8 Novembre 2016

Iscrivibilità della società semplice di mero godimento

Il legislatore ha progressivamente offerto rilevanza alle società a scopo di godimento. In particolare, con norme a valenza transitoria (ma ripetute nel tempo) ed a finalità essenzialmente fiscali, il legislatore ha inteso agevolare la trasformazione di società formalmente commerciali in società semplici di mero godimento (art. 29 l. 27 dicembre 1997, n. 449; art. 3, comma 7, l. 28 dicembre 2001, n. 448; art 1, commi 111-117, della legge 27 dicembre 2006, n. 296; art. 1 comma 129, legge 24 dicembre 2007, n. 244). Recentemente, il legislatore è intervenuto nella medesima direzione (art. 1 comma 115 l. 28 dicembre 2015, n. 208).

 

Pur dovendosi segnalare l’anomalia, a livello sistematico, derivante dal fatto che il legislatore si è limitato a consentire trasformazioni “agevolate” di società di godimento in società semplici senza però incidere sulla lettera degli artt. 2247-2248 c.c., appare del tutto evidente l’aporia insita nell’ammettere l’iscrizione di una società semplice avente ad oggetto la mera gestione di beni derivante dalla trasformazione (e di durata non soggetta a limiti) e nel contempo negare la possibilità di costituirne di analoghe ex novo.

 

La società semplice diviene, dunque, non solo il regime residuale di esercizio di attività economiche collettive non commerciali, ma anche un regime societario facoltativo, rispetto a quello della comunione, del godimento collettivo. In definitiva, la catena nel tempo di norme fiscali che legittimano la società semplice di mero godimento importa l’ammissibilità, sotto il profilo civilistico, di tali società. È, dunque, legittima la costituzione di società semplici di mero godimento.

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