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13 Giugno 2023

Eccezione di incompetenza del territoriale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

L’adesione dell’opposto all’eccezione dell’opponente di incompetenza territoriale del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo comporta, ai sensi dell’art. 38 c.p.c., l’impossibilità del giudice adito di decidere sulla competenza e, conseguentemente, di pronunciarsi anche sulle spese processuali relative alla fase svoltasi innanzi a lui, dovendo provvedervi il giudice al quale è rimessa la causa.

Tuttavia, l’ordinanza con la quale il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, prendendo atto dell’adesione dell’opposto all’eccezione, dispone la cancellazione della causa dal ruolo, deve contenere la revoca dell’ingiunzione, essendo a tal fine necessario un provvedimento espresso che impedisca al decreto di produrre gli effetti provvisori di cui esso è capace in pendenza dell’opposizione.

27 Marzo 2023

Eccezione di arbitrato ed operatività della clausola compromissoria nel giudizio monitorio

L’operatività di una clausola compromissoria, rilevabile su eccezione della parte interessata, non impedisce l’emissione di un decreto ingiuntivo. Infatti, sebbene vi sia una convenzione di arbitrato, il creditore è pienamente legittimato a promuovere il procedimento monitorio e il giudice non può rigettare il ricorso sul rilievo della convenzione di arbitrato, in quanto l’eccezione di compromesso, al pari dell’eccezione di incompetenza territoriale, è un’eccezione in senso stretto, dunque non rilevabile d’ufficio, e nella fase sommaria del procedimento monitorio non vi è ancora una controversia caratterizzata dal contraddittorio tra le parti e quindi deferibile alla cognizione degli arbitri.

Per contro, nel successivo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’exceptio compromissi deve essere sollevata, a pena di decadenza, con il primo atto del debitore convenuto sostanziale: si instaura un ordinario procedimento di cognizione, che implica necessariamente il deferimento della controversia alla cognizione del collegio arbitrale, con conseguente declaratoria di nullità del decreto ingiuntivo emesso dal giudice ordinario incompetente. La presenza di una clausola compromissoria, difatti, non esclude la competenza del giudice ordinario a emettere il decreto ingiuntivo, ma impone a costui, in caso di opposizione fondata sull’esistenza di detta clausola, la declaratoria di nullità del decreto opposto e la contestuale remissione della controversia al giudizio arbitrale

Per tali ragioni, il procedimento monitorio è del tutto legittimo, ma il decreto ingiuntivo, anche laddove fondato nel merito, ha vita effimera. La sopravvivenza nel successivo giudizio arbitrale degli effetti della domanda promossa dinanzi al tribunale incompetente viene poi assicurata dalla traslatio iudicii disciplinata dall’art. 819 ter c.p.c

L’interpretazione secondo cui, pur in presenza di una convenzione di arbitrato, il creditore è legittimato a promuovere la domanda monitoria e il giudice è tenuto a emettere il relativo decreto appare difficilmente compatibile con la soccombenza quale presupposto della condanna alle spese, a fronte di un’attività processuale legittimamente svolta dal creditore opposto nella fase monitoria. Si ritiene, pertanto, che sussistano “le altri gravi ed eccezionali ragioni” di cui all’art. 92, co. 2, c.p.c., come risultante dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte Costituzionale, che giustificano la compensazione integrale delle spese del giudizio.

8 Febbraio 2023

La (eventuale) natura di ricognizione di debito del verbale assembleare

Il riconoscimento di debito non ha natura negoziale, ma costituisce un atto giuridico in senso stretto di carattere non recettizio, che non richiede una specifica intenzione cognitiva, occorrendo solo che rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito e riveli il carattere della volontarietà, potendosi altresì concretarsi in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore.

Non ha natura ricognitiva del debito di un socio nei confronti della società, in quanto eccessivamente generica, la frase utilizzata nel verbale assembleare che non indichi né la persona del debitore, né la puntuale indicazione della posta creditoria, né la sua quantificazione, né il titolo del credito stesso. Del pari priva di rilevanza, ai fini ricognitivi del debito, è l’indicazione del debito nella proposta di concordato preventivo presentata dal liquidatore della società, ancorché poi fatta propria anche dai commissari giudiziari nella relazione ex art. 172 l. fall. Invero, anche tale ricostruzione promana dalla stessa società creditrice, senza che il socio debitore abbia espresso alcun riconoscimento dell’esistenza del debito.

Eccezione di postergazione del finanziamento soci opposta dalla società espromittente

La clausola, contenuta in un contratto di cessione di quote, per cui la società acquirente si impegna a rimborsare al venditore, entro una certa data, il suo finanziamento alla società ceduta, non può essere dichiarata nulla per difetto del requisito di determinatezza. Se, difatti, l’oggetto dell’obbligazione si identifica nelle prestazioni che le parti sono vincolate ad eseguire, e questo si ritiene determinato laddove sia chiaro alle parti ciò a cui si obbligano, allora deve asserirsi che la clausola dia forma ad un’obbligazione avente ad oggetto una prestazione di dare una somma di denaro, determinata in quanto comprensibile alle parti, oltre che eseguibile mediante un procedimento di mera attuazione (senza, cioè, necessità di alcuna integrazione).

La clausola produce effetti da inquadrarsi nel genus delle modificazioni del lato passivo del rapporto obbligatorio e, specificatamente, nella fattispecie dell’espromissione, descritta dall’art. 1272 c.c. L’espromissione prende forma in un contratto fra il creditore espromissario ed un terzo espromittente, per il tramite del quale quest’ultimo spontaneamente si impegna, nei confronti del primo, a pagare un preesistente debito dell’obbligato originario espromesso, dovendo escludersi che siano giuridicamente rilevanti i motivi che hanno determinato l’intervento dell’espromittente. L’espromissione si differenzia dall’accollo, disciplinato dall’art. 1273 c.c.,  per la totale estraneità all’operazione negoziale del debitore originario espromesso. Nello schema dell’espromissione, il terzo espromittente subentra nella stessa posizione del debitore originario, potendo opporre al creditore  le eccezioni (c.d. comuni) che a quest’ultimo avrebbe potuto opporre il debitore originario, con esclusione delle eccezioni c.d. personali e di quelle che derivano da fatti successivi all’espromissione (art. 1272, comma 3, c.c.).

L’eccezione di postergazione pare rientrare tra quelle c.d. personali, essendo basata su atti e fatti strettamente dipendenti dalla natura di persona giuridica del soggetto finanziato, dalla sua situazione patrimoniale al tempo dei conferimenti posti in essere in suo favore, dal particolare rapporto giuridico di natura societaria esistente tra autore e destinatario del finanziamento. Non potendosi dunque ricomprendere l’eccezione in questione tra quelle c.d. comuni, ne discende che esclusivamente la società che ha contratto il finanziamento soci potrebbe astrattamente opporre al creditore la natura postergata del credito; tale facoltà non è invece riconoscibile in capo alla società espromittente.

Alla stessa conclusione si perviene avendo riguardo anche alla ratio sottesa all’istituto della postergazione, che è quella di conservare l’apporto economico dei soci a servizio dell’attività svolta dall’impresa sociale, al fine di evitare che il rischio correlato all’impresa, priva di adeguati mezzi propri, sia posto a carico dei creditori esterni alla società. Per il tramite dell’art. 2467 c.c., laddove ricorrano le condizioni dettagliate dal comma 2, si persegue l’intento di preferire, in sede di soddisfacimento del credito, i creditori sociali ai soci finanziatori, derivandone che i secondi possono essere rimborsati esclusivamente dopo il completo soddisfacimento dei primi. Al contrario, in relazione all’adempimento, da parte di un terzo, dell’obbligazione di rimborso del finanziamento eseguito dal socio, non si pone alcuna esigenza di salvaguardia del patrimonio della società beneficiaria – di fatto estranea al suddetto rapporto obbligatorio – a fini di tutela dei creditori sociali di quest’ultima, cosicché l’applicazione al caso di specie della disposizione di cui all’art. 2467 c.c. non presenta alcuna effettiva ragion d’essere.

27 Maggio 2022

Legittimità del potere ispettivo dei consorzi sul corretto adempimento degli obblighi consortili

E’ priva di fondamento l’opposizione a D.I. che abbia quale motivo di opposizione la mancanza di una norma di legge che attribuisca ai consorzi il potere ispettivo, in quanto basti considerare che l’art. 2605 c.c. espressamente prevede che i consorziati debbano consentire i controlli e le ispezioni da parte degli organi previsti dal contratto al fine di accertare l’esatto adempimento delle obbligazioni assunte. Così, la partecipazione a consorzi costituti ai sensi dell’art. 224 D.lgs. n. 152/2006, vincola i consorziati all’osservanza delle specifiche previsioni dello statuto approvato dalle autorità ministeriali competenti, e costituisce una violazione dello statuto e legittima causa di irrogazione di una sanzione prevista dallo stesso la mancata collaborazione e messa a disposizione al consorzio delle informazioni necessarie alla verifica dell’esatto e tempestivo adempimento degli obblighi consortili. La violazione della norma statutaria non è esclusa per la mera manifestazione della disponibilità a consegnare la documentazione indicata dal consorzio, in quanto è evidentemente differente dall’attività di ispezione mediante l’accesso ai locali sociali della consorziata.

Clausola compromissoria, giudizio monitorio e sorte del decreto ingiuntivo

L’esistenza della clausola compromissoria, se non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere il decreto ingiuntivo posto che la disciplina del procedimento arbitrale non contempla l’emissione di provvedimenti inaudita altera parte, impone però al giudice dell’opposizione investito dell’eccezione di arbitrato l’accoglimento, in rito, dell’opposizione con la declaratoria di nullità del decreto impugnato, esclusa la traslatio iudicii dalla specifica previsione dell’art. 819 ter comma 2 c.p.c.

2 Maggio 2022

Società professionistiche affiliate alla FIP e responsabilità solidale degli amministratori

L’art. 142, comma 2, del Regolamento Organico (Reg. Org.) della Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), il quale prevede che “in caso di scioglimento, di revoca della affiliazione o di mancato rinnovo della affiliazione, delle obbligazioni assunte dalla Società verso la FIP e i suoi Organi, le Società e i terzi affiliati o tesserati rispondono altresì in solido tra loro il Presidente o Legale Rappresentante della Società e i membri del Consiglio Direttivo”, si applica esclusivamente alle società affiliate FIP che operano nel settore dilettantistico, ma non alle società operanti nel settore professionistico.

In caso di scioglimento e di messa in liquidazione delle società affiliate FIP che operano nel settore professionistico si applicano invece, come testualmente previsto dall’art. 142, comma 3, Reg. Org. FIP, le norme del codice civile in materia. Ai sensi dell’art. 127, comma 3, Reg. Org. FIP, le società affiliate FIP che operano nel settore professionistico devono necessariamente essere organizzate nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata; pertanto, non risultano configurabili, per le società professionistiche, eccezioni rispetto al regime ordinario di natura civilistica di separazione fra patrimonio societario e patrimonio personale degli amministratori. Infatti, un regolamento di una federazione sportiva di per sé non può comportare una deroga alle norme fondanti la responsabilità civilistica delle società di capitali e dei suoi amministratori, senza che il singolo abbia espresso un impegno chiaro ed esplicito all’assunzione di determinate e specifiche obbligazioni che comportino una responsabilità ulteriore, di maggior ampiezza, rispetto a quanto previsto e prescritto dallo statuto normativo delle società di capitali.

18 Febbraio 2022

Cessazione della materia del contendere e sorte del decreto ingiuntivo opposto

Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non è limitato alla verifica delle condizioni di ammissibilità e validità del decreto, ma si estende anche all’accertamento dei fatti costitutivi, modificativi ed estintivi del diritto in contestazione, con riferimento alla situazione esistente al momento della sentenza; ne consegue che la cessazione della materia del contendere, verificatasi successivamente alla notifica del decreto, travolge anche il medesimo decreto che deve essere revocato, senza che rilevi, in contrario, l’eventuale posteriorità dell’accertato fatto estintivo rispetto al momento di emissione dell’ingiunzione.

22 Dicembre 2021

Attività ispettiva del consorzio obbligatorio e dovuta collaborazione

In caso di attività ispettiva del consorzio obbligatorio, la successiva e parziale cooperazione offerta da una società iscritta a seguito dell’intervenuta irrogazione di una sanzione pecuniaria da parte di quest’ultimo (confermata da decreto ingiuntivo esecutivo), non è sufficiente ai fini della revoca della stessa.

13 Dicembre 2021

Diritto agli utili del socio accomandante e mancata presentazione del rendiconto da parte dell’accomandatario

Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, nel quale l’opposto riveste la qualità sostanziale di attore e l’opponente la qualità sostanziale di convenuto, benchè formalmente attore, il thema decidendum risulta determinato dall’oggetto della domanda proposta dall’opposto nella fase monitoria, sicchè parte opponente è legittimata a proporre una domanda riconvenzionale mentre l’opposto può formulare riconvenzionali nei limiti della reconventio reconventionis. Se la domanda monitoria non investe la competenza della Sezione Specializzata per le Imprese, prevista dall’art. 3 d.lgs. 168/2003 per i rapporti relativi alle società di capitali, tuttavia la proposizione, in via riconvenzionale, dell’azione di responsabilità verso il socio accomandatario determina la competenza collegiale a norma dell’art. 50 bis c.p.c., pur se deve dichiararsene l’inammissibilità.

In materia di notificazione del decreto ingiuntivo, vige il principio della scissione degli effetti della notifica, secondo cui il termine si considera osservato per il notificante alla data in cui lo stesso effettua gli adempimenti a sua cura, ma il termine di impugnazione dell’atto decorre per il destinatario dalla data della ricezione della notifica stessa.