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Maria Luigia Franceschelli

Maria Luigia Franceschelli

Associate

Dottorato di Ricerca in Proprietà Industriale, Università degli Studi di Milano Avvocato presso Hogan Lovells Studio Legale, IP team

13 Aprile 2023

Inammissibilità per difetto di giurisdizione della domanda di accertamento del diritto alla registrazione di un marchio in pendenza di un giudizio amministrativo di opposizione. Il caso Elettra Lamborghini

Premessa la reciproca autonomia della procedura amministrativa e di quella giudiziaria, deve precisarsi che l’eventuale rilascio o rifiuto del titolo da parte dell’UIBM all’esito del giudizio di opposizione non preclude il sindacato del giudice ordinario in punto di validità, non contraffazione ovvero decadenza dal diritto (art. 117 c.p.i.). Tuttavia, un simile sindacato può intervenire solo ed in quanto sia già intervenuto il rilascio del titolo da parte dell’Ufficio competente (art. 120 c.p.i.).Ne consegue che la decisione sulla domanda di validità/non contraffazione/decadenza di una privativa non può essere pronunciata finché sussista incertezza in ordine all’esistenza della privativa stessa, alla sua stabilità ed al suo ambito di protezione. [ Continua ]
19 Aprile 2023

Contraffazione del marchio “K-Way” apposto su un capospalla indossato dal cantante in un videoclip

Ricorrono i motivi legittimi perché il titolare del marchio si opponga all'ulteriore commercializzazione dei prodotti, come previsto dal 2 comma dell'art. 5 del C.P.I. (D.Lgs. n. 30/2005) - come eccezione al c.d. "principio di esaurimento" – nel caso in cui l'uso del marchio successivo alla prima immissione in commercio del prodotto incorporante il diritto sia causa di detrimento alla reputazione e al prestigio collegati al segno distintivo, ciò costituendo motivo legittimo a che non si verifichi l'esaurimento del diritto. La pratica dell'ambush marketing è considerata ingannevole poiché induce in errore il consumatore medio sull'esistenza di rapporti di sponsorizzazione ovvero di affiliazione o comunque di collegamenti con i titolari di diritti di proprietà intellettuale invece insussistenti e costituisce un'ipotesi particolare di concorrenza sleale contraria alla correttezza professionale che può trovare tutela nell'alveo generale dell'art. 2598, 3° comma, c.c.. In particolare, con la figura dell'"ambush marketing" il concorrente sleale associa abusivamente l'immagine ed il marchio di un'impresa ad un evento di particolare risonanza mediatica senza essere legato da rapporti di sponsorizzazione, licenza o simili con l'organizzazione della manifestazione. In tal guisa lo stesso si avvantaggia dell'evento senza sopportarne i costi, con conseguente indebito agganciamento all'evento ed interferenza negativa con i rapporti contrattuali tra organizzatori e soggetti autorizzati. Si tratta dunque di illecito plurioffensivo, ove i soggetti danneggiati sono l'organizzatore dell'evento, il licenziatario (o sponsor) ufficiale ed infine il pubblico. [Nel caso di specie, utilizzare in un video un prodotto oscurandone il marchio che lo contraddistingue è da ritenersi in contrasto con i principi di cui agli artt. 5 C.P.I. e 13 RMUE nonché di cui allo stesso art. 20 C.P.I., rappresentando l’oscuramento del logo una ipotesi di contraffazione. Il comportamento rileva, inoltre, sotto il profilo della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. ove il titolare del marchio operi anche sul mercato della promozione di video pubblicitari dei propri prodotti e la diffusione di un video che riproduca un prodotto modificato senza il suo consenso in modo da alterare la capacità distintiva del marchio rappresenta un’ipotesi di comportamento non conforme alla correttezza professionale rilevante ai sensi dell’art. 2598, 3° comma, c.c..] [ Continua ]
21 Maggio 2023

Limiti all’inserimento nel marchio di un patronimico identico al marchio celebre di un terzo

L'inserimento, nel marchio, di un patronimico coincidente con il nome della persona che in precedenza l'abbia incluso in un marchio registrato, divenuto celebre, e poi l'abbia ceduto a terzi, non è conforme alla correttezza professionale se non sia giustificato, in una ambito strettamente delimitato, dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all'attività, ai prodotti o ai servizi offerti dalla persona che ha certo il diritto di svolgere una propria attività economica ed intellettuale o creativa ma senza trasformare la stessa in un'attività parallela a quella per la quale il marchio anteriore sia non solo stato registrato ma abbia anche svolto una rilevante sua funzione distintiva. [ Continua ]
20 Agosto 2022

Prodotti che richiamano prodotti di successo: contraffazione di marchi complessi, look-alike e risarcimento del danno

Il marchio complesso, che consiste nella combinazione di più elementi, ciascuno dotato di capacità caratterizzante e suscettibile di essere autonomamente tutelabile, non necessariamente è un marchio forte, ma lo è solo se lo sono i singoli segni che lo compongono, o quanto meno uno di essi, ovvero se la loro combinazione rivesta un particolare carattere distintivo in ragione dell'originalità e della fantasia nel relativo accostamento. Quando, invece, i singoli segni siano dotati di capacità distintiva, ma quest'ultima (ovvero la loro combinazione) sia priva di una particolare forza individualizzante, il marchio deve essere qualificato debole, tale seconda fattispecie differenziandosi, peraltro, dal marchio di insieme in ragione del fatto che i segni costitutivi di quest'ultimo sono privi di un'autonoma capacità distintiva, essendolo solo la loro combinazione. Per valutare la similitudine confusoria tra due marchi complessi occorre utilizzare un criterio globale che si giovi della percezione visiva, uditiva e concettuale degli stessi con riferimento al consumatore medio di una determinata categoria di prodotti, considerando anche che costui non ha possibilità di un raffronto diretto, che si basa invece sulla percezione mnemonica dei marchi a confronto. Costituisce atto di concorrenza sleale l'imitazione pedissequa degli elementi essenziali della confezione dell'altrui prodotto, allorchè il pubblico dei consumatori possa essere indotto ad attribuire, alla confezione dell'imitatore, le qualità di cui è portatore l'altrui prodotto (c.d. "look alike"), ciò in forza del rischio di associazione tra le due confezioni, e senza che occorra errore o confusione quanto alle fonti di produzione. L'art. 125 c.p.i., comma 2, consente che il giudice liquidi il danno in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivano. Il criterio del giusto prezzo del consenso o della giusta royalty, vale a dire del compenso che il contraffattore avrebbe pagato al titolare se avesse chiesto ed ottenuto una licenza per utilizzare l'altrui privativa industriale, opera come ulteriore elemento di valutazione equitativa "semplificata" del lucro cessante e come fissazione di un limite minimo o residuale di ammontare del risarcimento, voluto dal legislatore a garanzia della effettività della compensazione. Il criterio della "giusta royalty" o "royalty virtuale" segna solo il limite inferiore del risarcimento del danno liquidato in via equitativa e non può essere utilizzato laddove il danneggiato abbia offerto validi e ragionevoli criteri per procedere alla liquidazione del lucro cessante o ad una valutazione comunque equitativa più consistente. La retroversione degli utili ha una causa petendi diversa, autonoma e alternativa rispetto alle fattispecie risarcitorie di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 125. Ci si trova di fronte non ad una mera e tradizionale funzione esclusivamente riparatoria o compensativa del risarcimento del danno, nei limiti del pregiudizio subito dal soggetto danneggiato, ma ad una funzione, se non propriamente sanzionatoria, diretta, quantomeno, ad impedire che il contraffattore possa arricchirsi mediante l'illecito consistito nell'indebito sfruttamento del diritto di proprietà intellettuale altrui. [ Continua ]
11 Aprile 2023

Revoca della licenza e registrazione del marchio altrui come nome a dominio il c.d. “domain grabbing”

In tema di segni distintivi atipici, la registrazione di un "domain name" di sito internet che riproduca o contenga il marchio altrui costituisce una contraffazione del marchio poiché permette di ricollegare l'attività a quella del titolare del marchio, sfruttando la notorietà del segno e traendone, quindi, un indebito vantaggio, sicché solo il titolare di un marchio registrato potrebbe legittimamente usarlo sul proprio sito o come nome di dominio. [ Continua ]
27 Marzo 2023

Declaratoria di decadenza per non uso di un marchio relativo a prodotti di abbigliamento per il mondo del surf

L'interesse ad agire per la dichiarazione di decadenza o di nullità di un marchio è riconoscibile a favore di tutti gli operatori del settore cui si riferisce la privativa e, in particolare, a qualsiasi imprenditore concorrente, anche in via potenziale e futura, del titolare, sulla sola base dell’affermazione che egli trova nella presenza della stessa un ostacolo all’esercizio della propria attività. Inoltre, la mera rinnovazione del deposito del marchio alla sua scadenza, ove non sia ad essa associato anche un uso effettivo di esso o una ripresa dello stesso, non impedisce la declaratoria di decadenza per non uso. [ Continua ]
4 Settembre 2022

Risarcimento del danno da abusiva diffusione al pubblico di fonogrammi musicali

Il pagamento dei compensi risultanti da un tariffario per l'utilizzo di fonogrammi è un'obbligazione di valuta su cui non può essere riconosciuta la rivalutazione poichè il maggior danno di cui all'art. 1224 c.c., comma 2, può ritenersi esistente in via presuntiva solo qualora, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali. Per il principio di vicinanza alla prova, è onere del soggetto che avrebbe illecitamente duplicato fonogrammi dimostrare di aver comunicato/diffuso al pubblico i brani musicali traendoli da registrazioni dei fonogrammi lecitamente acquisite, trattandosi di circostanza che rientra nella sua esclusiva disponibilità materiale e giuridica. Diffondere i brani musicali al pubblico e non pagare i diritti al produttore di fonogrammi integra un illecito diverso e ulteriore rispetto al duplicare illecitamente i fonogrammi, in quanto la legittimità della diffusione non implica altresì il diritto a duplicare i fonogrammi, presupponendo al contrario l’utilizzo di fonogrammi lecitamente acquisiti nel rispetto dei diritti del produttore. Il risarcimento del danno patrimoniale in forma forfettaria quale prezzo del consenso presuppone sostanzialmente una liquidazione in via equitativa rispetto a cui il parametro offerto dalla convenzione fra SCF ed Asso-Intrattenimento rappresenta un chiaro indice di adeguatezza, essendo stata sottoscritta da un’associazione rappresentativa del settore, ragion per cui quanto in essa previsto può utilmente essere utilizzato al fine di quantificare in via equitativa il prezzo del consenso richiedibile agli utilizzatori. Infatti, qualora non possano essere dimostrate specifiche voci di danno patrimoniale, il soggetto leso può far valere il diritto al pagamento di una somma corrispondente al compenso che avrebbe presumibilmente chiesto per dare il suo consenso alla duplicazione dei brani musicali a scopo commerciale, e tale prezzo può equitativamente essere desunto dalla convenzione SCF-Asso-Intrattenimento. Con riferimento al diritto all'immagine ed alla reputazione commerciale di SCF, si ritiene che allorquando si verifichi la lesione di tale immagine, è risarcibile oltre al danno patrimoniale, se verificatosi e se dimostrato, soprattutto il danno non patrimoniale costituito - come danno conseguenza - dalla diminuzione della considerazione della persona da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali essa abbia a interagire. In ordine alla prova di tale danno, la stessa deve sempre essere fornita dal soggetto leso in quanto danno-conseguenza e non danno-evento. Non è dunque sufficiente affermare genericamente l'esistenza di un danno non patrimoniale allegando apoditticamente che tale danno sorgerebbe in automatico dal mancato pagamento dei diritti da parte della convenuta, condotta che lederebbe l’immagine di SCF presso i propri soci e presso gli altri utilizzatori di fonogrammi. [ Continua ]

Prova dell’uso di un marchio registrato per un formaggio tipico delle langhe, onere della prova e indagini investigative

L'uso del marchio idoneo a conservare l'esclusiva del titolare sul segno, deve essere connotato da un sufficiente grado di intensità e di stabilità. L' utilizzo del segno che sia effettuato esclusivamente al fine di evitare la decadenza del segno sul mercato (cioè un utilizzo del segno c.d. simulato) oppure un utilizzo meramente sporadico (cioè un utilizzo del segno c.d. occasionale) non sono idonei ad evitare la decadenza. Inoltre, è necessario verificare se l'uso del segno abbia una giustificazione economica, ossia se la condotta del titolare del segno, avente ad oggetto l'utilizzazione del marchio, sia funzionale all'esercizio dell'attività d'impresa, concretandosi in una effettiva presenza sul mercato dei beni e dei servizi contraddistinti dal marchio del titolare. Ai fini della prova della mancanza di un uso idoneo ad impedire la decadenza del marchio da parte del titolare, l’art. 121 CPI, nel testo anteriore alla recente riforma, ne poneva l’onere a carico di chi eccepisce la decadenza, prevedendo espressamente che la prova potesse essere offerta con ogni mezzo, ed anche mediante presunzioni semplici. L’onere probatorio deve essere dunque inteso non già nel senso che debba fornirsi la concreta dimostrazione del fatto storico che nessun oggetto contraddistinto dal marchio contestato sia stato prodotto o venduto in alcuna località del territorio nazionale, ma nel senso che, accertate particolari circostanze connesse alla vita del marchio, il mancato uso di questo possa essere desunto anche in via di presunzione, avuto pure riguardo alla possibilità che ha normalmente il suo titolare di contestare il valore presuntivo degli elementi dedotti dalla parte avversa. Devono ritenersi idonee a fornire la prova del non uso del segno le ricerche investigative che, realizzate da un soggetto terzo, specializzato in ricerche sull’uso di marchi e brevetti, appaiono condotte in conformità a parametri oggettivi ed espongono i risultati dell'indagine non in maniera parziale. È valorizzabile anche l’assenza di pagine web contenenti il marchio contestato o il prodotto da questo contrassegnati. In considerazione della nozione di uso effettivo del marchio, ai fini della prova deve richiedersi l’allegazione di fatti e circostanze che dimostrino uno sfruttamento del segno finalizzato ad acquisire o mantenere quote di mercato nei settori di prodotti o servizi interessati. In particolare, il giudizio sulla sussistenza di un uso effettivo deve tenere conto della natura dei beni per i quali il segno è stato registrato, delle caratteristiche del mercato di riferimento, nonché dell’ampiezza e della frequenza del suo uso. [ Continua ]

La tutela della confezione delle Tic-Tac

La giurisdizione si determina sulla base della domanda e, a tal fine, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cosiddetto "petitum sostanziale", il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice ma anche e soprattutto in funzione della "causa petendi", ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico di cui essi sono manifestazione e dal quale la domanda viene identificata. I termini «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire», utilizzati dall’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001, indicano sia il luogo in cui il danno si è concretizzato sia il luogo del fatto generatore di tale danno, cosicché il convenuto può essere citato, a scelta del ricorrente, dinanzi ai giudici di entrambi i luoghi in parola. Ancora, per meglio specificare i termini “concretizzazione del danno”, si ritiene che il luogo della concretizzazione del danno è quello in cui il fatto da cui può sorgere una responsabilità da illecito doloso o colposo ha causato un danno. Quando la forma di un prodotto si limita ad incorporare la soluzione tecnica messa a punto dal fabbricante e brevettata su sua domanda, la tutela di tale forma come marchio dopo la scadenza del brevetto ridurrebbe considerevolmente e all’infinito la possibilità per le altre imprese di utilizzare detta soluzione tecnica dovendo pertanto ritenersi preclusa. La forma, o altra caratteristica, che dà un valore sostanziale al prodotto si configura solo se si tratta di un valore estetico autonomo, di per sé decisivo nell’esercitare un’autonoma forza attrattiva sul consumatore. L'attività illecita, consistente nell'appropriazione o nella contraffazione di un marchio mediante l'uso di segni distintivi identici o simili a quelli legittimamente usati dall'imprenditore concorrente può essere da quest'ultimo dedotta a fondamento non soltanto di un'azione reale, a tutela dei propri diritti di esclusiva sul marchio, ma anche, e congiuntamente, di un'azione personale per concorrenza sleale, ove quel comportamento abbia creato confondibilità fra i rispettivi prodotti. Il verificarsi di danni in capo al titolare del marchio contraffatto non è in re ipsa, ossia nella sussistenza dell’accertata condotta di contraffazione ex articolo 2598 c.c., talché il titolare che domanda il risarcimento dei danni è gravato dall’onere, ai sensi dell’articolo 121 – secondo comma c.p.i., di provarne l’an ed il quantum. In proposito, le allegazioni che devono accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria non possono essere limitate alla prospettazione della condotta colpevole della controparte, produttiva di danni nella sfera giuridica di chi agisce in giudizio, ma devono includere anche la descrizione delle lesioni, patrimoniali e/o non patrimoniali, prodotte da tale condotta, dovendo l’attore mettere il convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento, a prescindere dalla loro esatta quantificazione e dall’assolvimento di ogni onere probatorio al riguardo. [ Continua ]