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Recesso del socio: individuazione del termine massimo entro cui la messa in liquidazione della società può renderlo inefficace

L’interpretazione letterale e costituzionalmente orientata dell’art. 2473, comma 5, c.c. porta a ritenere che il termine entro cui la società, deliberando la propria messa in liquidazione, può rendere privo di efficacia il recesso legittimamente esercitato dal socio vada individuato in quello massimo di gg. 180 (pari al termine di preavviso previsto dal secondo comma dell’art. 2473 cc) più ulteriori gg. 180 (pari al termine massimo previsto dal quarto comma dell’art. 2473 c.c. entro cui deve essere eseguito il rimborso delle partecipazioni per cui è stato esercitato il diritto di recesso). Trattasi di interpretazione che è imposta dall’esigenza di garantire al socio receduto una ragionevole previsione della definitività degli effetti della sua manifestazione di volontà con la conseguenza che l’effetto conseguente alla dichiarazione di recesso si è ormai stabilizzato così come si è stabilizzato il diritto della ricorrente ad ottenere la liquidazione della quota. In buona sostanza, una volta che il recesso è divenuto efficace (decorso il termine di preavviso di gg. 180 entro cui il socio deve comunicare alla società la propria volontà di recedere), la società dispone di ulteriori gg. 180 (pari al termine entro cui deve procedere al rimborso della partecipazione) per deliberare l’eventuale messa in liquidazione e rendere, così, inefficace il recesso del socio ex art. 2473, comma 5, c.c., risultando, altrimenti, consacrato il diritto del socio alla liquidazione della quota.

Operatività della clausola arbitrale anche dopo il recesso del socio

In presenza di una clausola statutaria che non solo escluda l’applicabilità della giurisdizione ordinaria relativamente a ogni controversia tra il socio e la società, ma preveda espressamente il vincolo arbitrale in merito al recesso del socio, tale copertura si estende anche alle ipotesi in cui ad agire sia un socio già receduto dalla compagine sociale. [ LEGGI TUTTO ]

11 Ottobre 2018

Il socio che abbia esercitato il diritto di recesso non è legittimato ad impugnare le delibere sociali

Il recesso del socio è atto unilaterale recettizio giuridicamente efficace dal momento in cui, con qualsiasi mezzo, la società prende atto della volontà del socio, con la conseguenza che da tale momento il socio perde il relativo status e la legittimazione ad esercitare i diritti sociali, permanendo in capo ad esso soltanto il diritto di ottenere il rimborso della quota. Ne consegue che, nel caso in cui il socio abbia esercitato il diritto di recesso, ai sensi dell’art. 2473, comma 2, c.c. – a mente del quale nelle società a tempo indeterminato il diritto di recesso compete al socio in ogni momento e può essere esercitato con un preavviso di almeno centottanta giorni – avendo perso la qualità di socio, per fatti al medesimo ascrivibili, difetta in capo allo stesso la legittimazione in ordine alla possibilità di impugnare le delibere sociali.

9 Ottobre 2018

Natura unilaterale recettizia della dichiarazione con cui il socio comunichi l’esercizio del diritto di recesso

La dichiarazione con cui il socio eserciti il proprio diritto di recesso convenzionale ha natura unilaterale recettizia ed è, pertanto, destinata a produrre effetti allorquando giunge a conoscenza del destinatario. La previsione statutaria di una successiva deliberazione del consiglio di amministrazione o dell’assemblea che operi come condizione di efficacia non muta la configurazione del recesso come negozio unilaterale, corrispondente al diritto potestativo di uscire dalla società o di rinunciare o di conservare lo stato derivante dal rapporto giuridico nel quale il socio è inserito.

Se così è – trattandosi di dichiarazione unilaterale recettizia destinata a produrre effetti allorquando giunge a conoscenza del destinatario, che mai è stata seguita da una revoca – la condizione di efficacia deve ritenersi verificata con l’adozione di delibera di accettazione del recesso da parte del CDA, restando del tutto irrilevante una eventuale precedente delibera di segno opposto.

Recesso del socio di cooperativa: condizione sospensiva ed onere probatorio

In tema di recesso del socio nei casi previsti dallo statuto, grava in capo al socio l’onere di dimostrare il fatto costitutivo del diritto di recesso.
Gli effetti del diritto di recesso possono essere subordinati dai patti sociali all’avveramento di una condizione sospensiva il cui onere probatorio incombe in capo al socio attore, ai sensi dell’art. 2697 c.c., quale elemento costitutivo della domanda di accertamento del recesso dalla società.

Recesso convenzionale nelle società cooperative e competenza statutaria

Lo statuto della società cooperativa può legittimamente subordinare l’esercizio del recesso convenzionale alla ricorrenza di determinati presupposti o condizioni, tra cui l’autorizzazione o l’approvazione del consiglio di amministrazione. In un caso analogo, all’organo amministrativo viene accordato il potere discrezionale di verificare la corrispondenza della singola fattispecie concreta alle previsioni statutarie dettate con riferimento all’esercizio del diritto di recesso.

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18 Luglio 2017

Liquidazione della quota sociale in caso di estinzione della società

Qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma [ LEGGI TUTTO ]