3 Giugno 2020

Danno cagionato da intese vietate dalle norme antitrust: legittimazione attiva, onere della prova e rilevabilità d’ufficio della nullità parziale

Chiunque, sia impresa o consumatore, ha il diritto di chiedere il risarcimento del danno sofferto per violazione dell’art. 101 o 102 TFUE, quando esiste un nesso di causalità tra tale danno e un’intesa o una pratica vietata dalle norme dell’UE sulla concorrenza.

Il danno risarcibile per violazione delle norme UE sulla concorrenza mira a mettere il soggetto danneggiato nella posizione in cui si sarebbe trovato se l’illecito non fosse stato commesso; il danno deve quindi essere liquidato sulla base di un’analisi differenziale tra lo scenario reale e uno controfattuale ed ipotetico in cui la condotta illecita non si è verificata.

La presunzione della sussistenza del nesso causale tra la violazione di una norma antitrust e un danno prevista dall’art. 14.2 d.lgs. 3/2017 non esonera chi agisce per il risarcimento dall’onere di provare la specifica lesione subita nella propria sfera giuridica e il concreto ammontare del danno subito (nella specie: non è stato ritenuto provato il nesso causale tra un’intesa illecita nel settore del cartone ondulato di cui avrebbero fatto parte i convenuti e il danno lamentato dall’attore rappresentato dalla liquidazione coattiva di beni immobili di sua proprietà nell’ambito di procedure esecutive avviate dalle convenute in forza di titoli esecutivi giudiziari ottenuti sulla base dei negozi accessori con funzione di garanzia di un contratto asseritamente in violazione del diritto antitrust).

Un accordo di ricognizione di debito e concessione di garanzie reali non può essere ritenuto totalmente nullo per violazione dell’art. 101 TFUE sul presupposto che l’intesa vietata avrebbe innalzato artificiosamente i prezzi dei prodotti venduti dalle imprese creditrici e dunque l’ammontare del credito vantato.

La nullità parziale di un accordo di ricognizione di debito e concessione di garanzie reali (nella specie: mediante scomputo del credito derivante dall’eventuale sovrapprezzo cagionato da un’intesa vietata ex art. 101 TFUE) non può essere pronunciata d’ufficio se l’attore ha formulato una domanda di nullità totale mirata alla caducazione e non alla conservazione del contratto.

Il socio di s.r.l. non ha legittimazione attiva per proporre azioni risarcitorie nei confronti di terzi che con il loro comportamento illecito abbiano danneggiato il patrimonio sociale, con conseguente effetto negativo sul valore delle quote e sulla redditività dell’investimento.

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Carmine Di Benedetto

Carmine Di Benedetto

Dottorando di ricerca in Diritto privato, diritto romano e cultura giuridica europea presso l'Università di Pavia. Laurea in Giurisprudenza (110/110 con lode) presso Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano, 2013....(continua)

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