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10 Novembre 2021

Principi in tema di abbandono della domanda, responsabilità dell’amministratore, efficacia probatoria delle scritture contabili

Se, dalla valutazione complessiva del comportamento processuale di parte attrice, deve desumersi la rinuncia tacita alla domanda proposta nei confronti di parte convenuta, derivandosi la chiara – ancorché implicita – volontà di abbandonare la domanda stessa, si deve ritenere che l’abbandono della domanda equivale a rinuncia dell’azione che, diversamente dalla rinuncia agli atti del giudizio, non richiede l’accettazione della controparte né l’adozione di particolari formalità, se non (nell’ipotesi di rinuncia integrale alla pretesa azionata nei confronti del convenuto) il rilascio al difensore di un mandato che gli consenta anche di disporre del diritto sostanziale.

La responsabilità dell’amministratore nei confronti della società fallita ha natura indiscutibilmente contrattuale e, quindi, una volta delineata dal Curatore la violazione, da parte del convenuto, dell’obbligo fondamentale della destinazione all’impiego sociale delle risorse derivanti dall’attività di impresa mediante prelievi ingiustificati analiticamente indicati, è onere dell’amministratore dimostrare di aver esattamente adempiuto al suo mandato, provando la destinazione specifica di ciascun prelievo.

Le scritture contabili redatte dall’organo amministrativo, ivi compresi i c.d. “mastrini” che raccolgono le annotazioni dei singoli conti corrispondenti ai diversi rapporti intrattenuti dalla società, fanno prova contro l’amministratore per il semplice fatto che ne è l’autore e che è gravato dall’obbligo specifico della loro esatta e corretta tenuta; costituiscono efficaci elementi di prova, quindi, non solo le annotazioni contabili a lui sfavorevoli ma anche le eventuali “omissioni” o erronee appostazioni, che, comunque, si traducono nella violazione dell’obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili.