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17 Maggio 2021

L’inadempimento della società etero-diretta non dimostra la diminuzione patrimoniale della controllata e la condotta abusiva della controllante

Il creditore sociale che intenda far volere la responsabilità risarcitoria ex art.2497 c.c. di un ente che esercita attività di direzione e coordinamento sulla società debitrice è gravato dall’onere di provare tutti i seguenti fatti costitutivi della pretesa: l’esercizio da parte della società convenuta di attività di direzione e coordinamento rispetto alla società debitrice; l’essere stato tale esercizio connotato da violazione dei principi di corretta gestione societaria; l’avere siffatto esercizio prodotto una lesione alla integrità del patrimonio della società etero-diretta tale da impedire il soddisfacimento del creditore attore sul patrimonio della etero-diretta.

L’inadempimento della società debitrice etero-diretta di per sé è un fatto dal quale non è possibile inferire in via univoca una diminuzione patrimoniale della controllata posta in diretto nesso causale con la condotta della controllante e che è insufficiente a dimostrare che, in concreto, la pretesa condotta abusiva della controllante abbia prodotto la lesione della integrità del patrimonio sociale della eterodiretta rilevante ai fini dell’affermazione della responsabilità prevista dall’art.2497 cc.

10 Ottobre 2019

Fallimento di società appartenente a un gruppo: responsabilità dell’ente dominante, postergazione e ruolo del curatore fallimentare

La responsabilità dell’ente dominante ai sensi dell’art. 2497 c.c. può dipendere da comportamenti tenuti “nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui”; è dunque indifferente che i pagamenti, eseguiti in forza della etero-direzione asseritamente esercitata da una società del gruppo, siano andati a vantaggio di altra società del gruppo poi fallita. La configurabilità di un’ipotesi di controllo c.d. esterno (art. 2359 c.1 n.3 c.c., richiamato dall’art. 2497 sexies c.c.) “postula l’esistenza di determinati rapporti contrattuali la cui costituzione ed il cui perdurare rappresentino la condizione di esistenza e di sopravvivenza della capacità di impresa della società controllata” (così Cass. civ. n. 12094 del 27.09.2001). A tal fine è necessario un rapporto derivante dai suddetti vincoli contrattuali di subordinazione tra le due società, tale da ridurre l’una ad una vera e propria società satellite dell’altra, anche per il tempo successivo alla scadenza dell’accordo, vuoi in virtù di accordi stabili nella loro durata, vuoi perché garantiti da una forte penale. Si è anche sostenuto che “i particolari vincoli contrattuali, idonei a configurare l’influenza dominante esterna, devono rappresentare non già la mera occasione, bensì una vera e propria condizione di esistenza e di sopravvivenza, a loro volta, non della società in sé, intesa come semplice dato di realtà, bensì della capacità di impresa, ovvero delle risorse economico-produttive strutturalmente orientate rispetto ai vincoli contrattuali che la legano alla controllante e da questi, pertanto, funzionalmente dipendenti” (così Trib. Monza 26.08.2004). Tale situazione non sussiste quando “la società che si assume controllata possa sciogliersi dai vincoli contrattuali che la legano alla controllante ed instaurare identici rapporti contrattuali con altre società” (così Corte App. Milano 28.04.1994). La possibilità di configurare l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento su base contrattuale implica invece la necessità di individuare clausole che attribuiscano ad uno dei contraenti la facoltà di imporre all’altro una determinata struttura finanziaria o una determinata politica di mercato, nonché il potere di interferire sulle decisioni rilevanti per l’esercizio dell’impresa dell’altro contraente.

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