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Tribunale di Napoli, 18 Gennaio 2024
Abuso di maggioranza e disciplina Covid
Si configura il vizio di abuso di maggioranza della delibera assembleare quando, quest’ultima non trova alcuna giustificazione nell’interesse della società per essere il voto ispirato al perseguimento, da parte dei...

Si configura il vizio di abuso di maggioranza della delibera assembleare quando, quest’ultima non trova alcuna giustificazione nell'interesse della società per essere il voto ispirato al perseguimento, da parte dei soci di maggioranza, di un interesse personale antitetico a quello sociale oppure per essere il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza.

La configurazione di tale vizio rende annullabile la delibera.

Ai fini dell’accoglimento della domanda di annullamento della delibera assembleare, inficiata dal vizio di abuso di maggioranza, è necessario che il socio alleghi una serie di indici dai quali risulti che la delibera sia estranea all’effettivo perseguimento dell’interesse della società.

Tribunale di Milano, 8 Settembre 2024
Commercializzazione di prodotti contraffatti su marketplace e minime differenze nell’aspetto di un modello registrato
L’azione inibitoria, a differenza di quella risarcitoria, può essere esercitata anche nei confronti degli intermediari i cui servizi siano utilizzati per violare i diritti di proprietà industriale, come espressamente previsto...

L’azione inibitoria, a differenza di quella risarcitoria, può essere esercitata anche nei confronti degli intermediari i cui servizi siano utilizzati per violare i diritti di proprietà industriale, come espressamente previsto dall’art. 124 CPI e, comunque, nei confronti di soggetti eventualmente esenti dall’elemento soggettivo della colpa o del dolo.

La presenza di minime differenze non esclude una contraffazione di un modello registrato in quanto la protezione conferita dal disegno o modello si estende a qualsiasi disegno o modello che non produca nell'utilizzatore informato un'impressione generale diversa e i dettagli marginali non sono idonei ad escludere la contraffazione.

Tribunale di Milano, 30 Settembre 2024
Descrizione giudiziale: una misura dalla doppia natura
Ai fini della verifica della fondatezza di una domanda di descrizione giudiziale, i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora vengono valutati in base a criteri diversi...

Ai fini della verifica della fondatezza di una domanda di descrizione giudiziale, i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora vengono valutati in base a criteri diversi rispetto agli ordinari criteri di giudizio applicati in ambito cautelare, in considerazione del particolare diritto che si intende cautelare, cioè il diritto processuale alla prova.

La misura della descrizione è finalizzata all’acquisizione della prova della violazione del diritto di privativa ed è sia rimedio di istruzione preventiva, in quanto rivolta al soddisfacimento di esigenze istruttorie relative al giudizio di merito, sia rimedio di natura cautelare, in quanto la sua concessione è subordinata alla sussistenza di un rischio di dispersione della prova, che necessita della sua anticipata acquisizione, in quanto non altrimenti disponibile.

Nel caso di adozione del provvedimento inaudita altera parte, l’udienza successiva ha lo scopo di valutare, non solo la legittimità del provvedimento stesso alla luce delle difese della parte resistente, ma anche il risultato della descrizione stessa, senza entrare nella valutazione della sussistenza o meno della lesione del diritto sostanziale, dato il suo carattere funzionale.

L’esame degli esiti della misura e la valutazione in sede di conferma della descrizione disposta inaudita altera parte, ha carattere formale e deve verificare la rilevanza e la formale pertinenza degli elementi probatori acquisiti a costituire la base per assolvere all’onere di provare la violazione di un diritto di proprietà industriale e non estendersi all’indagine del loro contenuto, essendo evidentemente rimesso al giudizio di merito stabilire l’effettiva sussistenza di una violazione.

Nel caso della descrizione, al fine di dimostrare il fumus boni non è possibile limitarsi ad un’apodittica allegazione della lesione del proprio diritto, ma è necessario fornire elementi concreti di potenziale riscontro della lesione stessa e, soprattutto, del pericolo di dispersione della prova.

Quanto al periculum, è sufficiente rilevare, che nelle more dell’instaurazione del giudizio di merito potrebbe intervenire un mutamento irreversibile della situazione di fatto, dovuto alla possibile dispersione, manipolazione o alterazione del materiale raccolto, tale da compromettere l’esigenza di conservazione degli elementi di prova delle violazioni denunciate dalla ricorrente.

Tribunale di Roma, 14 Marzo 2023, n. 4225/2023
Opposizione a decreto ingiuntivo e contraffazione di marchio: competenza e risarcimento del danno
La distribuzione degli affari giudiziari all’interno del medesimo Tribunale non integra una questione di competenza [in sede di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente aveva formulato anche una domanda...

La distribuzione degli affari giudiziari all'interno del medesimo Tribunale non integra una questione di competenza [in sede di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l'opponente aveva formulato anche una domanda di accertamento della contraffazione di marchio e di risarcimento del danno da compensarsi, eventualmente, con l'importo ingiunto].

Ai fini dell'accertamento della contraffazione di marchio non è sufficiente allegare un'immagine dei prodotti contraffatti, occorrendo dimostrare anche che tali prodotti sono stati collocati sul mercato dall'asserito contraffattore.

Il lucro cessante derivante dalla contraffazione di marchio non può essere risarcito laddove il titolare del marchio non abbia provato in giudizio la diminuzione patrimoniale.

Il danno non patrimoniale all'immagine che deriva dalla contraffazione di marchio è risarcibile solo a fronte di specifica allegazione e prova (anche mediante l'utilizzo di presunzioni), non essendo sufficienti a tal fine mere elencazioni di voci di danno. Tali carenze probatorie, peraltro, non possono essere colmate attraverso il ricorso all'equità.

Tribunale di Catanzaro, 4 Dicembre 2024, n. 2345/2024
L’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare e la sindacabilità del merito gestorio
Ai sensi dell’art. 146 c. 2 lett. a) l.fall. il curatore fallimentare è legittimato ad esercitare le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori e del collegio sindacale della società...

Ai sensi dell’art. 146 c. 2 lett. a) l.fall. il curatore fallimentare è legittimato ad esercitare le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori e del collegio sindacale della società fallita, senza alcuna specifica limitazione derivante dalla tipologia della società fallita.

L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l.fall. cumula inscindibilmente i presupposti e gli scopi sia dell’azione sociale di responsabilità ex artt. 2392 e 2393 c.c., sia dell’azione spettante ai creditori sociali ex art. 2394 c.c., che integra una fattispecie di responsabilità extracontrattuale e tende alla reintegrazione del patrimonio sociale diminuito dall’inosservanza degli obblighi facenti capo all’amministratore. Tali azioni, ancorché esercitate cumulativamente dai commissari liquidatori, non perdono la loro originaria identità giuridica, rimanendo tra loro distinte sia nei presupposti di fatto, sia nella disciplina applicabile, tra cui quella del regime di decorrenza del termine di prescrizione. Il termine prescrizionale di cinque anni decorre, quanto all’azione sociale di responsabilità, dal giorno in cui sono percepibili i fatti dannosi posti in essere dagli amministratori e il danno conseguente, e, quanto all’azione dei creditori sociali, dal giorno in cui si è manifestata, divenendo concretamente conoscibile, l’insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare i loro crediti. Tale momento può essere anteriore o successivo alla data di dichiarazione dello stato di insolvenza della società, ma spetta al convenuto che abbia eccepito la prescrizione l’onere di provare il dies a quo: in difetto, si presume che quel momento coincida con la data di dichiarazione giudiziale dell’insolvenza. Nel caso di azione di responsabilità proposta dal curatore ex art. 146 l.fall., tale momento si deve collocare alla data in cui è stata pubblicata nel Registro delle Imprese la sentenza dichiarativa del Fallimento.

L’azione sociale di responsabilità si configura come un’azione risarcitoria di natura contrattuale, derivante dal rapporto che lega gli amministratori alla società e volta a reintegrare il patrimonio sociale in conseguenza del depauperamento cagionato dalla cattiva gestione degli amministratori e dalle condotte da questi posti in essere in violazione degli obblighi gravanti in forza della legge e delle previsioni dell’atto costitutivo, ovvero dell’obbligo generale di vigilanza o dell’obbligo di intervento preventivo e successivo. Pertanto, spetta al fallimento allegare ovvero indicare il singolo atto gestorio che si pone in violazione dei doveri degli amministratori e dei sindaci posti dalla legge o dallo statuto, e il danno derivante da tale inadempimento, mentre è onere dei convenuti contrastare lo specifico addebito, fornendo la prova dell’esatto adempimento.

La responsabilità dell’amministratore non può essere semplicemente desunta dai risultati della gestione e, perciò, al giudice investito dell’azione di responsabilità non è consentito sindacare i criteri di opportunità e di convenienza seguiti dall’amministratore nell’espletamento dei suoi compiti. Infatti, all’amministratore di società non può essere imputato a titolo di responsabilità ex art. 2392 c.c. di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità dell’imprenditore, e può pertanto eventualmente rilevare come giusta causa di revoca non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società. Se il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione, anche se presentino profili di rilevante alea economica, è pur tuttavia vero che in tal tipo di giudizio può ben sindacarsi l’omissione di quelle cautele, verifiche informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità, e perciò anche la diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione. L’applicazione del cennato principio trova un limite nella valutazione della ragionevolezza delle scelte, da compiersi ex ante secondo i parametri della diligenza richiesta. Spetta al giudice verificare nel caso concreto se la scelta gestoria sia avvenuta nel rispetto dei parametri dell’azione adempiente e diligente che deve essere connotata da liceità, razionalità, congruità, attenzione e cure particolari. Donde, la scelta tra il compiere o meno un certo atto di gestione, oppure di compierlo in un certo modo o in determinate circostanze, non è mai di per se sola (salvo che non denoti addirittura la deliberata intenzione dell’amministratore di nuocere all’interesse della società) suscettibile di essere apprezzata in termini di responsabilità giuridica, per l’impossibilità stessa di operare una simile valutazione con un metro che non sia quello dell’opportunità e perciò di sconfinare nel campo della discrezionalità imprenditoriale; mentre, viceversa, è solo l’eventuale omissione, da parte dell’amministratore, di quelle cautele, di quelle verifiche o di quelle informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel genere che può configurare la violazione dell’obbligo di adempiere con diligenza il mandato di amministrazione e può quindi generare una responsabilità contrattuale dell’amministratore verso la società. Si tratta, inoltre, di una valutazione da condurre necessariamente ex ante, non potendosi affermare l’irragionevolezza di una decisione dell’amministratore per il solo fatto che essa si sia rivelata ex post economicamente svantaggiosa per la società. In particolare, non può essere ritenuto responsabile l’amministratore che, prima di adottare la scelta gestoria contestata, si sia legittimamente affidato alla competenza di figure professionali specializzate.

Tribunale di Napoli, 2 Luglio 2024, n. 6699/2024
Notifica all’indirizzo pec della società indirizzata all’amministratore di fatto
Nell’ambito dei vizi del processo di notificazione è opportuno distinguere tra il vizio di nullità e il vizio di inesistenza della notifica. Solo il primo trova disciplina nel codice di...

Nell’ambito dei vizi del processo di notificazione è opportuno distinguere tra il vizio di nullità e il vizio di inesistenza della notifica. Solo il primo trova disciplina nel codice di procedura civile, ai sensi dell’art. 160 c.p.c.

Per quanto concerne il vizio dell’inesistenza della notificazione, questo, si delinea, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo, ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale, nella categoria della nullità. Tali elementi costitutivi essenziali consistono: a) nell'attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato, come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento, restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l'atto venga restituito al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata, ma non compiuta e, in definitiva, omessa.

Alla luce di quanto sopra, è da considerarsi nulla e, come tale, suscettibile di sanatoria, la notificazione in luogo ed a persona diversi da quelli stabiliti dalla legge, ma che abbiano un qualche riferimento con il destinatario della notificazione medesima. In questa ipotesi, infatti, è stato valorizzato - come discrimine tra il vizio di nullità e quello di inesistenza - il criterio del collegamento o riferimento del processo di notificazione con il destinatario, laddove, l’assenza di ogni relazione tra chi riceve la copia ed il destinatario dell’atto, comporta l’inesistenza della notificazione.

Deve ritenersi inesistente la notifica effettuata all'amministratore di fatto a mezzo pec all'indirizzo pec della società di cui pretesamente il soggetto destinatario eserciterebbe in fatto le funzioni di amministratore.

Tribunale di Napoli, 14 Giugno 2024, n. 6148/2024
Azione di simulazione e azione revocatoria dell’atto di cessione quote sociali
Ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria è sufficiente l’esistenza di una semplice ragione o aspettativa di credito posto che, questo tipo di azione, non persegue fini restitutori. Ciò risulta essere coerente...

Ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria è sufficiente l’esistenza di una semplice ragione o aspettativa di credito posto che, questo tipo di azione, non persegue fini restitutori. Ciò risulta essere coerente con l’intenzione del legislatore – sottesa all’art. 2901 c.c. – di ampliare e rafforzare la tutela del creditore che trova compimento nell’estendere la tutela conservativa ai titolari di crediti non attuali.

L’azione revocatoria presuppone sia il compimento di un atto pregiudizievole del debitore (eventus damni), ossia, l’atto di disposizione del debitore è finalizzato a rendere più difficile la soddisfazione coattiva del credito sia la consapevolezza, da parte del disponente, di tale carattere lesivo e, in caso di atti a titolo oneroso, anche da parte del terzo (partecipatio fraudis).

Nel caso in cui l’atto di disposizione del patrimonio risulti essere precedente al sorgere del credito è necessario – ai fini dell’accoglimento della domanda – che l’atto di disposizione sia stato dolosamente preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento delle ragioni creditorie e che il terzo sia parimenti consapevole del pregiudizio arrecato a tali ragioni.

(Nel caso di specie, tali presupposti sussistono entrambi, poiché, con l’atto di cessione delle quote sociali, il disponente si privava della partecipazione sociale rappresentante l’unico bene residuo del suo patrimonio ed il terzo risultava essere a conoscenza del carattere pregiudizievole della cessione a titolo oneroso in virtù sia del rapporto di parentela che lo lega al cedente sia del rapporto di convivenza).

Tribunale di Napoli, 7 Giugno 2024, n. 5876/2024
Clausola simul stabunt simul cadent e meccanismo di decadenza
Ai sensi dell’art. 2386, co. 4, c.c., nel caso in cui particolari disposizioni dello statuto prevedano che, a seguito della cessazione di taluni amministratori, cessi l’intero consiglio (clausola simul stabunt...

Ai sensi dell’art. 2386, co. 4, c.c., nel caso in cui particolari disposizioni dello statuto prevedano che, a seguito della cessazione di taluni amministratori, cessi l’intero consiglio (clausola simul stabunt simul cadent) gli amministratori superstiti restano in carica - in regime di prorogatio di poteri - e sono tenuti a convocare d’urgenza l’assemblea per la nomina del nuovo consiglio.

Da ciò consegue che, l’amministratore decaduto per effetto della clausola simul stabunt simul cadent, se non è diversamente previsto nello statuto, deve ritenersi in carica fino all’avvenuta nomina del nuovo organo amministrativo.

In questi termini, la predetta clausola non comporta la revoca dell’organo gestionale neppure in via indiretta configurando, piuttosto, un’ipotesi statutaria di decadenza dall’ufficio.

In linea generale, l’automatica operatività della decadenza dell’intero consiglio - per le dimissioni di uno dei consiglieri - non comporta la necessità di valutare i motivi sottostanti alla decisione del dimissionario, salvo il limite del canone di buona fede. Quest’ultimo, infatti, osta all’utilizzo strumentale e abusivo delle dimissioni di uno o più consiglieri al fine di consentire alla società di cessare il rapporto con un amministratore sgradito in assenza di giusta causa ed eludendo l’obbligo di indennizzo, altrimenti previsto, per il caso di revoca senza giusta causa.

L’onere di provare l’uso strumentale della clausola simul stabunt simul cadent ricade sull’amministratore decaduto e non può ritenersi soddisfatto per l’assenza di comportamenti negligenti o, comunque, per l’assenza di situazioni integranti giusta causa di revoca.

Tribunale di Napoli, 23 Maggio 2024, n. 5336/2024
Arbitrabilità delle controversie societarie
Le società, fatta eccezione per quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell’art. 2325-bis c.c., possono prevedere, negli atti costitutivi, mediante clausole compromissorie, la devoluzione...

Le società, fatta eccezione per quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell'art. 2325-bis c.c., possono prevedere, negli atti costitutivi, mediante clausole compromissorie, la devoluzione ad arbitri di alcune, ovvero, di tutte le controversie insorgenti tra i soci, ovvero, tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale e, per le quali, la legge non preveda l’intervento obbligatorio del pubblico ministero.

Da tale previsione esulano le controversie che hanno ad oggetto interessi della società o che concernono la violazione di norme poste a tutela dell'interesse collettivo dei soci o dei terzi, nonché le controversie relative a interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell'ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte.

Inoltre sono relative a diritti indisponibili e, come tali, non compromettibili in arbitri ex art. 806 c. p. c., le controversie relative all'impugnazione di deliberazioni assembleari di società aventi oggetto illecito o impossibile, cui sono equiparate, ai sensi dell'art. 2479 ter cod. civ., quelle prese in assoluta assenza di informazione.

Ai fini della delimitazione dell'ambito di competenza arbitrale, il concetto di indisponibilità dei diritti deve ritenersi comprensivo di tutte le situazioni sostanziali sottratte alla regolamentazione dell'autonomia privata, ovvero, disciplinate da un regime legale che escluda qualsiasi potere di disposizione delle parti, nel senso che esse non possano derogarvi, rinunciarvi o, comunque, modificarlo.

Da quanto sopra esposto, deriva la possibilità di devolvere alla cognizione arbitrale le controversie in tema di azione di responsabilità nei confronti di amministratori della compagine sociale, in quanto l’azione di responsabilità, anche se posta a tutela di un interesse collettivo, concerne diritti patrimoniali disponibili all’interno di un rapporto di natura contrattuale e l’esercizio dell’azione, in una sede diversa da quella giurisdizionale – qual è il collegio arbitrale – costituisce una modalità alternativa di accertamento delle pretese risarcitorie che non può in alcun modo essere configurata come rinuncia all’azione né non sottendere i rischi insiti in detta rinuncia, ovvero, nelle transazioni preventive e generiche.

Tribunale di Napoli, 5 Febbraio 2024, n. 1358/2024
Azione di responsabilità da parte della curatela fallimentare
Nell’ambito dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore ai sensi dell’art. 146 l.f., ai fini della verifica dell’adempimento da parte dell’amministratore al dovere di agire con la dovuta diligenza, non possono...

Nell’ambito dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore ai sensi dell’art. 146 l.f., ai fini della verifica dell'adempimento da parte dell'amministratore al dovere di agire con la dovuta diligenza, non possono essere sottoposte a sindacato di merito le scelte gestionali discrezionali compiute dagli amministratori, sempre che si tratti di scelte relative alla gestione dell'impresa sociale e che, pertanto, siano caratterizzate dall'assunzione di un rischio. Quanto affermato trova il proprio fondamento nel principio secondo il quale gli amministratori non hanno l'obbligo di amministrare la società con successo economico, ma hanno esclusivamente il dovere di agire con la dovuta diligenza.

L'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali di gestione, però, non è assoluta. Sotto il profilo della relativa legittimità rileva, infatti, il modo con cui le scelte sono state assunte ed attuate, ossia il percorso decisionale che ha portato a preferire una determinata scelta rispetto ad un'altra: è, infatti, valutabile la diligenza mostrata nell'apprezzare preventivamente — se necessario, con adeguata istruttoria — i margini di rischio connessi all'operazione da intraprendere, così da non esporre l'impresa a perdite, altrimenti prevenibili.

L'azione di responsabilità, esercitata dal curatore ai sensi dell'art. 146 l. f., cumula in sè le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c. c., a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, per cui il curatore può formulare istanze risarcitorie sia con riferimento ai presupposti della responsabilità contrattuale degli amministratori verso la società sia a quelli della responsabilità extracontrattuale dei medesimi nei confronti dei creditori; ma, una volta effettuata la scelta nell'ambito di ogni singola questione, il curatore soggiace anche agli aspetti eventualmente sfavorevoli dell'azione individuata, riguardando le divergenze non solo la decorrenza del termine di prescrizione, ma anche l'onere della prova e l'ammontare dei danni risarcibili.

Non si tratta di un’azione nuova che sorge a titolo originario in capo al curatore: il dettato normativo, infatti, si limita ad attribuire a quest’ultimo la legittimazione (esclusiva) ad esercitare, in forma cumulativa, le stesse azioni, che prima del fallimento, spettavano, separatamente, alla società e ai creditori sociali.

Da qui deriva l’esigenza che il curatore individui correttamente nella domanda giudiziale l’area di incidenza dell'illecito dedotto a fondamento della pretesa risarcitoria, sia attraverso l’indicazione del danno che ne è derivato, sia attraverso l’individuazione del soggetto (società o creditori nel loro complesso) che lo abbia subito.

Tribunale di Milano, 1 Febbraio 2025
Procedimento ex art. 2409 e audizione dell’amministratore
Il procedimento ex art. 2409 c.c. è procedimento caratterizzato da ragioni di urgenza e avendo come scopo quello di evitare il protrarsi di gravi irregolarità gestorie, non si giustifica rispetto...

Il procedimento ex art. 2409 c.c. è procedimento caratterizzato da ragioni di urgenza e avendo come scopo quello di evitare il protrarsi di gravi irregolarità gestorie, non si giustifica rispetto ad irregolarità gestorie esaurite, né è compatibile con la richiesta di rinvii da parte dell'amministratore convenuto, anche quando giustificate da ragioni di salute, non essendo requisito essenziale la sua audizione.

Non costituisce giustificazione rispetto alla contestazione di irregolarità gestorie la deduzione che i fatti contestati siano stati posti in essere dal socio denunziante, atteso che tali circostanze attestano l'abdicazione dalla carica formale di amministratore e l'inadempimento alle primarie obbligazioni discendenti dall'art. 2086, co. 2, c.c. inerenti alla carica di amministratore della società quanto alla mancata predisposizione di assetti organizzativi gestionali contabili adeguati.

Tribunale di Venezia, 17 Maggio 2025
Estinzione del procedimento e prova della tempestività della notifica al terzo chiamato
Secondo una interpretazione costituzionalmente orientata è opportuno non prevedere la partecipazione del giudice a quo al collegio competente per la decisione sul reclamo immediato avverso l’ordinanza di estinzione proposto ai...

Secondo una interpretazione costituzionalmente orientata è opportuno non prevedere la partecipazione del giudice a quo al collegio competente per la decisione sul reclamo immediato avverso l'ordinanza di estinzione proposto ai sensi dell'art. 178 c.p.c.

L’art. 291 c.p.c. fa conseguire l’estinzione del processo all’omesso rispetto del termine perentorio assegnato per la rinnovazione della notifica e non all’omessa produzione della relativa prova, ove il termine sia stato rispettato, fermo restando l’onere dell’interessato di comprovare il corretto assolvimento dell’obbligo onde consentire l’attività di controllo del Giudice.

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