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Competenza delle Sezioni Specializzate in caso di controversie relative a contratti di finanziamento
La competenza delle Sezioni specializzate in materia di impresa si determina, ai sensi dell’art. 3 d.lgs. 168/2003, in relazione all’oggetto...

La competenza delle Sezioni specializzate in materia di impresa si determina, ai sensi dell’art. 3 d.lgs. 168/2003, in relazione all’oggetto della controversia, dovendo sussistere un legame diretto di questa con i rapporti societari e le partecipazioni sociali, riscontrabile alla stregua del criterio generale del petitum sostanziale, identificabile in funzione soprattutto della causa petendi, per la intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio. La lettera e la ratio della norma si concretano da un lato, nell’esistenza di una controversia relativa a rapporti societari ed a partecipazioni sociali; e, dall’altro lato, nel rilievo di situazioni rilevanti sulla vita sociale, sia pure in senso ampio, con riguardo quindi non solo alle vicende di governo interno, ma anche alla persona del singolo socio, nei suoi rapporti con la società, con gli organi societari o con gli alti soci. Per converso, laddove la controversia non coinvolga alcuna questione relativa ad un rapporto societario, l'interpretazione razionale della disposizione induce ad attribuire la controversia alla competenza del Giudice non specializzato. La partecipazione azionaria si presta, a seconda dei casi, a costituire lo strumento per esprimere le diverse possibili motivazioni dell’investimento azionario, ora volto ad una funzione propulsiva nell’impresa ed ora, invece, ad un ruolo essenzialmente finanziario del socio, la cui partecipazione in società resta un mero investimento, con sostanziale indifferenza alla dialettica assembleare, organo che diventa la sede delle istanze dei creditori – investitori rispetto alla maggioranza che la governa, con la conseguenza che in queste ipotesi le controversie che hanno ad oggetto la partecipazione azionaria rientrano nel novero di quelle devolute al Tribunale delle imprese. Benché invochi la violazione dell’art. 2358 c.c., la domanda di accertamento della validità o meno di contratti di finanziamento collegati all’acquisto azionario introduce una controversia che non ha come precipuo oggetto un rapporto di natura societaria tra socio e società (nemmeno in considerazione di un ruolo semplicemente finanziario del socio), ma unicamente la sussistenza o l’insussistenza delle pretese creditorie derivanti da affermati rapporti di finanziamento funzionali agli acquisti azionari e non può pertanto reputarsi appartenente alla competenza per materia del Tribunale delle Imprese. Le domande di accertamento di nulla dovere in conseguenza della nullità del contratto di finanziamento ex art. 2358 c.c. non rientrano nella competenza funzionale del foro fallimentare e ben possono essere coltivate in sede ordinaria.

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Natura e contenuto dell’azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare
L’azione di responsabilità contro l’amministratore della società fallita proposta dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 146 l. fall. compendia sia...

L’azione di responsabilità contro l’amministratore della società fallita proposta dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 146 l. fall. compendia sia l’azione sociale di responsabilità prevista per le s.r.l. dall’art. 2476, terzo comma, c.c. sia l’azione di responsabilità proponibile dai creditori della s.r.l. ai sensi dell’art. 2476, sesto comma, ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della s.r.l. fallita; patrimonio visto unitariamente come garanzia sia per i soci che per i creditori sociali. Da ciò discende che il curatore fallimentare può invocare l’agevolazione probatoria che deriva dalla natura contrattuale della responsabilità degli amministratori nei confronti della società e tipica dell’azione sociale di responsabilità, cosicché è sufficiente che il curatore fallimentare alleghi specificamente l’inadempimento rimproverato all’amministratore, essendo poi onere di quest’ultimo dimostrare di aver svolto diligentemente il proprio incarico. Il curatore fallimentare, inoltre, avrà sempre e comunque l’onere di dimostrare il nesso di causalità e la sussistenza del danno.

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Revoca dell’amministratore che viola il divieto di concorrenza
L’amministratore che viola il divieto di concorrenza stabilito dall’art. 2390 c.c., la cui ratio va rinvenuta nella funzione di prevenzione...

L’amministratore che viola il divieto di concorrenza stabilito dall’art. 2390 c.c., la cui ratio va rinvenuta nella funzione di prevenzione di un potenziale conflitto di interessi e di tutela del perseguimento dell’interesse sociale, può essere revocato dall’ufficio e condannato al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2390, co. 2, c.c. La condotta tenuta dall’amministratore in violazione di tale divieto è inoltre idonea a giustificare l’emanazione di un provvedimento cautelare di revoca richiesto dal socio ex art. 2476, co. 3, c.c., costituendo un atto di grave irregolarità nella gestione della società.

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Onere della prova nella simulazione assoluta di donazione di azioni
La simulazione assoluta della donazione di azioni, quando ricorrono le condizioni previste dall’art. 2724 c.c., può essere provata tanto per...

La simulazione assoluta della donazione di azioni, quando ricorrono le condizioni previste dall’art. 2724 c.c., può essere provata tanto per via testimoniale quanto tramite presunzioni. L’accordo simulatorio, pur essendo riconducibile ai patti per i quali opera il limite all’ammissibilità della prova testimoniale, non rientra tra gli atti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem, il che consente di superare il divieto discendente dagli articoli 2722 e 2729 c.c. Il documento, non contestato, nel quale è contenuta la dichiarazione della natura simulata della donazione e che reca la sottoscrizione della persona contro la quale è prodotto, seppur privo di data, è idoneo a costituire quel principio di prova per iscritto che consente di provare la simulazione assoluta anche tramite presunzioni.

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Azione di nullità della delibera assembleare e legittimazione ad agire
L’azione di nullità della delibera assembleare, a differenza di quanto previsto dal legislatore per l’azione di annullamento, necessita dell’allegazione e...

L’azione di nullità della delibera assembleare, a differenza di quanto previsto dal legislatore per l’azione di annullamento, necessita dell’allegazione e della prova, da parte del soggetto che impugna la delibera, di un interesse concreto e attuale alla declaratoria di nullità, in quanto esso è la fonte della sua legittimazione ad agire in giudizio e deve sussistere, quale condizione dell’azione ex art. 100 c.p.c., non solo al momento della proposizione della domanda ma anche al momento della decisione. In particolare, a prescindere dal fatto che il soggetto agente ricopra o meno la qualifica di socio, laddove venga denunciata la nullità della delibera assembleare ex art. 2379, c.c., non è sufficiente allegare un generico interesse al rispetto della legalità, ma è necessaria l’allegazione e la prova di un’incidenza negativa delle irregolarità denunciate nella sfera giuridica di colui che propone l’impugnativa.

[Nel caso di specie, il Tribunale di Napoli ha rigettato l’azione di nullità della delibera di approvazione del bilancio avanzata dal socio receduto, il quale, divenuto titolare dei soli diritti partecipativi funzionali alla liquidazione della quota sociale per effetto della perdita della qualifica di socio, non aveva fornito la prova del rischio di lesione del proprio diritto di ricevere una corretta liquidazione della quota oggetto di recesso.]

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Legittimazione del socio rappresentato da un procuratore generale all’esercizio dei diritti e delle prerogative sociali
Il socio cha abbia conferito ad un terzo una procura generale, di carattere sostanziale e processuale, avente ad oggetto l’esercizio...

Il socio cha abbia conferito ad un terzo una procura generale, di carattere sostanziale e processuale, avente ad oggetto l’esercizio dei diritti sociali continua ad essere legittimato a compiere in via autonoma le attività contemplate in tale procura e può pertanto richiedere la nomina di un rappresentate comune delle quote in communio pro indiviso.

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Presupposti dell’intervento del tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c.
Nel procedimento ex art. 2409 c.c., l’intervento dell’autorità giudiziaria è ammissibile solo in presenza di gravi irregolarità gestionali concretamente riferibili...

Nel procedimento ex art. 2409 c.c., l’intervento dell’autorità giudiziaria è ammissibile solo in presenza di gravi irregolarità gestionali concretamente riferibili a violazioni di doveri di legge o statutari degli amministratori, idonee ad arrecare danno alla società. Non può, invece, fondarsi su meri sospetti generici, su questioni attinenti alla convenienza o all'opportunità delle scelte imprenditoriali, né su condotte già sottoposte a verifiche ispettive o penali che non abbiano evidenziato irregolarità.

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Estinzione per cancellazione dal Registro delle Imprese e trasferimento di beni e debiti ai soci: onere della prova del creditore che agisce contro il socio della società estinta
A seguito della cancellazione di una società di capitali dal Registro delle Imprese, si determina un fenomeno di tipo successorio...

A seguito della cancellazione di una società di capitali dal Registro delle Imprese, si determina un fenomeno di tipo successorio in relazione ai rapporti giuridici non definiti facenti capo all'ente estinto. In particolare: (i) le obbligazioni della società non si estinguono ma si trasferiscono in capo ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del loro regime di responsabilità durante la vita della società e (ii) i diritti e i beni non compresi nel bilancio finale di liquidazione si trasferiscono ai soci in regime di contitolarità o comunione indivisa.

Il creditore che agisce in giudizio nei confronti del socio di una società estinta, al fine di far accertare il trasferimento a quest'ultimo di un bene immobile (asseritamente appartenente alla società),  ha l'onere di provare che tale bene fosse effettivamente ricompreso nel patrimonio della società al momento della sua estinzione e, in assenza di tale prova, la domanda deve essere respinta. A tal fine, non è sufficiente la produzione di una mera visura catastale, la quale ha finalità prevalentemente fiscali e non costituisce prova della proprietà, ma è necessaria la produzione di una visura ipocatastale, effettuata presso i registri immobiliari, o di altra idonea documentazione che attesti in modo certo ed effettivo la titolarità del diritto reale in capo alla società al momento della sua estinzione.

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Controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. e consistenza delle gravi irregolarità
Il procedimento di controllo giudiziario risponde all’esigenza di ripristinare la legalità violata dell’agire amministrativo, quando vi siano state violazioni idonee...

Il procedimento di controllo giudiziario risponde all’esigenza di ripristinare la legalità violata dell’agire amministrativo, quando vi siano state violazioni idonee a compromettere il corretto esercizio dell’attività di gestione dell’impresa; non ha, invece, finalità sanzionatorie in ordine all’agire degli amministratori. L’ex liquidatore non è legittimato ad intervenire nel procedimento di volontaria giurisdizione ex art. 2409 c.c., in quanto non sussiste alcun interesse qualificato a difendersi ma solo un mero interesse di fatto, che non è tale da legittimarne l’intervento; egli avrebbe piena legittimazione soltanto nella sede contenziosa, laddove venisse intentata un’azione di responsabilità. Al contrario, sussiste una piena legittimazione ad intervenire in capo ai soci titolari di una partecipazione qualificata, a prescindere dal fatto che essi sostengano le ragioni di parte ricorrente o si oppongano all’accoglimento del ricorso ex art. 2409 c.c.; depone in tal senso il fondamentale principio di economia processuale, poiché ammettere l’intervento da parte del socio, in particolare ove legittimato ex se ad invocare tale strumento di tutela, consente di evitare l’inutile dispendio di attività processuale che deriverebbe dall’instaurazione di un secondo procedimento, da riunire a quello già introdotto.

Il rimedio ex art. 2409 c.c. può essere invocato laddove vi sia il fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione, tali da arrecare danno alla società o a una o più società controllate; ne deriva che non assume rilievo qualsiasi inosservanza dei doveri gravanti sull'organo amministrativo, ma soltanto quelle violazioni che siano idonee a compromettere il corretto esercizio dell’attività di gestione dell’impresa. Sono irrilevanti le censure attinenti al merito, con due sole eccezioni: le scelte palesemente irragionevoli o negligenti e le scelte economiche compiute dagli amministratori in conflitto di interessi, a condizione che ricorra l'ulteriore presupposto della potenzialità del danno per la società. In caso di conflitto di interessi tra i rappresentanti e la società rappresentata, la sfera dei poteri del giudice si amplia fino ad includere il sindacato sulla ragionevolezza delle scelte di gestione assunte dagli amministratori nell’espletamento del loro incarico, in quanto il limite derivante dalla c.d. business judgement rule non opera laddove si tratti di sindacare l’osservanza dell'obbligo di fedeltà, compreso tra quelli richiamati dall'art. 2409, comma 1, c.c. e sotteso ai precetti normativi in tema di conflitto di interessi. Il ricorrente che invoca la sussistenza di un conflitto di interessi tra il collegio dei liquidatori e la società ha l’onere di fornirne la prova mediante qualsiasi strumento probatorio e, perché sia configurabile, occorre che il rappresentante e la società siano portatori di interessi non solo confliggenti, ma incompatibili, con la conseguenza che non sussistono i presupposti per addivenire ad un regolamento contrattuale che risponda ad un apprezzabile interesse della società e che non sia per essa soltanto pregiudizievole; tale situazione deve emergere da indici ed elementi di anomalia del contesto concreto in cui la scelta è stata compiuta.

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Sequestro conservativo e condotte distrattive dell’amministratore della società
È meritevole di accoglimento la domanda di sequestro conservativo ante causam promossa nei confronti dell’ex amministratore di società fallita, ove...

È meritevole di accoglimento la domanda di sequestro conservativo ante causam promossa nei confronti dell’ex amministratore di società fallita, ove risulti documentalmente l’avvenuta distrazione di somme ingenti dalle casse sociali, in assenza di giustificazione, e sia dimostrata l’incapienza patrimoniale del resistente nonché la sua attitudine a porre in essere condotte dissipative, anche successivamente all’apertura della procedura concorsuale. Ai fini del periculum in mora, rileva altresì l’omessa predisposizione dei bilanci societari e la perdita del patrimonio netto, quale indice di volontà elusiva e pregiudizievole per la massa dei creditori.

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Recesso del socio ed esclusione delle ipotesi derogabili
Nelle società per azioni, quando lo statuto riproduce integralmente le ipotesi di recesso previste dall’art. 2437, comma 1, c.c., omettendo...

Nelle società per azioni, quando lo statuto riproduce integralmente le ipotesi di recesso previste dall’art. 2437, comma 1, c.c., omettendo la lettera e) e inserendo una clausola di rinvio al codice civile, deve ritenersi che la società abbia già integralmente disciplinato la materia, “disponendo diversamente” ai sensi del comma 2 del medesimo articolo. L’elencazione statutaria, così formulata, è esaustiva e preclude l’operatività delle ulteriori cause di recesso previste dalla legge; ne consegue che il rinvio alla disciplina codicistica non può valere a riaprirle. La modifica statutaria concernente le modalità di circolazione delle azioni non legittima, pertanto, il recesso del socio dissenziente ex art. 2437, comma 2, lett. b, c.c., che deve ritenersi inefficace.

Il socio che recede – nella operatività di una clausola che preveda la causa di recesso da lui fatta valere – cessa immediatamente di far parte della società giusta suo atto libero e recettizio onde il recesso opera, automaticamente, se ed in quanto chi lo esercita invochi una determinata facoltà datagli dalla legge o dallo statuto ed i fatti che ne legittimerebbero l’esercizio alla luce di una certa disciplina.

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Abuso di maggioranza e delibera di aumento di capitale mediante compensazione con crediti da finanziamento soci
Non integra un’ipotesi di abuso di maggioranza la delibera di aumento di capitale sociale approvata con il voto determinante dei...

Non integra un'ipotesi di abuso di maggioranza la delibera di aumento di capitale sociale approvata con il voto determinante dei soci di maggioranza e da questi sottoscritta mediante compensazione con crediti da finanziamento soci, qualora l'operazione sia sorretta da un apprezzabile interesse sociale, quale il rafforzamento della struttura patrimoniale della società in vista di futuri investimenti o per migliorare l'affidabilità creditizia nei confronti del sistema bancario. La conseguente diluizione della partecipazione dei soci di minoranza, che non abbiano esercitato il proprio diritto d'opzione, costituisce una mera conseguenza della loro scelta e non un danno ingiusto, quando non sia provato che la delibera sia stata assunta al solo scopo di lederne i diritti e in assenza di un reale interesse per la società.

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