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Alberta Marsilio

Alberta Marsilio

Dottoranda di ricerca in diritto commerciale presso La Sapienza Università di Roma, abilitata all'esercizio della professione forense e laureata con lode.

Patto di non concorrenza ex art. 2596 c.c. e accertamento della stipula mediante contratti standard per adesione

In ordine ai limiti contrattuali della concorrenza, la disposizione contenuta nell’art. 2596 c.c. regola in modo espresso e specifico il patto di non concorrenza, disponendo che questo debba essere circoscritto, in via alternativa, a una determinata zona o a una determinata attività. L’apposizione di una clausola di non concorrenza in un contratto (nel caso di specie, un contratto di associazione in partecipazione) richiede l’accertamento di una specifica e particolareggiata trattativa sul contenuto della clausola limitativa; trattativa che si esclude nel caso di contratti standard, composti da varie clausole predisposte unilateralmente e sottoscritte per adesione ex art. 1341 c.c. Non integra il requisito della specifica approvazione per iscritto, ex art. 1341, comma 2 c.c., il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio. Infatti, posto che l’art. 1341 c.c. non si limita a richiedere la sottoscrizione separata, ma anche la scelta di una tecnica redazionale idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore sul significato delle clausole specificamente approvate, con la loro sottoscrizione indiscriminata non sarebbe garantita l’attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole, in quanto ricompresa tra le altre richiamate. [ Continua ]

La cancellazione della società e la residuale responsabilità dei soci per i crediti non soddisfatti all’esito della procedura di liquidazione

Dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2495, co. 2, c.c., i creditori sociali non soddisfatti, ferma restando l’estinzione della società, possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione. Viene, così, in rilievo una forma peculiare di successione nei rapporti giuridici pendenti della società estinta, ove quest’ultima non risponde più dei debiti, dovendone rispondere i soli soci, secondo il medesimo titolo per il quale ne avrebbe dovuto rispondere la società e, in ogni caso, fino a concorrenza delle somme eventualmente riscosse in base al bilancio finale di liquidazione. La circostanza che gli ex soci della società estinta nulla avrebbero ricevuto in sede di riparto finale di liquidazione non fa venire meno la loro qualifica di successori, rimanendo la percezione delle somme rivenienti dal bilancio finale di liquidazione unicamente il limite quantitativo entro il quale i soci debbano rispondere del debito della dante causa. L’interesse ad agire del creditore sociale nei confronti dei soci non è di per sé escluso dalla eventualità che questi ultimi non abbiano partecipato utilmente alla ripartizione finale, potendo vantare il creditore comunque l’interesse a procurarsi un titolo, anche di mero accertamento dell’obbligo risarcitorio incombente sui soci, quali successori dell’ente estinto, poiché dalla cancellazione della società possono residuare beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio finale, si sono comunque trasferiti ai soci medesimi. [ Continua ]
22 Giugno 2023

Mancato esercizio dei diritti di utilizzazione economica di opere musicali e irretroattività della nuova disciplina di cui all’art. 110 septies l.d.a.

Ai sensi dell'art. 110-septies l.d.a. (in attuazione dell'art. 22 Dir. (UE) 2019/790) l'autore o artista interprete o esecutore che ha concesso in licenza o trasferito in esclusiva i propri diritti relativi ad un’opera, ha il diritto di poter agire per la risoluzione, anche parziale, del contratto ovvero di revocare l’esclusiva del contratto, in caso di mancato sfruttamento dell’opera nel termine stabilito convenzionalmente, comunque non superiore ai termini di legge. La ratio della disciplina è quella di introdurre, a favore del cedente, uno strumento rimediale per l’ipotesi in cui le opere non siano sfruttate dal cessionario per un lasso di tempo ragionevole, così da consentirgli, dopo lo scioglimento del contratto, di rivolgersi ad altri soggetti affinché i diritti aventi ad oggetto le opere vengano effettivamente utilizzati. Tale diritto tuttavia non spetta agli autori, artisti interpreti e esecutori in relazione ai contratti conclusi prima del 6 giugno 2021. In difetto di una previsione contrattuale specifica, il mancato esercizio dei diritti di utilizzazione economica di opere musicali, oggetto di cessione contrattuale, non può configurare inadempimento rilevante ai fini della risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c. [ Continua ]

La clausola di esclusiva nei contratti di distribuzione e negli accordi intercorrenti tra soggetti posti a differenti livelli della catena produttivo-distributiva

La clausola di esclusiva (frequentemente apposta nei contratti di distribuzione e negli accordi intercorrenti tra soggetti posti a differenti livelli della catena produttivo-distributiva), nella sua forma bilaterale o reciproca, consiste, da una parte, nell’impegno per il produttore/fornitore di non conferire contemporaneamente a più distributori l’incarico di trattare i propri prodotti in una determinata zona e, dall’altra, nell’impegno per il distributore di non trattare nella zona prodotti concorrenti. I reciproci vincoli si estendono altresì alla commercializzazione diretta di prodotti da parte del produttore/fornitore e alla produzione di prodotti concorrenti da parte del distributore. Lo scopo della clausola di esclusiva è quello di garantire alle parti un più stretto vincolo di collaborazione, al fine di assicurare una miglior distribuzione dei prodotti e il successo delle attività imprenditoriali di ciascuna di esse. Una simile pattuizione costituisce, allo stesso tempo, un incentivo all’integrazione e una limitazione della concorrenza, impegnandosi entrambe le parti a limitare la propria libertà di iniziativa economica, per un determinato periodo di tempo e all’interno di una certa zona. Stante il carattere accessorio della clausola di esclusiva e la pervasività che una simile clausola ha nei rapporti obbligatori tra le parti, la stessa deve trovare adeguata ed esplicita trattazione all’interno del testo contrattuale, dovendo essere previsti, in modo inequivoco, i tempi e le modalità esecutive da adottare al fine di garantire un celere passaggio nella commercializzazione dei prodotti tra le due società, così da scongiurare il rischio, per entrambe le parti, di subire perdite sul mercato. In tale contesto, anche l’analisi del comportamento delle parti successivo alla stipulazione dei contratti (ad esempio, una fitta corrispondenza intercorsa tra le medesime) può indurre ad escludere l’esistenza di un diritto di esclusiva. [ Continua ]
26 Ottobre 2023

Gli effetti nei confronti dei terzi del riconoscimento del diritto di uso esclusivo del marchio registrato

Ai sensi dell’art. 20, co. 1 e 2 c.p.i., la registrazione del marchio attribuisce al suo titolare il diritto di valersene in modo esclusivo per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, vietando che un soggetto terzo nell’esercizio della propria attività economica utilizzi un segno distintivo identico o simile, alle condizioni descritte dalla suddetta norma, salvo che sussista un diverso accordo tra il soggetto titolare del marchio e i terzi che ne facciano utilizzo. La ratio della disposizione risiede nella volontà di tutelare il titolare del diritto esclusivo sul marchio avverso qualsivoglia abuso del segno distintivo, prescindendo dall’individuazione del soggetto che sia titolare del segno in asserita contraffazione (nel caso di specie il convenuto aveva svolto attività di mera rivendita di prodotti riportanti un marchio altrui, senza essere a conoscenza dell'illiceità del segno distintivo). Nel caso di violazione di un diritto di proprietà industriale, la tutela inibitoria di cui agli artt. 124 e 131 c.p.i. può essere concessa, su richiesta dell’interessato, anche quando la contraffazione sia cessata, a prescindere dall’esistenza di un danno attuale o potenziale per il titolare del diritto, trattandosi non di una misura sanzionatoria, ma di mero accertamento, volta a tutelare lo stesso interesse della norma sostanziale violata, di cui costituisce una ripetizione nel caso concreto e a prevenire violazioni della stessa natura di quelle già commesse, con esclusione del solo caso in cui il comportamento illecito sia da tempo esaurito e non più ripetuto. [ Continua ]

La concorrenza sleale per assunzione di un dipendente chiave dell’impresa concorrente e il rischio di illecita sottrazione e detenzione di informazioni riservate

Per integrare una condotta di concorrenza sleale ex art. 2598, n. 3 c.c., non è sufficiente l’utilizzo, da parte dell’ex dipendente presso il nuovo datore di lavoro, del bagaglio di cognizioni ed esperienze acquisite in costanza del precedente rapporto di lavoro, trattandosi di conoscenze divenute ormai parte della personalità del dipendente, che da lui possono essere legittimamente portate a supporto di migliori nuove possibilità lavorative. Pertanto, laddove non si travalichi il limite della segretezza delle informazioni o di eventuali patti di non concorrenza validi, per il periodo successivo al rapporto di lavoro, non costituisce concorrenza sleale – bensì sviluppo fisiologico delle relazioni professionali – lo sfruttamento da parte dell’ex dipendente delle competenze e conoscenze lecitamente acquisite grazie alle precedenti esperienze lavorative. In materia di segreti commerciali, affinché possa trovare applicazione la disciplina di cui agli artt. 98-99 c.p.i., volta ad apprestare una tutela contro la illecita acquisizione, rivelazione, detenzione ed utilizzazione di informazioni segrete e/o riservate, sono richieste tre condizioni cumulative: a) la segretezza dell’informazione; b) il valore economico dell’informazione in quanto segreta; c) l’adozione da parte del detentore di misure ragionevolmente adeguate a mantenere segreta la stessa. Ne deriva che la tutela predisposta dalle suddette norme non può essere invocata laddove vi sia una divulgazione della notizia, anche in occasione di conferenze o presentazioni tecnico commerciali ovvero laddove le informazioni non possano qualificarsi, ab origine, come “segreto commerciale”, in quanto “non definibili come formulazioni frutto di soluzioni formali nuove o originali o che necessitino di informazioni tecniche non diffuse e non note nel settore”. [ Continua ]
4 Novembre 2023

Lo squilibrio contrattuale nell’abuso di dipendenza economica e nella disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari

L'abuso di dipendenza economica, di cui all'art. 9 L. n. 192/1998, è una nozione indeterminata il cui accertamento postula l'enucleazione della causa concreta della singola operazione che il complessivo regolamento negoziale realizza, dovendosi porre l'attenzione sul momento genetico in cui i diritti e gli obblighi “squilibrati” vengono pattuiti, perché è in quel momento che la mancanza di reali alternative economiche sul mercato può costringere il contraente debole a subire un regolamento negoziale iniquo. Accertata la sussistenza di una situazione di dipendenza economica, la condotta di "abuso" s'identifica in una condotta arbitraria contraria a buona fede, ovvero nella intenzionalità di una vessazione perpetrata sull'altra impresa, in vista di fini esulanti dalla lecita iniziativa commerciale retta da un apprezzabile interesse dell'impresa dominante ed esclusivamente volti ad appropriarsi del margine di profitto altrui. L'inadempimento delle pattuizioni (equilibrate o magari squilibrate, ma per altra causa) non costituisce una condotta rilevante ai fini dell'abuso di dipendenza economica, in quanto non rappresenta l’attuazione di un regolamento contrattuale iniquo ab origine, ma la violazione dell'obbligo di buona fede contrattuale ex art 1375 c.c. (Nel caso di specie, il Tribunale ha escluso che l'imposizione unilaterale di un termine di preavviso per l'esercizio del diritto di recesso, non previsto nel contratto e considerato inadeguato dalla controparte, integrasse un abuso di dipendenza economica). Nella disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, l’art. 62 d.l. 1/2012 (oggi abrogato) vieta l'imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose (che sono tali quando ad esse non corrisponde una controprestazione di proporzionata importanza) e di condizioni extracontrattuali e retroattive, le quali, in quanto pattuite dopo le originarie pattuizioni, sono pregiudizievoli se interferiscono con la parte del rapporto che è stata già eseguita. L’onere della prova della ingiustificata gravosità è, secondo le regole ordinarie del processo, a carico della parte che vuol far valere l’illiceità delle condizioni. [ Continua ]

Imitazione servile e appropriazione di pregi altrui

In materia di violazione di segni distintivi non registrati e concorrenza sleale, la presenza di due marchi diversi, ben visibili, inconfondibili e che non lasciano dubbi sulla diversa identità dei produttori, è sufficiente a differenziare il prodotto e ad escludere l’imitazione servile ex art. 2598, co. 1, n. 1 c.c.. Ai fini dell'accertamento dell’imitazione servile, la comparazione tra prodotti dev'essere compiuta non attraverso un esame analitico dei singoli elementi caratterizzanti, ma mediante una valutazione sintetica dei medesimi nel loro complesso, ponendosi dal punto di vista del consumatore, con la conseguenza che quanto minore è l’importanza merceologica del prodotto, tanto più la scelta può essere determinata da percezioni immediate e sollecitazioni sensoriali. L'imitazione servile va distinta dalla condotta di appropriazione dei pregi altrui, contemplata all'art. 2598, co. 1, n. 2, c.c., la quale è integrata dal vanto operato da un imprenditore circa le caratteristiche della propria impresa, non realmente possedute bensì indebitamente mutuate da quelle di un altro imprenditore, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori. [ Continua ]