Il conservatore del registro delle imprese non ha il compito di sindacare la validità, sotto il profilo civilistico, del contenuto dei provvedimenti da iscrivere nel registro medesimo: egli è tenuto all’iscrizione obbligatoria previo esercizio del solo controllo di regolarità formale, senza possibilità di sindacarne la regolarità sostanziale demandata alla valutazione dell’autorità giudiziaria su impulso dei soggetti interessati e legittimati per legge. Per regolarità formale deve, peraltro, intendersi il controllo sui soli requisiti formali dell’atto (competenza dell’ufficio, provenienza e certezza giuridica della sottoscrizione, riconducibilità dell’atto da iscrivere al tipo legale, legittimazione alla presentazione dell’istanza di iscrizione). Esula dai poteri del conservatore – e, quindi, del giudice del registro – il controllo sul merito della lite tra i soci: così, una deliberazione deve essere considerata come validamente assunta finché non interviene la sua revoca in via giudiziale o stragiudiziale.
Il Conservatore deve, tuttavia, esercitare un potere di controllo di legittimità formale, dovendo accertare la corrispondenza dell’atto o del fatto del quale si chiede l’iscrizione a quello previsto dalla legge (c.d. controllo qualificatorio): si tratta del potere di accertare che l’atto o il fatto in parola integri gli estremi della fattispecie per cui è richiesta l’iscrizione e, quindi, che l’atto da iscrivere corrisponda al modello legale (c.d. controllo di tipicità).