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11 Novembre 2024

La deroga all’art. 1957 c.c. ad opera della garanzia a prima richiesta

La mancata produzione in giudizio di tutti gli atti necessari all’indispensabile esame comparativo delle domande proposte nei due giudizi pendenti, al fine di accertare, oltre che la stessa pendenza, la loro entità e parziale coincidenza per stabilire quale giudice sia stato per primo investito, determina l’inaccoglibilità dell’eccezione di continenza.

La decisione della Banca d’Italia n. 55/2005 non può costituire prova privilegiata dell’illecito per casi diversi da quelli oggetto del provvedimento dell’Autorità (nel caso di specie l’efficacia del provvedimento non è stata estesa a casi di fideiussione, qualificate come contratti autonomi di garanzia, sottoscritti nel 2015).

La deroga all’art. 1957 c.c. ad opera della garanzia a prima richiesta trova la sua ratio nel fatto che il fideiussore, che si obbliga al pagamento a prima o a semplice richiesta, è colui il quale è tenuto a provvedere al pagamento dell’obbligazione principale non appena gli venga intimato dal creditore, indipendentemente, quindi, dall’esercizio di un’azione giudiziale. E ciò, in quanto sarebbe obbligato a eseguire il pagamento richiesto, da un lato, secondo il meccanismo proprio del solve et repete e, dall’altro, poiché reso edotto del mancato adempimento da parte del debitore principale. In tale prospettiva sembra, dunque, giustificata la conclusione che, allorquando il garante sia tenuto al pagamento a prima o a semplice richiesta, il rispetto dell’art. 1957 c.c. da parte del creditore garantito deve ritenersi soddisfatto con la stessa richiesta rivolta al fideiussore o al debitore entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale; per l’effetto, una volta che sia stata tempestivamente effettuata la richiesta di pagamento, il creditore non è più tenuto ad agire giudizialmente contro il debitore.

22 Ottobre 2020

Rapporto di continenza processuale tra causa introdotta con rito ordinario e causa introdotta con rito monitorio

Qualora la causa in relazione alla quale è stato emesso il decreto ingiuntivo risulti (i) in rapporto di continenza con altra causa pendente davanti ad altro giudice adito in sede di cognizione ordinaria, e (ii) originata da un ricorso monitorio depositato successivamente all’instaurazione della causa continente, il giudice dell’opposizione, in applicazione dell’art. 39 co. 2° c.p.c., deve dichiarare l’incompetenza del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo e, conseguentemente, la nullità del medesimo, fissando un termine perentorio entro il quale le parti devono riassumere la causa davanti al primo giudice.

1 Aprile 2016

La concorrenza sleale per denigrazione: l’exceptio veritatis e il limite della continenza

L’exceptio veritatis non scrimina la condotta tenuta, qualora le dichiarazioni divulgate, quand’anche fossero vere, sono ingiustificatamente tese a [ LEGGI TUTTO ]