12 Novembre 2014

Storno di agenti e migrazione di clientela: profili di illiceità e metodi di risarcimento del danno

Qualora parte attrice si dolga esclusivamente di profili di concorrenza sleale c.d. pura, non interferente con i diritti di proprietà industriale, la competenza appartiene al Tribunale in composizione monocratica e, per mero riparto degli affari interni, al giudice della Sezione Specializzata.

Il discrimen tra natura fisiologica e lecita dello storno del dipendente e condotta sleale va individuato nell’intensità lesiva del comportamento. Lo storno è illecito ove il concorrente sleale si appropri di risorse umane altrui con modalità che mettano potenzialmente a rischio la continuità aziendale dell’imprenditore nella sua capacità competitiva, ovvero provochino alterazioni oltre la soglia di quanto possa essere ragionevolmente previsto, non suscettibili di essere assorbite ed elise attraverso un’adeguata organizzazione dell’impresa ed aventi dunque un effetto shock sull’ordinaria attività di offerta di beni o di servizi.

I vantaggi in termini di avviamento e clientela derivati dall’attività promozionale degli agenti/procacciatori sono patrimonio acquisito del preponente, con la conseguenza che il necessario rispetto delle regole di correttezza ex art. 2598 n. 3 c.c. non consente al nuovo datore di lavoro di utilizzare gli ex collaboratori del concorrente per un sistematico contatto con i clienti già trattati al fine di acquisirli a proprio favore.

Quanto allo storno di dipendenti, “il capitale umano” è dotato di un valore economicamente apprezzabile, in una prospettiva organizzativa: esso è una risorsa dell’impresa composta dalle conoscenze e dalle competenze detenute dal personale (abilità, formazione, esperienza e valore personale) tanto più apprezzabile quanto già è organizzata ed abituata ad operare nel team. Sono in proposito state elaborate metodologie di valutazione basate su costi o, in alternativa, sulle potenzialità economico-reddituali. Tali criteri possono tuttavia fornire solo un parametro della valutazione ma non fornire elementi definitivi: va quindi fatto ricorso al criterio dell’equità ed alle nozioni di comune esperienza per poter integrare le risultanze probatorie; in tal senso, la quantificazione del pregiudizio utilizza come base di calcolo i costi necessari all’azienda per poter formare dipendenti di analogo profilo professionale a quello in capo ai dipendenti stornati.

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Carmine Di Benedetto

Carmine Di Benedetto

Dottorando di ricerca in Diritto privato, diritto romano e cultura giuridica europea presso l'Università di Pavia. Laurea in Giurisprudenza (110/110 con lode) presso Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano, 2013....(continua)

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