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Tribunale di Venezia


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Abuso dell’esclusione del socio di società di persone da parte dei soci maggioritari

Sussiste abuso quando  i soci maggioritari di una società di persone, dopo aver reiteratamente deprivato con il loro volto il socio minoritario degli utili, e dopo avere agito contro di lui esecutivamente in proprio, si avvalgano di una mera facoltà statutaria che fa perno sul pignoramento della quota per escludere detto socio dalla compagine.

L’esclusione del socio non è impedita dalla situazione di scioglimento della società.

28 Febbraio 2025

Prescrizione dell’azione di risarcimento nei confronti degli amministratori e sindaci e domanda di concordato

Colui che agisce in giudizio con l’azione di risarcimento nei confronti degli amministratori di una società di capitali, che abbiano compiuto, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, attività gestoria non avente finalità meramente conservativa del patrimonio sociale, ai sensi dell’art. 2486 c.c., ha l’onere di allegare e provare l’esistenza dei fatti costitutivi della domanda e, quindi, la ricorrenza delle condizioni per lo scioglimento della società e il successivo compimento di atti negoziali da parte degli amministratori, ma non è tenuto a dimostrare che tali atti, benché effettuati in epoca successiva al verificarsi della causa di scioglimento, non comportino un nuovo rischio d’impresa, come tale idoneo a pregiudicare il diritto dei creditori e dei soci, ma siano giustificati dalla finalità liquidatoria o comunque risultino necessari. Pertanto, qualora l’addebito gestorio, ai sensi dell’art. 2486 c.c., si basi su delle censure al bilancio, parte attrice avrebbe l’onere di allegare le ritenute violazioni nella redazione del bilancio, con esplicitazione sia delle ragioni, sia dei fatti per i quali le singole poste debbano ritenersi scorrette, sia degli importi per i quali esse debbano essere rettificate.

Al fine di indicare correttamente i fatti ai sensi dell’art. 164, co. 5, c.p.c. è sufficiente che parte attrice ponga l’accento sulla gravità dei discostamenti dal vero delle poste di bilancio censurate e sul dovere certificatorio del revisore, circa la verità e correttezza del bilancio nella sua funzione di rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della società, con ciò implicando che il mancato rilievo di tali discostamenti sia segno di inescusabile negligenza del revisore. E’, invece, onere del revisore dimostrare, qualora vi sia uno scostamento dal vero, di avere operato diligentemente e incolpevolmente.

Il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di cui all’art. 2476 co. 6 non inizia a decorrere dal momento in cui risulta pubblicata la determinazione del CdA di presentare proposta di concordato preventivo, non essendo tale elemento sufficiente ad esporre l’insufficienza patrimoniale della società. L’insufficienza patrimoniale della società risulta, invero, dalla pubblicazione della proposta di concordato, nella quale non sia previsto il pagamento integrale dei creditori.

L’accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata da un coobbligato solidale nei confronti del creditore comune produce effetto anche a favore dell’altro coobbligato convenuto non eccipiente nello stesso processo, tutte le volte in cui la mancata estinzione del rapporto obbligatorio nei confronti di quest’ultimo possa generare effetti pregiudizievoli per il condebitore eccipiente, senza che assuma rilevanza la distinzione tra il coobbligato contumace e quello costituito che non abbia proposto l’eccezione ovvero l’abbia abbandonata, ipotesi tutte che non comportano rinuncia sostanziale alla prescrizione maturata e neppure rinuncia tacita all’azione di regresso verso il coobbligato eccipiente.

20 Febbraio 2025

Responsabilità diretta dell’amministratore che contrae obbligazioni non conservative a seguito della perdita del capitale

In tema di responsabilità degli amministratori ex artt. 2486 e 2476 c.c., risponde direttamente verso il terzo creditore l’amministratore che, successivamente alla perdita del capitale sociale e in assenza di tempestiva convocazione dell’assemblea per l’adozione delle misure necessarie, contragga obbligazioni non riconducibili a finalità meramente conservative. In tale ipotesi non può essere invocata l’esenzione prevista dalla normativa emergenziale (art. 1, comma 266, l. 178/2020) qualora l’assemblea non sia stata convocata “senza indugio”, né la perdita correttamente documentata nella nota integrativa.

Non rispondono, invece, gli amministratori nominati successivamente ove la durata del mandato sia stata talmente breve da non permettere iniziative adeguate.

La responsabilità dei soci ex art. 2476, comma 8, c.c. non è configurabile in assenza di un consapevole comportamento positivo di adesione all’illecito dell’amministratore.

19 Dicembre 2024

Ratio della disciplina antiriciclaggio e responsabilità omissiva della banca per prosecuzione indebita di attività di impresa

La disciplina antiriciclaggio (D.Lgs. 231/2007) non è dettata al fine di garantire i rapporti fra privati, e in particolare non pone a carico della Banca un obbligo giuridico di impedire gli eventi quali la generazione di insolvenza o la prosecuzione indebita di attività di impresa in stato di perdita di capitale; la sussistenza di un tale obbligo è requisito indispensabile per potere costruire, sulla base della violazione di una norma, la responsabilità omissiva del soggetto agente per le conseguenze dannose. La normativa antiriciclaggio è invece posta a presidio dell’interesse pubblicistico a impedire la circolazione di denaro di provenienza illecita [nel caso di specie il Tribunale ha, quindi, ritenuto insussistente la responsabilità ex artt. 2043 e 2055 c.c. delle banche per non aver impedito all’amministratore di una società cooperativa, poi fallita, di effettuare prelievi in contanti dai conti intestati alla società, dato che anche a voler qualificare tali operazioni come “sospette”, ciascuna banca avrebbe avuto il solo obbligo di effettuare una segnalazione all’UIF, senza avere il potere, né il dovere, di impedire i prelievi].

11 Dicembre 2024

Banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa e competenza dell’accertamento di crediti

L’improponibilità delle domande verso la liquidazione coatta amministrativa dell’impresa bancaria riguarda tutte le domande che sono funzionali all’accertamento di un credito verso l’impresa in liquidazione, anche ove dette domande siano di mero accertamento di detto credito e non di condanna, ovvero anche ove dette domande siano costitutive o di accertamento e vengano invocate quale presupposto dell’insorgenza di un credito risarcitorio o restitutorio da far valere verso la procedura, non potendosi derogare all’accertamento del credito e dei suoi presupposti secondo le regole del concorso. Rimangono, invece, escluse dalle regole dell’accertamento concorsuale e della formazione dello stato passivo tutte le domande di accertamento o costitutive, come possono essere le domande di accertamento delle nullità di un contratto, ovvero le domande di annullamento, ovvero di inefficacia, quando dirette non già a far valere crediti risarcitori o restitutori, ma semplicemente a conseguire la liberazione da un obbligo assunto verso l’impresa sottoposta a procedura concorsuale, tutela questa in sé che il giudice del concorso non è deputato a dare. Tra dette domande non funzionali all’accertamento dei crediti rientrano quelle volte ad accertare l’insussistenza di crediti vantati dall’impresa in bonis e propri della procedura, in relazione alle quali è ben possibile agire secondo le regole ordinarie, anche ove l’insussistenza del credito dipenda dalla nullità, dalla annullabilità ovvero dalla inefficacia del contratto, sempre che dette pretese siano funzionali all’accertamento negativo del credito vantato dalla procedura medesima sulla scorta del rapporto negoziale invalido.

Il divieto di assistenza finanziaria previsto dall’art. 2358 c.c., essendo posto a tutela dell’interesse della società e dei creditori all’integrità del capitale, deve ritenersi applicabile anche alle società cooperative.

La violazione del divieto di assistenza finanziaria comporta la nullità del negozio di finanziamento collegato al collocamento di azioni che avvenga nel mancato rispetto delle condizioni previste dall’art. 2358 c.c.

2 Dicembre 2024

Contraffazione del marchio per effetto del nome commerciale o della denominazione sociale

Il titolare di un marchio europeo ha il diritto di vietare ai terzi di utilizzare nel commercio “come nome commerciale o denominazione sociale o come parte di essi” un segno identico o simile al proprio, in maniera tale da creare un collegamento tra l’impresa ed il proprio segno distintivo e, quindi, confusione circa l’origine commerciale dei prodotti e servizi, come si legge nel considerando n. 13 del Regolamento UE n. 1001/2017.

29 Novembre 2024

La legge applicabile all’azione di responsabilità promossa ex art. 2395 c.c. nei confronti dell’amministratore di società costituite e aventi sede all’estero

L’azione di responsabilità promossa ex art. 2395 c.c. dal socio nei confronti dell’amministratore di società controllate costituite e aventi sede all’estero può essere proposta davanti al giudice italiano ai sensi dell’art. 7, n. 2, del Regolamento UE n. 1215/2012, ove secondo la prospettazione dell’attrice, l’evento dannoso abbia avuto luogo nel territorio italiano.

L’azione di responsabilità ai sensi dell’art. 2395 c.c. promossa nei confronti di un amministratore di società controllate straniere è regolata dalla lex societatis ai sensi dell’art. 25 della legge n. 218/1995 deve essere regolata dalla legge straniera ai sensi dell’art. 25 comma 1, lett. i), della legge n. 218/1995. Tale conclusione appare condivisibile, poiché l’art. 2395 c.c., pur costituendo un’applicazione dell’art. 2043 c.c., presenta rispetto a quest’ultima azione due peculiarità in punto di decorrenza del termine di prescrizione e di limitazione del danno risarcibile e si colloca a chiusura di un sistema speciale di responsabilità dettato dal legislatore con riferimento all’amministratore di una società proprio in ragione della carica ricoperta, nel quale le dinamiche endosocietarie influenzano l’applicazione dei principi generali in tema di responsabilità. L’azione ex art. 2395 c.c., infatti, non è applicabile a qualsiasi condotta dell’amministratore, ma solo alle azioni o alle omissioni che egli pone in essere nell’esercizio o in occasione del suo ufficio, cosicché vi è comunque un riferimento alla materia societaria che giustifica l’applicazione della norma di conflitto di cui all’art. 25 della legge n. 218/1995.

22 Novembre 2024

Libera trasferibilità delle partecipazioni nelle società a responsabilità limitata e limiti statutari

La disciplina del trasferimento delle partecipazioni nelle società a responsabilità limitata è quella dettata dall’art. 2469 c.c., che al primo comma enuncia il principio di libera trasferibilità della partecipazione, sia per atto tra vivi, che per successione mortis causa e al secondo comma prevede la possibilità di derogare al regime di libera trasferibilità della quota sociale della s.r.l., stabilendo, in particolare, che qualora l’atto costitutivo preveda l’intrasferibilità per atto tra vivi o mortis causa delle partecipazioni o ne subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi, senza previsione di limiti o ponendo limiti che nel caso concreto impediscono il trasferimento a causa di morte, il socio o i suoi eredi possono esercitare il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2473 c.c.

Dal dettato normativo si evince che l’atto costitutivo può, non solo, limitare, ma anche escludere del tutto il trasferimento delle quote, ovvero subordinarlo ad una clausola di gradimento, quale espressione, come osservato in dottrina, dell’importanza che nella s.r.l. assume la persona del socio, nell’ottica di tutelare l’esigenza dei soci superstiti a mantenere una determinata composizione della compagine sociale, precludendo l’ingresso a soggetti che non posseggano specifici requisiti o non godano della loro fiducia.

14 Novembre 2024

Illecita prosecuzione dell’attività e criteri di quantificazione del danno

L’azione esercitata dal fallimento ai sensi dell’art. 146 l. fall., che censura la condotta gestoria dell’amministratore quale lesiva del patrimonio sociale, ha natura contrattuale, onde si applicano i principi sull’onere probatorio propri di tale tipo di azioni: l’attore deve allegare in modo sufficiente preciso l’illecito, e provare il danno e il nesso causale fra condotta od omissione censurata e danno, mentre spetta al convenuto provare di avere bene operato o di non essere stato in colpa.

Quanto alla stima del danno, l’art. 2486 cod. civ., come riformato nel 2019, raccoglie e cristallizza in regole di legge le elaborazioni sulla determinazione del danno derivanti da una già precedente consolidata giurisprudenza: pertanto, i criteri ivi indicati si applicano anche alla stima dei danni per illeciti commessi, e già previsti dalla legge, ante riforma.

14 Novembre 2024

Società di persone: usufrutto di quote, venir meno della pluralità dei soci e applicazione analogica dell’art. 2395 cod. civ.

Non v’è incompatibilità fra accettazione con beneficio di inventario e subentro dell’erede nella qualità di socio illimitatamente responsabile in società di persone, e ciò sia nel caso in cui l’acquisto della qualità di socio sia intervenuto in forza di una clausola statutaria c.d. di continuazione automatica, sia nel caso in cui il subentro fosse stato convenuto tra gli eredi e i soci superstiti con un accordo ad hoc.

L’usufrutto della quota di una società di persone è ammissibile, poiché la quota può formare oggetto di diritti ai sensi dell’art. 810 cod. civ. e rientrare nel concetto di beni mobili immateriali ex art. 812, comma 3, cod. civ., ma la qualità di socio non viene però acquistata dall’usufruttuario ma permane in capo al nudo proprietario. L’assetto dei poteri, diritti e facoltà attribuibili al titolare di un diritto parziario quale l’usufruttuario non discende dalla qualificazione giuridica eventualmente utilizzata dalle parti per individuare il titolare del diritto costituito o trasferito, ma discende dalla tipologia di diritto sulla quota che è stato in concreto costituito o traferito; in altri termini, la volontà delle parti non può spingersi sino a modificare il contenuto del diritto reale di usufrutto in senso contrario a quanto voluto dal legislatore e a far acquisire la qualità di socio a colui che non può essere considerato tale per scelta dell’ordinamento.

Nelle società di persone l’incarico gestorio può essere affidato ad un soggetto non socio.

La mancata ricostituzione entro sei mesi della pluralità dei soci non determina affatto la cessazione o l’estinzione automatica della società di persone, ma soltanto che la stessa si scioglie ex lege ai sensi dell’art. 2272, n. 4, cod. civ. e entra automaticamente in stato di liquidazione; il socio rimasto, dopo aver lasciato trascorrere il semestre, potrebbe proseguire l’attività d’impresa utilizzando il complesso dei beni sociali senza dare inizio alla fase di liquidazione e pertanto la società potrebbe proseguire con un unico socio, sostanzialmente come una società unipersonale a tempo indeterminato assoggettata ad un particolare regime di responsabilità per le obbligazioni sociali, esposta al rischio di liquidazione derivanti da azioni esecutive promosse dal creditore particolare del socio superstite e di cancellazione d’ufficio da parte del registro delle imprese.

L’art. 3 d.p.r. 247/2004 non prevede affatto un’estinzione automatica della società di persone al verificarsi di una causa di scioglimento, ma soltanto che, laddove risulti una di tali cause, l’ufficio del registro delle imprese debba invitare gli amministratori a comunicare l’avvenuto scioglimento o a fornire elementi idonei a dimostrare la persistenza dell’attività sociale e che, decorso un termine di trenta (in caso di ricevimento dell’invito) o quarantacinque giorni (in caso di irreperibilità) senza che gli amministratori abbiano fornito riscontro, l’ufficio provveda a trasmettere gli atti al Presidente del Tribunale, il quale potrà nominare d’ufficio il liquidatore oppure – se non lo ritiene necessario – trasmettere direttamente gli atti al giudice del registro per l’adozione delle iniziative necessarie a disporre la cancellazione della società.

Il socio che richiede il pagamento della sua parte degli utili è tenuto a dimostrare l’avvenuta approvazione del rendiconto annuale da parte dei soci, in quanto presupposto indefettibile per la distribuzione degli utili.

L’art. 2395 cod. civ. si ritiene applicabile analogicamente anche alle società di persone così come il principio – affermato sulla base del dato testuale di tale disposizione, che peraltro risponde ai principi generali sul risarcimento del danno aquiliano – secondo cui l’azione individuale del socio non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l’art. 2395 cod. civ. esige che il singolo socio sia stato danneggiato direttamente dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società.

L’applicazione analogica dell’art. 2395 cod. civ. anche alle società di persone si giustifica sulla base del fatto che ancorché prive di personalità giuridica, dette società costituiscono comunque un centro di imputazione di situazioni giuridiche distinte da quelle dei singoli soci.

Nell’ambito delle azioni di risarcimento per danno da c.d. mancata distribuzione degli utili occorre distinguere: (i) l’ipotesi in cui il socio lamenti la mancata approvazione del rendiconto – unico adempimento necessario nelle società di persone, a differenza delle società di capitali ove invece è necessaria una delibera che ne autorizzi la distribuzione – nella quale si è al cospetto di un danno che può essere fatto valere ai sensi dell’art. 2395 cod. civ. e che può essere riconosciuto sempre a condizione che sia dimostrata la presenza di utili distribuibili; (ii) l’ipotesi in cui il socio faccia valere in giudizio la mancata percezione degli utili come derivante da diversi comportamenti di gestione tenuti dall’amministratore, quali ad esempio atti distrattivi, nella quale si è al cospetto di un danno meramente indiretto non risarcibile ai sensi dell’art. 2395 cod. civ., posto che le condotte dell’amministratore ledono in via primaria il patrimonio sociale e solo di riflesso quello del socio.

L’azione di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, sulla legge o su clausole generali, si rilevi carente ab origine del titolo giustificativo, mentre resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l’esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall’illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico.