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Luigia Di Cosola

Luigia Di Cosola

Laureata presso l'Università degli studi di Bari Aldo Moro: Avvocato presso Deloitte Legal Bari

Compenso dell’amministratore di società

Il procedimento avente ad oggetto la richiesta di condanna della società al pagamento dei compensi dovuti all'amministratore, rientra nella categoria generale di quelli “relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario” prevista dall’art. 3, co. 2, lett. a D.L. 168/03. L’art. 4 del suddetto decreto – rubricato “competenza territoriale delle sezioni” – prevede che “le controversie di cui all'articolo 3 che, secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale e nel rispetto delle normative speciali che le disciplinano, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nel territorio della regione, sono assegnate alla sezione specializzata avente sede nel capoluogo di regione individuato ai sensi dell'articolo 1. Alle sezioni specializzate istituite presso i tribunali e le corti d'appello non aventi sede nei capoluoghi di regione sono assegnate le controversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi distretti di corte d'appello”. Nella disciplina istitutiva delle sezioni specializzate non si rinviene dunque un criterio generalizzato di riparto della competenza fondato sul luogo in cui ha sede la società. Ne discende che, al fine di individuare la sezione specializzata territorialmente competente, ferma restando la deroga contenuta nella previsione appena richiamata, occorre fare riferimento ai criteri generali dettati dal codice di procedura civile (libro I – titolo I – capo I – sezione III). L’amministratore di una società, con l’accettazione della carica, acquisisce il diritto ad essere compensato per l'attività svolta in esecuzione dell'incarico affidatogli. Tale diritto, peraltro, è disponibile e può anche essere oggetto di rinuncia attraverso una remissione del debito anche tacita, la quale tuttavia può desumersi soltanto da un comportamento concludente del titolare che riveli in modo univoco una sua volontà abdicativa, non essendo sufficiente la mera inerzia o il silenzio. L'attività del soggetto cui è affidata la gestione sociale non può essere equiparata a quella del prestatore d'opera, intellettuale o non intellettuale, posto che i compiti affidatigli riguardano la gestione di un’impresa costituita da un insieme variegato di atti materiali, negozi giuridici, operazioni complesse. Dunque, quand’anche taluni di tali atti ed operazioni possano compararsi all’attività di un prestatore d’opera, tuttavia essi assumono diversa valenza giuridica in ragione del rapporto di immedesimazione organica con la società. Nel rapporto corrente tra amministratore e società l’attività di amministrazione si salda con l’attività di impresa e il suo esercizio si carica dei rischi di quest’ultima, con svolgimento di un'attività imprenditoriale complessa, tanto sul piano interno organizzativo, quanto su quello esterno verso i terzi. [ Continua ]
15 Maggio 2022

Il c.d. controllo qualificatorio del Conservatore del Registro delle Imprese

Esula dai poteri del Conservatore - e, quindi, del Giudice del Registro - il controllo sul merito di una (possibile) lite tra i soci e, dunque, la valutazione in ordine alla validità sostanziale dell’atto. Così, un atto o una deliberazione devono essere considerati come validamente assunti finché non interviene l’annullamento o la revoca in via giudiziale o stragiudiziale. In particolare, deve affermarsi che all’ufficio ed al Giudice del Registro compete soltanto la formale verifica della corrispondenza tipologica dell'atto da iscrivere a quello previsto dalla legge, senza alcuna possibilità di accertamento in ordine alla validità negoziale dell'atto, poiché tale controllo potrà essere svolto unicamente in sede giurisdizionale. Nella categoria e nell'ambito del controllo c.d. qualificatorio viene fatto rientrare il controllo circa la legittimità dell'atto da iscrivere nella misura in cui il vizio di nullità da cui l'atto sia affetto sia tale da escludere che l'atto stesso possa essere ricondotto nello schema tipico previsto per quell'atto dal legislatore. In quest'ottica, è stato ammesso un controllo di legalità dato dalla verifica della corrispondenza tipologica dell'atto o del fatto del quale si chiede l'iscrizione a quello previsto dalla legge e, anche in tale ottica, un controllo di legittimità sostanziale limitato alla rilevazione di quei vizi di validità che siano individuabili prima facie e tali da rendere l'atto presentato immeritevole di iscrizione perché non corrispondente a quello previsto dalla legge. In altre parole, la radicale illiceità dell'atto può venire in rilievo solo se compromette la riconducibilità al "tipo" giuridico di atto iscrivibile (fermo restando che il controllo di tipicità non può sconfinare in una valutazione di merito dell'atto depositato, non potendo implicare un giudizio relativo all'eventuale non corrispondenza al vero di quanto in esso rappresentato). [ Continua ]