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Art. 24 reg. 1215 2012
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La tutela della confezione delle Tic-Tac

La giurisdizione si determina sulla base della domanda e, a tal fine, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cosiddetto “petitum sostanziale”, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice ma anche e soprattutto in funzione della “causa petendi”, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico di cui essi sono manifestazione e dal quale la domanda viene identificata.

I termini «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire», utilizzati dall’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001, indicano sia il luogo in cui il danno si è concretizzato sia il luogo del fatto generatore di tale danno, cosicché il convenuto può essere citato, a scelta del ricorrente, dinanzi ai giudici di entrambi i luoghi in parola. Ancora, per meglio specificare i termini “concretizzazione del danno”, si ritiene che il luogo della concretizzazione del danno è quello in cui il fatto da cui può sorgere una responsabilità da illecito doloso o colposo ha causato un danno.

Quando la forma di un prodotto si limita ad incorporare la soluzione tecnica messa a punto dal fabbricante e brevettata su sua domanda, la tutela di tale forma come marchio dopo la scadenza del brevetto ridurrebbe considerevolmente e all’infinito la possibilità per le altre imprese di utilizzare detta soluzione tecnica dovendo pertanto ritenersi preclusa.

La forma, o altra caratteristica, che dà un valore sostanziale al prodotto si configura solo se si tratta di un valore estetico autonomo, di per sé decisivo nell’esercitare un’autonoma forza attrattiva sul consumatore.

L’attività illecita, consistente nell’appropriazione o nella contraffazione di un marchio mediante l’uso di segni distintivi identici o simili a quelli legittimamente usati dall’imprenditore concorrente può essere da quest’ultimo dedotta a fondamento non soltanto di un’azione reale, a tutela dei propri diritti di esclusiva sul marchio, ma anche, e congiuntamente, di un’azione personale per concorrenza sleale, ove quel comportamento abbia creato confondibilità fra i rispettivi prodotti.

Il verificarsi di danni in capo al titolare del marchio contraffatto non è in re ipsa, ossia nella sussistenza dell’accertata condotta di contraffazione ex articolo 2598 c.c., talché il titolare che domanda il risarcimento dei danni è gravato dall’onere, ai sensi dell’articolo 121 – secondo comma c.p.i., di provarne l’an ed il quantum. In proposito, le allegazioni che devono accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria non possono essere limitate alla prospettazione della condotta colpevole della controparte, produttiva di danni nella sfera giuridica di chi agisce in giudizio, ma devono includere anche la descrizione delle lesioni, patrimoniali e/o non patrimoniali, prodotte da tale condotta, dovendo l’attore mettere il convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento, a prescindere dalla loro esatta quantificazione e dall’assolvimento di ogni onere probatorio al riguardo.

15 Febbraio 2018

In caso di contraffazione di marchio, la sola esistenza di un provvedimento cautelare, avente natura provvisoria e non definitiva, emessa dal giudice di un primo stato non impedisce la promozione di un giudizio di merito avanti al giudice di un diverso stato

In un caso di contraffazione di marchi, il solo provvedimento cautelare emesso dal Giudice di un primo Stato membro (nel caso, il Tribunale di Stoccarda), quando non sia stato presentato reclamo contro detto provvedimento, né sia stato introdotto il giudizio di merito finalizzato all’accertamento della contraffazione, non impedisce la promozione del giudizio di accertamento negativo di contraffazione davanti al Giudice di un secondo Stato membro (nel caso, il Tribunale di Bologna) in quanto solo nel caso di instaurazione del giudizio di merito davanti al Giudice del primo Stato avrebbe potuto ritenersi la prevenzione dell’azione proposta dinanzi a quel Giudice, a partire dalla data di deposto del ricorso cautelare, rispetto alla azione di accertamento negativo proposta dinanzi al secondo Giudice.

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