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Determinazione del valore della quota di liquidazione e potere decisorio del giudice

Con riguardo al principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., che può ritenersi violato sia se il giudice ecceda in termini quantitativi il petitum di parte (ultrapetizione) sia se pronunci su qualcosa di diverso da quanto richiesto (extrapetizione), non si configura ultrapetizione nel caso in cui il giudice accerti un minus rispetto alla richiesta di parte, senza mutare il tipo di domanda formulata. (Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Milano, rigettando il motivo di impugnazione sollevato dall’appellante e relativo ad una possibile violazione dell’art. 112 c.p.c. dai giudici di primo grado, ha confermato la sentenza impugnata nella parte in cui è stato ritenuto opportuno quantificare il valore di una quota sociale in una misura inferiore a quella richiesta da una delle parti).

25 Maggio 2020

Nullità parziale del negozio fideiussorio perché viziato da clausole negoziate in contesto restrittivo della concorrenza

La produzione in giudizio della documentazione proveniente dalle Autorità Amministrative Indipendenti che hanno svolto approfondita istruttoria antitrust costituisce prova documentale idonea a dimostrare, secondo il paradigma generale di cui all’art. 2697 c.c., l’esistenza del cartello tra imprese. Poiché tale documentazione raccoglie gli esiti di un’esaustiva istruttoria amministrativa, avente carattere definitivo, essa assume valore intrinseco di fonte probatoria privilegiata dell’illecito antitrust (Nel caso di specie, si trattava del provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005 e del provvedimento AGCM n. 14251 del 20 aprile 2005 che hanno accertato la presenza di clausole idonee a restringere la concorrenza, ai sensi dell’art. 2, co. 2, della legge n. 287/90 in seno allo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) con la circolare serie tecnica O, n. 20 del 17 giugno 1987).

Accertato che lo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) con la circolare serie tecnica O, n. 20 del 17 giugno 1987 è stato adottato da tutti gli istituti di credito aderenti con effetti tali da pregiudicare la libera concorrenza degli operatori del settore, l’orientamento secondo il quale la trasposizione delle clausole in esso contenute nei contratti sottoscritti dai consumatori rende nullo l’intero negozio non appare del tutto convincente atteso che esso presume, in assenza peraltro di prova specifica sul punto, che i contraenti – e nello specifico l’istituto di credito – non avrebbero stipulato la fideiussione in assenza delle clausole ritenute oggetto di intesa anticoncorrenziale. Ma tale affermazione, a ben vedere, si traduce in una petizione di principio, senza che sia offerta sul punto una precisa dimostrazione ‘controfattuale’ della situazione di mercato, tale da dimostrare che la banca non avrebbe accettato la garanzia in assenza delle clausole concordate con ABI.

Accertato che lo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) con la circolare serie tecnica O, n. 20 del 17 giugno 1987 è stato adottato da tutti gli istituti di credito aderenti con effetti tali da pregiudicare la libera concorrenza degli operatori del settore, tra gli opposti orientamenti giurisprudenziali emersi in riferimento alla questione se la trasposizione nei contratti sottoscritti dai consumatori delle clausole in esso contenute, le renda affette da nullità o, addirittura, renda nullo l’intero negozio, appare maggiormente convincente quello che, soffermandosi sulla natura abusiva dell’intesa e delle relative clausole che da essa sono derivate, trasla l’invalidità del patto anticoncorrenziale alle singole clausole che ne sono il prodotto e non già all’intero negozio, con conseguente accertamento della nullità delle sole clausole oggetto dell’intesa anticoncorrenziale e rigetto della domanda di nullità dell’intero rapporto fideiussorio.

Non può essere accolta la domanda di risoluzione del contratto di fideiussione fondata sul presupposto che la banca non avrebbe proposto le proprie istanze nel termine semestrale previsto dall’art. 1957 c.c.. Ed invero, il termine previsto dall’art. 1957 c.c. costituisce ipotesi di decadenza e non già fattispecie risolutoria. Peraltro, la declaratoria di decadenza ha natura di accertamento, mentre la domanda di risoluzione ha natura costitutiva, sicché la riqualificazione della domanda risolutoria in domanda di accertamento dell’intervenuta decadenza, si risolverebbe in violazione dell’art. 112 c.p.c. per ultrapetizione, stante l’impossibilità per il giudice di rilevare d’ufficio la decadenza ex art. 2969 c.c.. Il rigetto della domanda di risoluzione lascia impregiudicata la possibilità per la parte chiamata all’adempimento di sollevare tutte le eccezioni che derivano dall’applicazione dell’art. 1957 c.c. e che conseguono alla declaratoria di nullità parziale della clausola contrattuale specificatamente invocata da parte .