L’instaurazione del contenzioso per la pronuncia di declaratoria di invalidità della delibera di esclusione, che tuttavia sia successivamente revocata, determina la cessazione della materia del contendere relativamente alla domanda in oggetto: la delibera successiva, infatti, costituisce (altro…)
L’instaurazione del contenzioso per la pronuncia di declaratoria di invalidità della delibera di esclusione, che tuttavia sia successivamente revocata, determina la cessazione della materia del contendere relativamente alla domanda in oggetto: la delibera successiva, infatti, costituisce (altro…)
La Corte dei conti ha giurisdizione sull'azione di responsabilità esercitata dalla Procura della Repubblica presso la Corte quando tale azione sia diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per i danni da essi cagionati al patrimonio di una società "in house", così dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i medesimi enti possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggetta a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici (così anche SS.UU 26283/13).
Deve essere accolta l'istanza di esibizione formulata da uno dei convenuti in responsabilità avente ad oggetto gli atti di transazione intervenuti tra il fallimento attore e gli altri condebitori solidali, dovendo concludersi che il debito residuo che resta a carico degli altri obbligati dovrà (altro…)
Nelle società di capitali, la sospensione degli effetti di deliberazioni degli organi sociali, quand’anche incidenti sul mantenimento della posizione sociale di uno o più soci, può essere richiesta, a norma dell’art. 2378, co. 4, c.c. (richiamato, per le s.r.l., dall’art. 2479-ter, c.c.), soltanto con ricorso depositato contestualmente alla proposizione di un’azione di annullamento o nullità della relativa deliberazione, con la conseguenza che risulta preclusa al socio la possibilità di ottenere la medesima tutela mediante l’esperimento del rimedio residuale e “atipico” di cui all’art. 700 c.p.c. (altro…)
Nel contenzioso tra il socio e la società cooperativa, il procedimento di negoziazione assistita di cui al d.l. n. 132/2014 è condizione di procedibilità della domanda. Non può ritenersi inapplicabile la disciplina sull’obbligatorietà dell’invito alla negoziazione assistita sulla base del rilievo che il rapporto tra il socio e la società cooperativa sarebbe riconducibile a una fattispecie regolata dal Codice del Consumo di cui al d.lgs. n. 206/2005 e pertanto sottratta all’obbligo di invito alla negoziazione assistita.
Infatti, il socio della società cooperativa è parte dell'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale della società di cui fa parte, poiché dall'appartenenza alla cooperativa riceve benefici in termini economici. In particolare, in una cooperativa edilizia di abitazione a proprietà indivisa la finalità della società è l'acquisto e/o la costruzione di abitazioni per i propri soci, i quali ottengono un trattamento economico di favore per l'uso e l'eventuale acquisto dell'abitazione. Lo scopo mutualistico si sostanzia, così, nel conseguimento di un alloggio a un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato.
Nel contesto del fenomeno cooperativo emergono due rapporti:
- il rapporto di società, che comporta l’esercizio in comune tra i soci dell’attività imprenditoriale;
- il rapporto di scambio, che si instaura tra il socio e la cooperativa che gli fornisce l’abitazione a condizioni di vantaggio.
Tali rapporti sono del tutto estranei alla disciplina di cui al Codice del Consumo, che non può pertanto trovare applicazione.
Il socio di s.r.l. che non partecipa all’amministrazione ha un diritto potestativo ai sensi dell’art. 2476 co. 2 c.c. a consultare e, quindi, prendere visione di tutta la documentazione sociale, cui corrisponde l’onere per la società di metterla a disposizione del socio in locali a ciò adeguati, se necessario recuperandola presso chi materialmente la detiene.
La previsione di cui all’art.614-bis c.p.c. trova applicazione anche nell’ambito dei procedimenti cautelari, trattandosi di disciplina prevedente in via generale mezzi di coercizione indiretta accessori a provvedimenti giudiziali aventi ad oggetto la condanna ad obblighi di fare e, dunque, applicabile anche nel caso di ordini di fare adottati ex art. 700 cpc e, come tali, suscettibili di effetti anticipatori della condanna senza che ne sia richiesto il consolidamento a mezzo della introduzione di giudizio di merito
A differenza di quanto prevede l’art. 2558 c.c. in materia di contratti, l’effetto traslativo che si realizza nel caso di conferimento di un’azienda ad una società non si estende ai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi abbiano consentito. Secondo la regola generale prevista dall’art. 2560 c.c, l’acquirente dell’azienda (nel caso di specie la società conferitaria) risponde di tali debiti nei confronti dei creditori aziendali soltanto se essi risultano dai libri contabili obbligatori. L’intervenuta annotazione dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta nei libri contabili obbligatori è dunque l’elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente dell’azienda e, data la natura eccezionale della norma che prevede tale responsabilità, non può essere surrogata dalla prova che l’esistenza dei debiti che incombono sull’azienda ceduta era comunque effettivamente conosciuta da parte dell’acquirente (conf. Cass. 22831/2010; Cass. 4726/2002).
L’onere di provare la sussistenza dell’annotazione del debito in questione nelle scritture contabili obbligatorie spetta al creditore, non potendosi in alcun modo integrare un’annotazione generica delle operazioni mediante ricorso ad elementi esterni di riscontro, né essendo tanto meno sufficiente l’allegazione dei bilanci delle società (nel caso di specie, peraltro, l’unico bilancio che evidenziava il debito contestato era relativo all’esercizio successivo a quello del conferimento e il curatore fallimentare aveva dichiarato di non aver rinvenuto le scritture contabili della società conferente poi dichiarata fallita).
Le domande di manleva o di garanzia avanzate nei confronti di una società successivamente dichiarata fallita, in mancanza di contestazione da parte del convenuto autorizzato alla chiamata della propria legittimazione sostanziale rispetto alla domanda proposta dall’attore, sono improcedibili e devono essere coltivate esclusivamente mediante l’insinuazione al passivo nella procedura concorsuale aperta nei confronti di tale società nel rispetto della par condicio creditorum. Al contrario, la domanda di manleva proposta nei confronti degli altri condebitori e garanti in bonis, trattandosi di una ipotesi di litisconsorzio facoltativo, non sono attratte al foro fallimentare (conf. Cass. 27856/2008). (altro…)
La devoluzione in arbitrato delle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione di deliberazioni societarie non osta alla competenza - concorrente - del giudice ordinario in ordine al provvedimento cautelare di sospensione delle deliberazioni medesime.
Ai fini dell’accoglimento della domanda di sospensione cautelare ex art. 2378 c.c. di una delibera assembleare, il giudice sonda l’esistenza del periculum in mora valutando comparativamente il pregiudizio che subirebbe il ricorrente dalla esecuzione della delibera e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell’esecuzione della stessa.
Il giudizio comparativo circa la gravità delle conseguenze derivanti, sia per il socio impugnante sia per la società, dalla temporanea esecuzione della deliberazione impugnata e dalla sua successiva rimozione postula la sussistenza di un nesso causale fra l’esecuzione (ovvero la protrazione dell’efficacia) della deliberazione impugnata e il pregiudizio temuto dal ricorrente.