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Michele Greggio

Michele Greggio

Dottorando di ricerca in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Padova. Avvocato, si occupa prevalentemente di diritto commerciale e bancario.

4 Aprile 2024

Trasformazione eterogenea di s.r.l. in comunione di azienda e danno ai creditori per dispersione dell’intero attivo

Qualora, a seguito di più operazione straordinarie tra loro connesse, la società debitrice abbia ridotto la propria integrità patrimoniale, il terzo creditore ha il diritto di ottenere il risarcimento del danno patito tanto dai soci che abbiano contribuito alla realizzazione delle operazioni per il tramite del voto favorevole espresso in assemblea, quanto dai soci-amministratori che, pur avendo espresso voto contrario alle operazioni in sede assembleare, abbiano tuttavia sottoposto all'assemblea l'approvazione delle operazioni in questione. [ Continua ]
4 Ottobre 2023

Sui motivi di impugnazione del lodo arbitrale irrituale

Nell’arbitrato irrituale, attesa la sua natura volta ad integrare una manifestazione di volontà negoziale sostitutiva di quella delle parti in conflitto, il lodo è impugnabile soltanto per i vizi che possono vulnerare simile manifestazione di volontà, con conseguente esclusione dell’impugnazione per nullità prevista dall’art. 828 c.p.c. Pertanto, l’errore del giudizio arbitrale, deducibile in sede di impugnazione, per essere rilevante, deve integrare gli estremi della essenzialità e riconoscibilità di cui agli artt. 1429 e 1431 c.c., mentre non rileva l’errore commesso dagli arbitri con riferimento alla determinazione adottata in base al convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti. La violazione dei limiti del mandato conferito agli arbitri rileva ai fini della impugnazione del lodo ai sensi dell’art. 1429 c.c., cioè come errore che abbia inficiato la volontà contrattuale espressa dagli arbitri. La parte che domanda l’annullamento del contratto per errore essenziale sulle qualità del bene ha l’onere di dedurre e provare, in caso di contestazione, i fatti dai quali tale qualità risulta, nonché l’essenzialità dell’errore e la sua riconoscibilità dalla controparte con l’uso dell’ordinaria diligenza, mentre la scusabilità dell’errore che abbia viziato la volontà del contraente al momento della conclusione del contratto è irrilevante ai fini dell’azione di annullamento, poiché deve aversi riguardo alla riconoscibilità dell’errore da parte dell’altro contraente. [ Continua ]
21 Agosto 2023

Sul periculum in materia di sequestro conservativo di beni e crediti

L’esiguità patrimoniale dei debitori non integra il requisito di legge ex art. 671 c.p.c.: il rischio che la legge vuole evitare non è che il debitore non sia in grado di pagare, ma che la garanzia offerta dal suo patrimonio diminuisca per fatto volontario del debitore stesso (periculum soggettivo) o per fatto indipendente dalla sua volontà (periculum oggettivo). [ Continua ]
20 Settembre 2023

Responsabilità degli amministratori per prosecuzione dell’attività a seguito della perdita della continuità aziendale

La perdita del requisito di continuità aziendale, equivalente alla impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, deve indurre l’organo amministrativo a porre la società in liquidazione e ad accedere alle procedure concorsuali ritenute adeguate, fra le quali non può annoverarsi il piano attestato di risanamento, in quanto privo del riscontro dato dal ceto creditorio, presente, sotto forma di consenso, nell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 ter l. fall. e, di voto, nel concordato preventivo ex artt. 161 e ss. l. fall., oltre che scevro dal controllo giudiziario sollecitabile mediante le opposizioni dei creditori all’accordo di ristrutturazione e mediante il sindacato sull’ammissibilità, prima, e la decisione sulle opposizioni all’omologazione, in seguito, nel concordato preventivo. Il pregiudizio risarcibile dagli amministratori in caso di prosecuzione dell’attività a seguito di perdita della continuità aziendale consiste nella differenza tra il valore del patrimonio netto alla data in cui l’attività avrebbe dovuto fermarsi e quello alla data della messa in liquidazione della società. Stante l’unitarietà dell’azione proposta dal curatore fallimentare, nella quale confluiscono tanto l’azione contrattuale a tutela della società, quanto quella aquiliana a tutela dei creditori sociali, il curatore ben può giovarsi del termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2949, co. 2, c.c., che decorre dal giorno della conoscenza da parte dei creditori sociali della verificazione dell’evento dannoso, rappresentato dalla situazione di grave e definitivo squilibrio patrimoniale della società. Invero, è solo in ragione dell’incapienza del patrimonio sociale che i terzi creditori possono rivalersi nei confronti degli amministratori che ne siano causa, e naturalmente alcun termine può decorrere se non dal momento in cui il titolare del diritto risarcitorio possa percepire la sussistenza dei presupposti per il suo esercizio. Tale decorrenza si presume coincidente con il fallimento dell’impresa, che presuppone l’insolvenza, ferma restando la possibilità per il convenuto di dar prova della anteriorità dell’insorgere dello stato di incapienza patrimoniale e della sua conoscibilità da parte dei creditori. Il rapporto tra fallimento e misure di prevenzione, quando quest’ultime incidano sul patrimonio, risulta disciplinato dagli artt. 63 e 64 del d.lgs. 159/2011 (c.d. codice antimafia). In particolare, l’art. 64, co. 9, richiamando l’art. 63, co. 8, dello stesso d.lgs. 159/2011, prevede espressamente che l’amministratore giudiziario prosegue le azioni revocatorie già esperite dal curatore e promuove le azioni revocatorie esperibili, mentre nulla prevede in ordine alle azioni di responsabilità ex art. 146 l. fall. riguardo alle quali, nel silenzio della norma, solo il curatore rimane munito di legittimazione attiva. [ Continua ]
21 Agosto 2023

Illegittima prosecuzione dell’attività di impresa dopo la perdita del capitale sociale: calcolo del danno

I criteri di quantificazione del danno derivante da gestione non conservativa della società ex art. 2486 c.c. sono applicabili “salva la prova di un diverso ammontare”. Infatti, tanto il criterio c.d. “incrementale” quanto quello c.d. “differenziale” sono in sostanza equitativi, poiché non basati sulla prova oggettiva del pregiudizio provocato dalla prosecuzione dell’attività (come sarebbe se, consentendolo le scritture contabili, si procedesse secondo il criterio c.d. “analitico”, fondato sull’esame di ciascuna singola operazione compiuta nel periodo), bensì desunti da dati che non ne sono certa e diretta espressione, con il rischio che nel computo del danno risarcibile finiscano voci di debito non provocate dalla condotta illecita dell’organo di gestione, ma da atti di gestione anteriori. Il principio espresso dalla norma in esame, dunque, continua ad essere quello per cui il risarcimento dev’essere il più possibile aderente al danno provocato: solo se tale aderenza non può essere ottenuta è applicabile un criterio che, anziché far premio agli amministratori per la loro negligenza contabile, semmai la penalizza; ma ogni qual volta i criteri equitativi indicati dalla legge possono essere corretti nei loro effetti distorsivi, attraverso l’utilizzo di dati certi, non vi è motivo di non farvi ricorso, poiché essi valgono, appunto a fornire “la prova di un diverso ammontare”, maggiormente vicino alla realtà. [ Continua ]

Validità del patto marciano

Nel nostro ordinamento, il cosiddetto "patto marciano", mediante il quale, in caso di inadempimento del debitore, viene stabilita la vendita forzata della cosa medesima oppure l’assegnazione di un prezzo di stima, permettendo in tal modo la soddisfazione della pretesa creditoria, non costituisce ipotesi di contrasto alla disciplina dell’art. 2744 c.c. Il creditore otterrà perciò il bene, dovendo tuttavia corrispondere al proprio debitore l’eventuale conguaglio, se vi sia differenza tra il valore del credito e quello derivante dalla vendita del bene, al fine di non procurare un sospetto vantaggio del creditore nei confronti del debitore, come sanzionato dal divieto di patto commissorio. In tal modo si ristabilisce l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni e si evita che il debitore subisca una lesione dal trasferimento del bene in garanzia. [ Continua ]

Sulla competenza della Sezione specializzata in materia di imprese in materia di fideiussione su modello ABI

L’eccezione di nullità della fideiussione per violazione della disciplina antitrust proposta in sede di opposizione a decreto ingiuntivo non dà luogo ad una autonoma domanda su cui il giudice deve decidere con effetto di giudicato, quanto ad una eccezione riconvenzionale finalizzata a parare la pretesa avversaria. Pertanto, poiché tale eccezione è decisa senza efficacia di giudicato, è competente a pronunciarsi sulla medesima il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo e non il diverso giudice della Sezione specializzata in materia di imprese chiamato a decidere, eventualmente, sulla validità della fideiussione. [ Continua ]

Sul debito dell’amministratore convenuto in caso di transazione

In caso di debito solidale derivante da azione di responsabilità, il debito dell'amministratore che non abbia preso parte alla transazione deve essere ridotto per i seguenti importi: in misura pari al pagamento previsto in transazione, se uguale o superiore a quello corrispondente alla quota di corresponsabilità attribuibile al debitore che la ha sottoscritta; oppure, in misura pari alla quota di corresponsabilità del debitore che ha transatto, se il pagamento concordato è inferiore a quello ad essa corrispondente. [ Continua ]