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Art. 2700 c.c.
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7 Aprile 2023

Responsabilità da contatto sociale qualificato dell’amministratore di fatto

La figura dell’amministratore di fatto ricorre qualora un soggetto, non formalmente investito della carica, si ingerisca nell’amministrazione, esercitando (di fatto) i poteri inerenti alla gestione della società. In particolare, costituiscono requisiti per l’integrazione di tale figura da parte dei soggetti che non rivestono formalmente il ruolo di amministratori (cc.dd. amministratori di diritto): (i) l’assenza di una valida ed efficace investitura assembleare; (ii) l’esercizio significativo e continuativo dei poteri tipici riservati agli amministratori; (iv) l’autonomia decisionale; (v) l’accettazione della prestazione resa dall’amministratore di fatto da parte della società, cioè dell’amministratore di diritto.

La responsabilità sociale degli amministratori di diritto verso la società amministrata è responsabilità contrattuale da inadempimento; la responsabilità degli amministratori di fatto va qualificata, invece, come da contatto sociale qualificato. Da un lato, infatti, il contatto sociale qualificato idoneo a costituire ex art 1173 c.c. fonte di obbligazioni opera anche in ambito societario. Dall’altro lato, nella figura dell’amministratore di fatto si rinvengono tutti gli elementi della fattispecie di contatto sociale qualificato o relazione privilegiata generativa di obbligazioni, ossia: (i) l’assenza del contratto (nomina ed accettazione o loro invalidità); (ii) l’esecuzione in via di fatto di atti gestori in favore della società – imputati alla società (artt. 2384, 2475, co. 2, c.c.) – propri dell’amministratore; (iii) l’accettazione di tale situazione di fatto, cioè della prestazione, da parte della società, ovvero dell’amministratore di diritto.

In tema di accertamenti tributari, il processo verbale di constatazione assume un valore probatorio diverso a seconda della natura dei fatti da esso attestati, potendosi distinguere al riguardo un triplice livello di attendibilità: a) il verbale è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese; b) quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi — e dunque anche del contenuto di documenti formati dalla stessa parte e/o da terzi — esso fa fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice e alle parti l’eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni; c) in mancanza dell’indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi, potendo essere disatteso solo in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che quei documenti sono comunque stati esaminati dall’agente verificatore.

Ove la transazione stipulata tra il creditore e uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.

Diritti d’autore e recupero del credito da parte della SIAE

L’attestazione di credito emessa dal funzionario SIAE, ai sensi dell’art. 164, n. 3, L.d.a., costituisce, ope legis, titolo per l’esecuzione forzata senza bisogno di annotazione della formula esecutiva.

Gli ispettori SIAE rivestono la qualifica di pubblici ufficiali. Ne consegue che l’atto da essi redatto è dotato di fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., in relazione al cosiddetto “contenuto estrinseco dell’atto”, ovvero in ordine alla provenienza dell’atto dal pubblico ufficiale che sottoscrivendolo si identifica quale autore dell’atto stesso (e, in particolare, all’attestazione del luogo e della data in cui l’atto stesso è stato redatto), alle dichiarazioni delle parti che il pubblico ufficiale attesta di aver ricevuto, alle circostanze che si sono verificate alla sua presenza, nonché agli altri fatti che egli dichiara di aver compiuto. Entro tali limiti, la non contestabilità delle attestazioni contenute nell’atto pubblico e l’impossibilità di fornire prova contraria, soggiace al solo limite dell’esperibilità della querela di falso. L’efficacia di prova legale non vale, invece, a coprire il contenuto intrinseco del documento, ovvero la veridicità delle dichiarazioni che il pubblico ufficiale attesta di aver ricevuto. Tale veridicità può essere contestata con ogni mezzo di prova, senza che sia necessario proporre il procedimento previsto dagli art. 221 e seguenti c.p.c.

Rapporto tra contratto preliminare e contratto definitivo di cessione di quote

Qualora le parti, dopo avere stipulato un contratto preliminare, abbiano stipulato il contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva.

Il contratto definitivo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni delle parti inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione del preliminare, determinando quest’ultimo soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del definitivo. Ne discende che qualora i contraenti, nella propria autonomia negoziale e nell’ambito delle facoltà alle stesse facenti capo, decidano di prevedere nel definitivo una disciplina non conforme a quella del preliminare, quest’ultimo resta superato, a meno che tali contraenti non ne abbiano espressamente previsto la relativa sopravvivenza, in tutto o in parte, o che la parte interessata fornisca elementi probatori idonei a vincere la presunzione di conformità dell’assetto negoziale risultante dal definitivo alla volontà delle parti.

Ne deriva che l’omessa riproduzione, nel contratto definitivo di cessione di quote sociali, di una clausola già inserita nel preliminare non comporta, necessariamente, la rinunzia alla pattuizione ivi contenuta, che non resta assorbita ove, però, sussistano elementi in senso contrario ricavabili dagli atti ovvero offerti dalle parti. Il giudice, quindi, è tenuto ad indagare sulla concreta intenzione delle parti, tanto più che il negozio di cessione richiede la forma scritta solo al fine dell’opponibilità del trasferimento delle quote alla società e non per la validità o la prova dell’accordo, per cui occorre verificare se, con la nuova scrittura, le parti si siano limitate, o meno, solo a “formalizzare” la cessione nei confronti della società, senza riprodurre tutti gli impegni negoziali in precedenza assunti.

L’indicazione del venditore, contenuta nell’atto notarile di compravendita, che il “pagamento del prezzo complessivo è avvenuto contestualmente alla firma del presente atto” non è coperto da fede privilegiata ex art. 2700 c.c., ma ha natura confessoria, con la conseguenza che il quietanziante non è ammesso alla prova contraria per testi o per presunzioni, salvo che dimostri, in applicazione analogica dell’art. 2732 c.c., che il rilascio della quietanza è avvenuto per errore di fatto o per violenza o salvo che se ne deduca la simulazione; quest’ultima, nel rapporto tra le parti, deve essere provata mediante contro-dichiarazione scritta. Infatti, come noto, la quietanza costituisce confessione, impugnabile per difetto di veridicità, ai sensi del citato art. 2732 c.c., unicamente per errore di fatto o violenza, sicchè il creditore che ha rilasciato quietanza non può ricorrere alla prova testimoniale per dimostrarne la simulazione assoluta, se non nelle ipotesi previste dall’art. 2724 c.c.

25 Settembre 2019

Le dichiarazioni rese dagli ex amministratori al curatore fallimentare e al PM fanno piena prova nel giudizio di responsabilità

Nel giudizio di responsabilità introdotto dal curatore fallimentare nei confronti degli ex amministratori, rimasti contumaci, fanno piena prova ex art. 2700 c.c. le dichiarazioni rese dai medesimi ex amministratori al curatore fallimentare e al PM a motivo della qualifica di pubblico ufficiale di questi ultimi soggetti.

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23 Aprile 2018

Limiti alla proponibilità della querela di falso e operatività della clausola arbitrale irrituale statutaria

La querela di falso è esperibile unicamente nei casi di falsità materiale di tipo documentale per rompere il collegamento -quanto a provenienza- tra dichiarazione (e dichiarante) e sottoscrizione; laddove si contesti una ipotesi di falsità ideologica per inveridicità di quanto dichiarato deve farsi piuttosto ricorso alle normali azioni atte a rilevare il contrasto tra la volontà e la sua manifestazione. [ LEGGI TUTTO ]