2391 co. 3 c.c. che riguarda l’invalidità delle delibere che siano state adottate nella “inosservanza di quanto disposto nei due precedenti commi” o “con il voto determinante dell’amministratore interessato”, qualora possano “recare danno alla società”.

Le tre ipotesi delineate sono tra loro alternative e consistono: nella omessa o insufficiente comunicazione, da parte dell’amministratore interessato, circa la “natura, termini, origine e portata” del suo interesse all’operazione (comma 1); nella insufficiente o contraddittoria motivazione delle ragioni di convenienza dell’operazione, dal punto di vista della società (comma 2); nell’adozione della delibera con il voto determinante dell’amministratore interessato. Requisito comune a ciascuna delle tre ipotesi è la potenzialità dannosa della delibera.

Seppure si tratti di requisito necessario non sufficiente, la potenzialità dannosa è dunque “il cuore” dell’invalidità ed è anche criterio di interpretazione, nei termini più ampi,
della legittimazione a proporre l’azione di annullamento, stante il fatto che, in generale, gli amministratori sono tenuti a fare quanto è in loro potere per impedire, eliminare o attenuare le conseguenze dannose dei fatti pregiudizievoli di cui siano venuti a conoscenza (cfr. art. 2392 co. 2 c.c.) e che l’amministratore astenuto dal voto non può essere qualificato intuitivamente come “consenziente alla deliberazione”, unico soggetto a cui l’art. 2391 co. 3 c.c. nega la legittimazione a impugnare e solo “se sono stati adempiuti gli obblighi di informazione previsti dal primo comma”.

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Viktoriya Genyk

Viktoriya Genyk

Dottoressa in Diritto per l'Impresa nazionale e internazionale con specializzazione in Azienda e Impresa privata. Tesi in Diritto penale dell'economia: "Collaborazione processuale e premialità nella disciplina...(continua)

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