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Prescrizione o decadenza dei conferimenti non versati dal socio alla cooperativa

Il termine di un anno di prescrizione o decadenza, come alternativamente ricostruito dagli interpreti, previsto dall’art. 2536, co. 1, c.c. in relazione al pagamento dei conferimenti non versati dal socio  decorre, per quanto riguarda l’ipotesi del recesso, da quando questo ha avuto esecuzione o meglio dalla data di comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda ex 2532, co. 3, c.c..

Società cooperativa e dies a quo del termine di prescrizione ex art. 2536 c.c.

Nelle società cooperative, il termine annuale di prescrizione (o decadenza) del diritto della società al versamento dei conferimenti non versati da parte del socio recedente, previsto all’art. 2536 c.c., decorre dalla data di comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda di recesso ex 2532, comma 3, c.c.

Non può invece recepirsi la diversa interpretazione che ravvisa il dies a quo del termine prescrizionale (o decadenziale) di cui all’art. 2536 c.c. nel momento di liquidazione della quota del socio receduto, sia perché il dato letterale della norma fa riferimento alla verificazione del recesso, dell’esclusione o della cessazione, portando a ritenere che si debba fare riferimento al momento di efficacia di tali eventi; sia perché la richiesta del conferimento e la liquidazione della quota sociale a seguito di risoluzione del rapporto sono eventi diversi e non riconducibili ad un unica fattispecie, sicché non può essere accolta l’interpretazione che àncori il dies a quo della prescrizione (o decadenza) riferita ai conferimenti al momento della liquidazione della quota sociale.

L’atto di costituzione in mora è un atto giuridico unilaterale recettizio per il quale è richiesta la forma scritta ed è idoneo a produrre l’effetto interruttivo della prescrizione previsto dall’art. 2943, comma 4, c.c., a condizione che esso giunga nella sfera di conoscenza del debitore, in quanto la dichiarazione recettizia, ai sensi dell’art. 1335 c.c., si presume conosciuta nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario, da intendersi come luogo che, per collegamento ordinario (dimora o domicilio) o per normale frequentazione per l’esplicazione della propria attività lavorativa, o per preventiva indicazione o pattuizione, risulti in concreto nella sfera di dominio e controllo del destinatario stesso, apparendo idoneo a consentirgli la ricezione dell’atto e la possibilità di conoscenza del relativo contenuto.

25 Gennaio 2022

Prova della decadenza del marchio per non uso

L’uso del marchio che impedisce la decadenza deve essere effettivo, non meramente simbolico, non sporadico e per quantitativi di prodotti non irrilevanti. Sotto il profilo probatorio, la dimostrazione del non uso del marchio ai fini della decadenza ex artt. 24-26 c.p.i. può essere desunta da tutte le prove versate in giudizio (v. Cass. S. U. 18647/10) secondo il generale principio di acquisizione della prova, secondo il quale tutte le risultanze istruttorie concorrono a formare il convincimento del giudice, indipendentemente dalla loro provenienza ed anche in ragione dell’ulteriore, consolidato principio che connette l’onere della prova alla vicinanza di essa, tenuto conto che proprio la titolare dei marchi oggetto di contestazione si troverebbe nella condizione di poter dimostrare, più di ogni altro, di avere usato i marchi registrati nel corso del quinquennio utile a tale verifica.

La mancanza, nelle fatture di vendita, di qualsiasi riferimento certo a prodotti recanti il marchio o agli altri segni oggetto di marchio, o l’assenza di corrispondenza con i codici dei prodotti recanti il marchio, impedisce di ritenere provato l’uso effettivo di quest’ultimo; né pare potersi dedurre in maniera automatica o consequenziale che il fatto che detti prodotti in diverse fatture provenissero dalla società titolare, per ciò solo, avrebbero recato i marchi in questione, soprattutto se le fatture emesse comprendevano prodotti di abbigliamento recanti marchi diversi e ivi specificamente indicati, con ciò dovendosi ritenere che l’attività di tale società fosse dedita alla commercializzazione di prodotti di varia natura e provenienza.

Anche il mero fatto della presenza di un marchio su un sito web è, di per sé, insufficiente a provarne l’uso effettivo nei termini richiesti dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, posto che la mera allegazione delle pagine in questione nulla dice in merito all’intensità dell’uso o ad altre circostante a tal fine astrattamente rilevanti, come ad esempio il numero delle visualizzazioni di esse, gli ordini dei prodotti trasmessi mediante tale modalità di acquisto nel territorio di riferimento, le registrazioni al sito che i frequentatori spesso sono invitati a sottoscrivere anche a fini promozionali, il traffico di informazioni e di contatti intercorso con particolari categorie di utenti del sito (distributori, rivenditori ecc., in relazione alla presenza di un’”area riservata” rilevabile dalle raffigurazioni depositate).

Anche la presenza dei prodotti recanti il marchio su siti di e-commerce di rilievo internazionale non sarebbe comunque idonea a dare conto dell’uso diretto ed effettivo dei marchi in questione da parte della titolare o di suoi aventi causa. In effetti tali promozioni ed offerte di vendita non provengono dalla società convenuta e di fatto non è dato sapere le effettive disponibilità di tali prodotti, tenuto conto che il quadro complessivo di sostanziale assenza di prove circa l’immissione in commercio sul territorio nazionale di prodotti recanti tali marchi può verosimilmente ricondurre tali offerte o alla residua circolazione di prodotti già da tempo commercializzati dalla convenuta o a prodotti immessi in commercio al di fuori del territorio nazionale e comunitario.

Deve negarsi che la mera titolarità della ragione sociale contenente il segno registrato come marchio possa di per se stessa dare luogo ad un uso effettivo di tale marchio nel contraddistinguere prodotti, nell’accezione di tale presupposto fatta propria dalla giurisprudenza comunitaria. L’uso delimitato alla ragione sociale di un soggetto che non risulta aver utilizzato sui propri prodotti o servizi il segno registrato non può impedire il maturare della decadenza dei marchi per non uso, in ragione delle esigenze che essi continuino a garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali sono stati registrati, con esclusione degli usi simbolici tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio e che sarebbero integrati dalla mera conservazione di una ragione sociale cui non corrisponda l’attività necessaria per il mantenimento delle registrazioni in un ambito produttivo e commerciale di effettivo rilievo.

18 Ottobre 2021

Legittimazione ed interesse ad agire nell’azione di nullità ovvero di decadenza di un titolo di proprietà industriale

In linea generale l’azione diretta alla dichiarazione di nullità o di decadenza di un titolo di proprietà industriale può essere esercitata da chiunque vi abbia interesse e quindi da qualunque soggetto concorrente, anche potenziale o futuro, che affermi di ritenerlo un ostacolo all’esercizio della propria attività, non richiedendosi che si tratti di prodotti o servizi con esso interferenti. [Nel caso di specie, l’interesse ad agire è determinato dalla obiettiva situazione di incertezza causata dall’esistenza della registrazione della convenuta, mentre la legittimazione ad agire è determinata dal potenziale conflitto fra tale registrazione ed i marchi nella titolarità dell’attrice].

31 Maggio 2021

Impugnabilità della delibera di c.d.a. di società a responsabilità limitata

È ammissibile l’impugnativa della delibera del consiglio di amministrazione di una S.r.l., in quanto è possibile applicare la disciplina prevista dall’art. 2388 c.c. per le società per azioni, considerata espressione di un generale principio di sindacabilità. L’impugnabilità delle delibere adottate dal c.d.a. di una S.r.l. in contrasto con la legge e/o con l’atto costitutivo è dunque soggetta ai medesimi limiti previsti dall’art. 2388 c.c. per l’impugnazione delle delibere dell’organo gestorio delle S.p.a. in materia di soggetti legittimati ad impugnare la delibera e di termine di decadenza di 90 giorni.

Anche l’introduzione del procedimento di mediazione facoltativa ha effetto interruttivo della decadenza; tale effetto interruttivo si produce non dal deposito dell’istanza di mediazione, bensì dal momento della sua comunicazione alle altre parti.

19 Marzo 2021

Decadenza dall’indennizzo per sopravvenienze passive a seguito di cessione di partecipazioni

Là dove sia previsto un termine decadenziale per la formulazione di una richiesta di indennizzo in un contratto di acquisizione di partecipazioni societarie e questo termine decadenziale sia fatto contrattualmente decorrere dalle parti dal momento della “conoscenza”, il fatto generatore dell’indennizzo non può ritenersi noto solo a seguito della formale approvazione del bilancio nell’assemblea degli azionisti ma, bensì, conosciuto quantomeno già dal momento nel quale la bozza del bilancio è stata redatta, soprattutto in un contesto di gruppo ove deve assumersi che l’organo amministrativo della controllata operi in stretto collegamento con i vertici gestori della controllante.

La previsione di un termine decadenziale di 30 giorni non può ritenersi contrario alla disposizione dell’art. 2965 c.c.

7 Settembre 2020

Decadenza e motivi legittimi per impedirla: esclusione di situazioni riferibili solo alla persona fisica in sé

Per evitare la decadenza per non-uso, il marchio deve essere effettivamente utilizzato sul mercato per i prodotti e/o servizi per i quali è stato registrato. Ai fini della valutazione dell’utilizzo, non è necessario considerare il successo commerciale di una impresa sotto il profilo qualitativo e/o quantitativo, ma rileva esclusivamente l’effettiva circolazione nel mercato del marchio contestato. Infatti, quello che rileva è un impiego del marchio concreto e reale, non simbolico e/o sporadico, assolvendo in tale guisa allo scopo di rendere edotto il consumatore sull’origine del Prodotto. Secondo la giurisprudenza prevalente, l’uso del marchio idoneo ad impedire la decadenza deve essere tale da avere conseguenze economiche sul mercato. Il proprietario del marchio deve dunque dimostrare: (i) un’effettiva distribuzione del prodotto presso il pubblico; (ii) una presenza certa sul mercato capace di incidere sulla sfera dei concorrenti. Dunque, la preparazione e la progettazione del lancio sul mercato di un prodotto contraddistinto dal marchio non sono sufficienti a costituire un uso “esterno” e quindi a salvare il marchio dalla decadenza.

 

Le precarie condizioni di salute del titolare del marchio, che non ha potuto utilizzare il proprio segno distintivo, non costituiscono un motivo legittimo idoneo ad impedire la decadenza ai sensi dell’art. 24, co.1, ultimo capoverso, c.p.i. Infatti, l’uso del segno distintivo, riferibile ad una realtà imprenditoriale e non alla persona fisica in sé, può essere compiuto anche attraverso terzi, ad esempio attraverso la concessione di licenze. Pertanto, solo ostacoli dotati di un legame sufficientemente diretto con il marchio, indipendenti dalla volontà del titolare dello stesso e, tali da renderne l’uso impossibile, possono essere qualificati quali motivi legittimi del mancato uso, idonei ad impedire il rimedio della decadenza

La regola della necessaria contestualità tra contestazione del valore di liquidazione e dichiarazione di recesso non si applica in via analogica a casi diversi dal recesso

Il termine di cui all’art. 2437 bis, co. 1, c.c. riguarda espressamente l’esercizio del recesso e non la contestazione del valore di liquidazione in casi diversi dal recesso: la previsione di un breve termine di decadenza anche per la contestazione, quando disgiunta dal recesso, non può quindi essere introdotta in via interpretativa.

14 Novembre 2019

Decadenza del sindaco per sopravvenuta mancanza di indipendenza e potere di nomina giudiziaria

Il sindaco unico di società a responsabilità limitata, con conferimento dell’incarico anche per la revisione legale dei conti della società, versa nella causa di decadenza per assenza di indipendenza ex art. 2399, c. 1, lett. c, c.c. (così come integrata dalle linee guida sulle norme di comportamento per sindaci di società non quotate elaborate dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili) allorché l’associazione professionale, di cui il sindaco sia il dominus, intrattenga con la società revisionata un rapporto di consulenza fiscale e contabile, ricorrendo in casi simili, fra gli altri, il rischio del c.d. auto-riesame per il sindaco-revisore rispetto ai documenti contabili redatti con la consulenza della propria associazione professionale.

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Codice RG 18978 2019
24 Luglio 2019

Illegittimità della revoca degli amministratori di società c.d. in house providing in attuazione del meccanismo di spoils system

La revoca dall’incarico di amministratore di società partecipata pubblica attuata in applicazione del meccanismo di spoils system configura una revoca senza giusta causa dalla carica gestoria, con conseguente diritto al risarcimento del danno ai sensi del terzo comma dell’art. 2383 c.c. in riferimento al lucro cessante, ossia al compenso non percepito per il periodo in cui l’amministratore avrebbe conservato il suo ufficio se non fosse intervenuta la revoca (Cass. 2037/2018).

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