La concorrenza sleale tra imitazione servile e imitazione contraria alla correttezza professionale

Al pari del marchio di fatto, ove la capacità distintiva deve esprimersi in maniera inusuale e originale rispetto alla specifica categoria di prodotto che dovrebbe caratterizzare, in modo da attirare per sé stessa l’attenzione del consumatore medio, anche nel caso della concorrenza sleale confusoria viene in considerazione la capacità distintiva del prodotto imitato e cioè il fatto che esso sia dotato di forme o di elementi esteriori non banali o standardizzati, non inscindibilmente condizionati da esigenze strutturali o funzionali del prodotto stesso così da assumere nella percezione del pubblico di riferimento la qualità di segno distintivo del prodotto stesso. Non sussiste continenza tra concorrenza sleale per imitazione servile e concorrenza sleale per imitazione contraria alla correttezza professionale (rispettivamente, nn. 1 e 3 dell’art.2598 c.c.), atteso che, nel difetto dei requisiti dell’una, quale la capacità individualizzante del prodotto imitato, il riscontro dell’altra richiede, comunque, la presenza di elementi ulteriori in particolare, la non conformità del fatto a correttezza professionale e la sua idoneità ad arrecare nocumento.

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