Art. 2479 ter c.c.
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Abuso di maggioranza e conflitto di interessi nell’aumento del capitale mediante compensazione
Il conflitto di interessi implica una vera e propria incompatibilità fra l’interesse concreto della società e quello del socio, messo in gioco nell’esercizio del voto e non può ritenersi sussistente per il solo fatto che la maggioranza abbia dato corso a un aumento di capitale con “minimo sforzo economico” mediante compensazione con i crediti vantati dai soci stessi per i finanziamenti precedentemente effettuati in favore della società.
Rispetto all’abuso di maggioranza, va ricordato che il socio è pienamente libero di votare le delibere secondo la valutazione del suo proprio interesse, con il solo limite di non esercitare il voto secondo mala fede, ciò che avviene quando il voto è esercitato con il solo scopo di danneggiare gli altri soci, senza che vi sia alcun legittimo interesse proprio. In tale contesto, l’interesse della società, spesso di difficile individuazione, rimane sullo sfondo: ma nella materia dell’aumento di capitale plurimi indici normativi favorevoli agli aumenti (anche della disciplina transitoria del periodo Covid) spingono a considerare l’aumento di capitale tendenzialmente come fatto che risponde sempre all’interesse della società.
Se anche l’aumento è ottenuto mediante liberazione da debiti, senza iniezione di capitale, ciò è sempre di vantaggio della società, che vede anche aumentare il patrimonio netto. Quando si tratta di convertire in capitale delle pregresse effettive iniezioni di liquidità dei soci, non si fa che dare risposta a quella esigenza, normativamente tutelata anche mediante la disciplina della postergazione, secondo la quale le necessità della società vanno sovvenute dai soci mediante aumento di capitale.
L’art. 2467 c.c., stabilendo che siano postergati i finanziamenti soci che siano fatti quando sarebbe invece opportuno un conferimento, non stabilisce una regola sterile e meramente punitiva per il socio, ma sottende la regola dell’obbligo del socio di aumentare il capitale, quando ciò è necessario, se vuole che il programma societario proceda.
Sulla sospensione della deliberazione di esclusione del socio di s.r.l.
L’art. 2378, co. 3, c.c., applicabile anche alle società a responsabilità limitata in forza del richiamo contenuto nell’art. 2479 ter, co. 4, c.c., configura una misura cautelare tipica, diretta a ottenere la sospensione dell’esecuzione della delibera assembleare impugnata, per la concessione della quale il giudice è tenuto a verificare la sussistenza del fumus boni juris e del periculum in mora, quest’ultimo da ravvisarsi, come precisato dall’art. 2378, co. 4, c.c., all’esito di una comparazione tra il pregiudizio che deriverebbe al ricorrente dall’esecuzione della delibera impugnata e quello che deriverebbe alla società dalla sospensione della delibera medesima.
La valutazione comparativa del pregiudizio che subirebbe il socio escluso dall’esecuzione della delibera e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell’esecuzione della deliberazione ai sensi dell’art. 2378, co. 3, c.c. implica una comparazione di interessi di per sé autonoma rispetto all’apprezzamento del fumus, nel senso che, anche in presenza di fumus di fondatezza dell’impugnazione, laddove il pregiudizio della società convenuta risulti più grave di quello dell’impugnante, non dovrà essere accolta la richiesta cautelare di sospensione, la tutela della posizione dell’impugnante restando comunque affidata, in caso di irreversibilità dell’esecuzione della delibera, ai meccanismi risarcitori previsti dal sistema normativo, il quale nella materia in esame prevede altri casi in cui la tutela reale – rappresentata dall’annullamento della delibera – recede rispetto alla tutela risarcitoria.
L’esclusione del socio di s.r.l. è possibile solo nell’ipotesi – e all’esito del procedimento previsto per il caso – di renitenza del socio al versamento della quota di capitale da lui dovuta (ex art. 2466 c.c.), ovvero quando l’atto costitutivo lo consenta. Tuttavia, anche in tale secondo caso, per l’ovvia esigenza di consentire ai soci di evitare tale gravissima sanzione privata conoscendo preventivamente le condotte che potrebbero darvi causa, in ipotesi specifiche, espresse e tassative, che integrino, sotto il profilo contenutistico, una giusta causa di cessazione del vincolo sociale (ex art. 2473 bis c.c.).
Invalidità della delibera assembleare di s.r.l. per partecipazione di un soggetto non legittimato
La delibera assembleare di una s.r.l. è invalida se assunta con il voto determinante di un soggetto non legittimato ad esercitare i diritti sociali. In caso di trasferimento mortis causa di quote sociali, l’erede o legatario acquista la qualità di socio e la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali solo dopo aver adempiuto alle formalità pubblicitarie previste dall’art. 2470 c.c., tra cui il deposito presso il registro delle imprese della documentazione attestante la qualità di erede/legatario. La mancata iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese comporta l’inefficacia dello stesso nei confronti della società, senza possibilità di provare la conoscenza del trasferimento da parte degli organi sociali. Pertanto, è invalida la delibera assunta con il voto determinante dell’erede non iscritto, in quanto soggetto estraneo alla compagine sociale e non legittimato all’esercizio dei diritti sociali.
Il titolare della quota pignorata è legittimato a impugnare la delibera invalida
Il diritto all’impugnazione della delibera assembleare spetta in maniera concorrente al custode della quota e al socio la cui quota sia stata sottoposta a pignoramento.
La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda e attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione da parte del convenuto. Contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotto dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori.
La conversione del credito di un socio in versamento in conto futuro aumento di capitale non necessita di una deliberazione assembleare, non essendo materia devoluta alla approvazione dei soci, bensì vertendosi in tema di fattispecie pattizia e necessitando dunque unicamente dell’accordo tra creditore e società, in persona del suo legale rappresentante, e non l’approvazione da parte della assemblea dei soci, che può solo prenderne atto. È dunque rimesso al socio titolare del credito la relativa decisione a cui deve seguire l’accettazione della società. L’adesione di quest’ultima a detta conversione può esser desunta da vari indicatori, tra cui ex latere societatis anche, in assenza di elementi di segno contrario, la collocazione della relativa posta nelle scritture contabili e la sua rappresentazione in bilancio o nelle situazioni patrimoniali.
Anche in corso di liquidazione i soci possono procedere al ripianamento delle perdite mediante riduzione del capitale e sua ricostituzione con apporto di finanza propria dei soci.
Istanza di sospensione di delibera assembleare sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto
Non è accoglibile l’istanza cautelare di sospensione della delibera assembleare sostituita, ex art. 2377, co. 8, c.c. e art. 2479 ter, co. 4, c.c., da un’altra decisione dei soci coincidente nell’oggetto con quella impugnata e risultante, sulla scorta di una pur sommaria delibazione, conforme alla legge e allo statuto.
Il principio di rilevanza nella classificazione delle poste di bilancio; nullità della delibera di approvazione del bilancio
Deve ritenersi nulla la delibera di approvazione di un bilancio, ove risulti l’errata classificazione di una posta creditoria, anche ove non sia determinante per la quantificazione complessiva dell’attivo patrimoniale, ma comunque idonea ad inficiare l’esposizione generale dell’equilibrio finanziario della società, non rispettando siffatto bilancio i principi di chiarezza, veridicità e correttezza come delineati dai principi contabili OIC e dalle disposizioni di legge in materia di redazione del bilancio.
Il socio di s.r.l. titolare di un terzo del capitale può convocare l’assemblea
La competenza dei soci di s.r.l. titolari di almeno un terzo del capitale a sottoporre all’assemblea degli argomenti implica anche il potere degli stessi di procedere alla diretta convocazione dell’assemblea, poiché diversamente risulterebbe del tutto superflua la previsione legislativa di cui all’art. 2479, co. 1, c.c. Tale potere dei soci di s.r.l. è configurato come concorrente rispetto a quello eventualmente attribuito all’amministratore dall’autonomia statutaria, anche in considerazione della valorizzazione all’iniziativa e al ruolo del socio all’interno della s.r.l.
La revoca per giusta causa dell’amministratore può discendere dal venir meno del rapporto di fiducia con la compagine societaria. La giusta causa può essere sia soggettiva che oggettiva, purché si tratti di circostanze o fatti sopravvenuti idonei a influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto.
L’amministratore revocato ha legittimazione a impugnare la deliberazione assembleare di revoca ritenuta invalida.
L’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori o ex amministratori di s.r.l. può essere esercitata direttamente dalla società, fermo restando che, in tal caso, è necessaria la previa deliberazione assembleare di cui all’art. 2393 c.c. quando l’azione sia diretta a far valere la responsabilità degli amministratori per inadempimento degli obblighi imposti dalla legge o dallo statuto.
Nullità della delibera assembleare di s.r.l. per omessa convocazione del socio
L’omessa convocazione del socio costituisce causa di nullità della delibera assembleare in quanto assunta in totale carenza di informazione del socio pretermesso. Infatti, il disposto dell’art. 2479 ter, co. 3, c.c., nella parte in cui considera le decisioni prese in assoluta assenza di informazioni non si riferisce soltanto alla mancanza di informazioni sugli argomenti da trattare, ma anche alla mancanza di informazioni sull’avvio del procedimento deliberativo.
Ove il socio agisca in giudizio per far valere l’invalidità di una delibera assembleare, incombe sulla società convenuta l’onere di provare che tutti i soci siano stati tempestivamente avvisati della convocazione intesa quale presupposto per la regolare costituzione dell’assemblea, mentre resta a carico dell’istante la dimostrazione degli eventuali vizi inerenti alla formazione della volontà della medesima. In particolare, non può essere addossata al socio che deduca l’invalidità dell’assemblea, la prova negativa dell’inosservanza dell’obbligo di convocazione, anche se la prova gravante sulla società può essere fornita altresì mediante presunzioni. L’onere di provare l’avvenuto recapito all’indirizzo del destinatario è a carico del mittente, salva la prova da parte del destinatario medesimo dell’impossibilità di conoscere l’atto per fatti a lui non imputabili.
Impugnativa di bilancio: la valutazione delle partecipazioni immobilizzate
In tema di redazione del bilancio di esercizio, l’art. 2426, co. 1, n. 1, c.c. impone che le immobilizzazioni siano iscritte al costo di acquisto e l’art. 2423 bis, co. 1, n. 6, c.c. prescrive che i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro (c.d. principio di continuità dei bilanci). Pertanto, l’appostazione di una partecipazione detenuta in altra società al costo di acquisto e per un valore coerente con quanto rappresentato nel bilancio precedente risulta ossequiosa di detti principi, rispetto ai quali la mera diversa valorizzazione in un atto di donazione tra privati non riveste alcuna efficacia euristica.
Limiti di ammissibilità di pronunce sostitutive a contenuto positivo di delibere negative
Nelle s.r.l., sebbene l’art. 2479 ter c.c. attribuisca testualmente la legittimazione a impugnare le deliberazioni della società ai soci che non vi hanno consentito, senza distinguere tra i soci che hanno manifestato voto contrario e i soci assenti o astenuti, la legittimazione spetta, come nelle s.p.a., a tutti coloro che non hanno espresso voto adesivo rispetto alla deliberazione adottata e, quindi, non solo ai soci dissenzienti, ma anche agli assenti e agli astenuti. Nel caso delle deliberazioni negative, legittimati sono dunque non solo i soci che hanno espresso voto favorevole alla deliberazione non adottata, e che quindi sono risultati soccombenti rispetto alla decisione della società, ma anche gli assenti e gli astenuti, i quali, non avendo partecipato all’assemblea o comunque non avendo espresso un voto contrario alla sua approvazione, non hanno acconsentito alla delibera.
La pronuncia sostitutiva di una deliberazione assembleare negativa è ammissibile solo in casi eccezionali, ove la deliberazione rappresenta un risultato necessariamente conseguente all’accertamento del vizio della deliberazione negativa, e quindi la deliberazione positiva è effetto della correzione dell’errore, come, ad esempio, nel caso in cui si ravvisa un vizio procedimentale dalla correzione obbligata, quale un errore di calcolo nella proclamazione dei risultati. In generale, invece, il giudice non può sostituire una deliberazione negativa con un’altra delibera, che comporti il conseguimento di un risultato positivo che non ha riscontrato il voto favorevole della maggioranza, quale il compimento di un’operazione societaria non condivisa dalla maggioranza dei soci, non potendo i soci di minoranza ottenere una sentenza che si sostituisca alla volontà dei soci di maggioranza e che produca un risultato diverso dal mero effetto ripristinatorio che consegue all’annullamento della deliberazione impugnata.
La sussistenza di un interesse a impugnare una delibera negativa per evitare il suo consolidamento è ravvisabile solo nel caso in cui sussista una specifica clausola statutaria che vieti di sottoporre all’assemblea la stessa proposta prima del decorso di un certo lasso di tempo dalla decisione negativa.