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26 Luglio 2023

Le mutue assicuratrici: rapporto tra qualità di socio e di assicurato, ammissibilità di soci sovventori

Le mutue assicuratrici o società di mutua assicurazione sono società cooperative caratterizzate dal vincolo di interdipendenza che, per legge, ai sensi dell’art. 2546, co. 3, c.c., sussiste fra la qualità di socio e quella di assicurato, così stretto da indurre a considerare unitario il rapporto (societario ed assicurativo) che sorge in forza della adesione alla società. Anche ove si ritenga che l’adesione alla mutua assicuratrice dia vita a due distinti rapporti (quello societario e quello assicurativo) tra loro collegati, è certo che in tanto si può divenire soci di una mutua assicuratrice, in quanto si abbiano i requisiti e si versi nelle condizioni per la stipula del contratto di assicurazione e che le due posizioni nascano e restino fra loro strettamente collegate, per modo che le vicende del rapporto societario si riflettono necessariamente su quello assicurativo e viceversa. Così, la cessazione del rischio assicurato comporta il contestuale scioglimento tanto del rapporto assicurativo che di quello societario. Accanto ai soci assicurati possono, poi, esservi, anche i soci sovventori, i quali si limitano a conferire il capitale necessario per l’attività della società senza essere legati a quest’ultima da rapporti assicurativi; tuttavia, la presenza della categoria dei soci sovventori è possibile solo ove espressamente prevista in seno all’atto costitutivo. La partecipazione dei soci sovventori è disciplinata dal legislatore con norme tese ad evitare che gli stessi, non animati da scopo mutualistico, possano prendere il sopravvento nella gestione della società.

Il giudizio di cognizione che si apre in conseguenza dell’opposizione ex artt. 645 ss. c.p.c. è governato dalle ordinarie regole in tema di riparto dell’onere della prova, come enucleabili dal disposto dell’art. 2697 c.c. Pertanto, anche in seno a tale procedimento, il creditore è tenuto a provare i fatti costitutivi della pretesa, cioè l’esistenza e il contenuto della fonte negoziale o legale del credito e, se previsto, il termine di scadenza – e non anche l’inadempimento, che deve essere semplicemente allegato -, mentre il debitore ha l’onere di eccepire e dimostrare il fatto estintivo del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento, ovvero ogni altra circostanza dedotta al fine di contestare il titolo posto a base dell’avversa pretesa o, infine, gli eventi modificativi del credito azionato in sede monitoria. Invero, dall’art. 2697 c.c. si desume il principio della presunzione di persistenza del diritto: in forza di tale principio, applicabile all’ipotesi della domanda di adempimento, ove il creditore dia la prova della fonte negoziale o legale della propria pretesa, la persistenza del credito si presume ed è, dunque, sul debitore che grava l’onere di provare di aver provveduto alla relativa estinzione ovvero di dimostrare gli altri atti o fatti allegati come eventi modificativi o estintivi del credito di parte avversa.

8 Settembre 2020

Nullità della delibera di approvazione del bilancio e inefficacia della intervenuta trasformazione di una società cooperativa in s.r.l.

Compete alla società, e non al suo fallimento, la difesa nei giudizi che hanno come oggetto la forma giuridica esposta nell’ordinamento non essendo rapporti che, ex se, coinvolgono pretese esecutive dei creditori. Infatti, gli organi sociali – in costanza di fallimento – non si estinguono, come non si estingue la stessa società che permangono medio tempore durante la liquidazione concorsuale.

Per quanto riguarda la legittimazione attiva nelle ipotesi di trasformazione eterogenea, il fallimento subentra, quale rappresentante dei creditori di cui all’art. 2500 novies c.c. in caso di inerzia della massa, laddove l’iniziativa di questi ultimi può configurarsi. Quando la società fallita è stata evocata correttamente in giudizio e il Fallimento è intervenuto aderendo all’iniziativa del creditore facendola propria, vi è una conseguente perdita di legittimazione nel corso del giudizio del soggetto creditore.

Una società consortile nasce al fine di mettere in comune i costi e le spese che devono sostenere i singoli consorziati per lo svolgimento della propria attività commerciale. Pertanto, le previsioni statutarie e regolamentari impongono necessariamente la copertura dei costi in capo ai soci. Sottrarsi a tale obbligo di contribuzione significa non raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio con lo stravolgimento dei principi di redazione contabile, abdicando allo scopo mutualistico che dovrebbe animare la compagine consortile con una palese violazione delle previsioni statutarie e regolamentari. In tal senso, la delibera di approvazione del bilancio è affetta da nullità per illiceità dell’oggetto, in quanto lo stesso risulta redatto in contrasto con le norme imperative di cui agli artt. 2423 e 2423 bis c.c. e con i principi contabili applicabili, per il fatto che non rappresentava in modo veritiero e la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio. Anche in pendenza di procedure di concordato preventivo i costi di gestione devono essere ribaltati sui soci, permanendo la natura consortile della società.

Quanto alla delibera di trasformazione di una società cooperativa in una società di capitali a finalità lucrativa, ai sensi dell’art. 2500 novies c.c., tale trasformazione eterogenea deve ritenersi inefficace – con conseguente caducazione della deliberazione dell’assemblea straordinaria con cui è stato adottato il nuovo testo dello statuto sociale – nel caso in cui pregiudichi in modo estremamente grave le ragioni creditorie.
In particolare, si evidenzia che il regime dell’opposizione ex art. 2500 novies c.c. opera anche in caso di trasformazione di società lucrativa in società consortile: da provarsi caso per caso a cura del creditore opponente, la diversa finalità di gestione del patrimonio sociale potrebbe tradursi in un aggravamento delle condizioni di rischio del credito.