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Art. 98 c.p.i.
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28 Giugno 2023

Ex dipendenti e informazioni riservate: tutela ex artt. 98-99 C.p.i. e art. 2598 c.c.

In tema di misure di segretezza (ai sensi dell’art. 98, co. 1, lett. c, c.p.i.) le modalità di accesso a sistemi informativi con user id e password sono del tutto ordinarie e non denotano quel quid pluris di segretezza proprio dei segreti industriali ex artt. 98-99 c.p.i.

Le informazioni aziendali di carattere commerciale e tecnico, pur non qualificate in termini di segretezza ex artt. 98-99 c.p.i., possono costituire patrimonio aziendale riservato (know how), la cui diffusione/utilizzazione senza il consenso del titolare può integrare, nella ricorrenza degli altri presupposti della fattispecie illecita, concorrenza sleale, ai sensi dell’articolo 2598, n. 3, c.c.

Lo storno di personale non è di per sé illecito, essendo imprescindibile che lo stesso sia caratterizzato da connotazione ulteriore, quale è l’intento di recare pregiudizio all’organizzazione e alla struttura produttiva del concorrente, disgregandone l’efficienza aziendale e procurandosi un vantaggio competitivo indebito.

La concorrenza parassitaria consiste nell’imitazione sistematica (e protratta nel tempo) dell’attività imprenditoriale del concorrente, laddove ciò che distingue tale fattispecie di modalità scorretta di concorrenza (ex art. 2598, n. 3, c.c.) rispetto ai casi tipici di cui ai nn. 1 e 2 dell’art. 2598 c.c., è il continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente, attraverso l’imitazione non tanto dei prodotti, ma piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali in un contesto temporale prossimo, così da rivelare l’intento di avvantaggiarsi sul mercato, sfruttando il lavoro e gli sforzi altrui.

Sottrazione di informazioni asseritamente segrete per la produzione di una maschera da scherma tutelata come marchio di forma registrato

La parte che intenda tutelare una privativa non titolata in giudizio deve dare contezza e prova di tutti i suoi presupposti, così come previsti dall’art. 98 D.Lgs. n. 30/2005, ovvero che dette informazioni siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme e nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; che abbiano valore economico in quanto segrete; siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete, dovendosi intendere per misure ragionevolmente adeguate quelle che impediscano che coloro che detengono le informazioni le portino a conoscenza di terzi o che impediscano ai terzi di accedervi direttamente.

I Tribunali di uno Stato membro, compresi i Tribunali dei marchi UE, possono essere aditi per chiedere, relativamente a un marchio UE o a una domanda di marchio UE anche in difetto di registrazione, le misure cautelari previste dalla legislazione di detto Stato per un marchio nazionale, cosicché la tutela cautelare può essere riconosciuta anche sulla scorta della mera domanda di registrazione, purché ne ricorrano i presupposti secondo disciplina comunitaria, tenuto conto che il difetto di registrazione, esclude soltanto che l’affermata privativa possa considerarsi sorretta da presunzione di validità, secondo il dettato dell’art. 127 comma 1 del citato Reg. UE n. 1001/2017.

Nella valutazione del carattere distintivo che la forma del prodotto deve avere o acquisire al fine di valere in sé come marchio, è bene chiarire la necessità di non incorrere in un equivoco, posto che il carattere distintivo della forma non deve differenziare il prodotto dagli altri, in una sorta di considerazione del carattere individuale proprio dei modelli, ma deve differenziarsi dal prodotto in modo idoneo a mandare un messaggio ulteriore rispetto alle qualità del prodotto medesimo, cosicché l’eventuale successo riscontrato sul mercato dal prodotto, idoneo di per sé ad attribuire alle sue fattezze valore individuale, può essere eventualmente valutato come causa efficiente dell’assunzione del carattere distintivo della forma medesima, forma cioè atta ad assumere il significato di marchio.

17 Febbraio 2023

Tutela delle privative non titolate: procedimento cautelare e onere della prova

Quanto alle privative non titolate, quali sono i segreti industriali, in caso di contestazione della sussistenza del diritto, compete a chi agisca in giudizio, pur nei limiti della prova di verosimiglianza propria del giudizio cautelare, dare contezza dell’esistenza della privativa, fornendo la prova della esistenza delle informazioni tecniche e commerciali in capo al legittimo detentore, nonché dell’esistenza dei presupposti di tutela di cui all’art. 98 cpi, quanto a segretezza di dette informazioni, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del ramo, abbiano dette informazioni valore economico in quanto segrete e siano sottoposte a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.

Il divieto di concorrenza sleale per imitazione servile è diretto a impedire il rischio di confusione tra i prodotti dell’imitatore e i prodotti del concorrente

L’imitazione servile è sanzionata dall’art. 2598 n.1 c.c. solo in quanto idonea a creare confusione con i prodotti del concorrente, cioè tale da indurre il potenziale acquirente a ritenere che l’oggetto imitato è proprio quello del produttore che subisce l’imitazione. Inoltre, poiché l’imitazione servile viene ricondotta all’ambito della concorrenza confusoria e quindi al tema dei segni distintivi (nel caso di specie costituiti dalla forma esteriore del prodotto), la tutela della forma è subordinata alle condizioni generali di tutelabilità dei segni distintivi. Ne consegue che chi assume la commissione dell’illecito in questione ed invoca la tutela contro l’imitazione deve allegare e provare la capacità distintiva della forma imitata, intesa soprattutto quale percezione del segno da parte del pubblico come segno distintivo.

6 Febbraio 2023

Fumus boni iuris di un provvedimento di descrizione e misure di protezione dei segreti industriali

Nell’ambito della valutazione del fumus boni iuris utile per l’emanazione di un provvedimento di descrizione, il diritto di cui deve riscontrarsi la verosimile fondatezza  non è tanto quello sostanziale oggetto della domanda di merito, quanto quello processuale alla acquisizione della prova richiesta. Tale “diritto alla prova”, tuttavia, non può derivare sic et simpliciter dalla utilità della prova stessa in relazione alla domanda prospettata e non può prescindere dalla verosimiglianza dell’esistenza di un diritto industriale (e non di altro, come il diritto alla lealtà concorrenziale, di per sé considerato).

Ai fini della tutela dei segreti commerciali ex art. 98 c.p.i., vengono in rilievo il presupposto della segretezza delle informazioni tecniche e commerciali – che devono essere conosciute dal solo imprenditore che chiede tutela, non da altri – e quello della loro secretazione, consistente nella adozione di misure atte a impedirne la divulgazione (nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto insufficiente la dicitura “Divulgazione e riproduzione vietata senza nostra autorizzazione scritta” inserita nei cartigli apposti sui disegni tecnici della ricorrente).

La concorrenza sleale per assunzione di un dipendente chiave dell’impresa concorrente e il rischio di illecita sottrazione e detenzione di informazioni riservate

Per integrare una condotta di concorrenza sleale ex art. 2598, n. 3 c.c., non è sufficiente l’utilizzo, da parte dell’ex dipendente presso il nuovo datore di lavoro, del bagaglio di cognizioni ed esperienze acquisite in costanza del precedente rapporto di lavoro, trattandosi di conoscenze divenute ormai parte della personalità del dipendente, che da lui possono essere legittimamente portate a supporto di migliori nuove possibilità lavorative.

Pertanto, laddove non si travalichi il limite della segretezza delle informazioni o di eventuali patti di non concorrenza validi, per il periodo successivo al rapporto di lavoro, non costituisce concorrenza sleale – bensì sviluppo fisiologico delle relazioni professionali – lo sfruttamento da parte dell’ex dipendente delle competenze e conoscenze lecitamente acquisite grazie alle precedenti esperienze lavorative.

In materia di segreti commerciali, affinché possa trovare applicazione la disciplina di cui agli artt. 98-99 c.p.i., volta ad apprestare una tutela contro la illecita acquisizione, rivelazione, detenzione ed utilizzazione di informazioni segrete e/o riservate, sono richieste tre condizioni cumulative: a) la segretezza dell’informazione; b) il valore economico dell’informazione in quanto segreta; c) l’adozione da parte del detentore di misure ragionevolmente adeguate a mantenere segreta la stessa.

Ne deriva che la tutela predisposta dalle suddette norme non può essere invocata laddove vi sia una divulgazione della notizia, anche in occasione di conferenze o presentazioni tecnico commerciali ovvero laddove le informazioni non possano qualificarsi, ab origine, come “segreto commerciale”, in quanto “non definibili come formulazioni frutto di soluzioni formali nuove o originali o che necessitino di informazioni tecniche non diffuse e non note nel settore”.

17 Giugno 2022

Competenza delle sezioni specializzate per illeciti concorrenziali

Rientrano nella competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 168 del 2003, le domande di repressione di atti di concorrenza sleale o di risarcimento dei danni che si fondano su comportamenti che interferiscono con un diritto di esclusiva (concorrenza sleale c.d. interferente), avendo riguardo alla prospettazione dei fatti da parte dell’attore ed indipendentemente dalla loro fondatezza. Di converso, esulano dalla competenza delle sezioni specializzate le domande fondate su atti di concorrenza sleale c.d. pura, in cui la lesione dei diritti di esclusiva non sia elemento costitutivo dell’illecito concorrenziale [nel caso di specie, la condotta posta in essere dal convenuto ritenuta potenzialmente integrante concorrenza sleale interferente concerne la sottrazione dei dati relativi alla clientela].

Il danno (e la relativa prova) nel caso di sottrazione di informazioni riservate

Il danno cagionato da violazione dei diritti di proprietà industriale non è in ‘re ipsa’, ma deve essere provato secondo i principi generali. La prova del relativo danno, ai sensi dell’articolo 125 c.p.i., può essere fornita dimostrando, alternativamente, l’esborso (il danno emergente) e la diminuzione attuale e/o potenziale del proprio fatturato (il lucro cessante) e la riferibilità di tali fatti all’illecito altrui, oppure l’utile dell’autore dell’illecito, da riversare al soggetto titolare del diritto leso in presenza di una domanda di retroversione degli utili ex art. 125, terzo comma, c.p.i. In tema di risarcimento del danno emergente, le spese per l’accertamento dell’illecito sono voci di danno risarcibili in caso di violazione di diritti di proprietà industriale.

18 Febbraio 2022

Concorrenza sleale: indebita acquisizione nonché utilizzazione di informazioni riservate e onere della prova

In ottemperanza al principio dell’onere della prova, ex art. 2697 c.c., la parte che intende invocare la tutela delle informazioni riservate ai sensi degli artt. 98 e 99 CPI deve provarne  (a) l’effettiva consistenza, fattura e configurazione depositando disegni, progetti, o comunque documentazione tecnica idonea di per sé a circoscrivere, identificare e descrivere l’oggetto dell’asserita indebita divulgazione e utilizzazione, (b) l’effettiva identità tra le macchine realizzate sulla base di tali informazioni e (c) l’effettiva commercializzazione delle macchine con caratteristiche rispondenti alle informazioni.