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Art. 221 c.p.c.
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Notifiche a mezzo PEC e querela di falso

La ricevuta di avvenuta consegna (RAC) rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario, senza tuttavia assurgere a quella certezza pubblica propria degli atti facenti fede fino a querela di falso. Ciò in quanto, per un verso, gli atti dotati di siffatta speciale efficacia di pubblica fede devono ritenersi in numero chiuso e insuscettibili di estensione analogica, essendo per natura idonei a incidere, comprimendole, sulle libertà costituzionali e sull’autonomia privata e, per altro verso, il tenore della richiamata disciplina secondaria (ove si discute in termini di opponibilità ai terzi, ovvero di semplice prova dell’avvenuta consegna del messaggio), induce ad escludere che la legge abbia inteso espressamente riconoscere una qualsivoglia certezza pubblica alle attestazioni rilasciate dal gestore del servizio di posta elettronica certificata. Pertanto, deve escludersi che alle ricevute delle notifiche a mezzo PEC sia attribuita fede privilegiata e che, conseguentemente, i file attestanti l’invio e il ricevimento degli atti allegati possano essere fatti oggetto di querela di falso.

9 Ottobre 2023

Rapporto fra querela di falso e giudicato

La proposizione della querela di falso non è impedita dalla formazione del giudicato sulla situazione sostanziale, anzi è il presupposto – qualora venisse accolta e dichiarata la falsità di tutto o parte del materiale probatorio utilizzato dal giudice, purché rilevante ai fini della decisione – per la caducazione del giudicato medesimo. Ritenere altrimenti significherebbe rendere assolutamente inutilizzabile, salvo il caso di confessione della falsità del documento proveniente dalla parte che l’ha prodotto e se ne è avvalsa, lo strumento di cui all’art. 395, n. 2, c.p.c.

8 Giugno 2023

Principi in tema di querela di falso ex art. 221 comma 2 c.p.c.

La querela di falso, per sua natura imprescrittibile, è uno strumento processuale avente la finalità  di privare il documento munito di pubblica fede della sua efficacia probatoria privilegiata.
La cartella clinica, ricompresa nell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 2699 ss. c.c. – in quanto documento che attesta le cure prestate al paziente – costituisce un atto pubblico ed il sanitario deputato alla sua compilazione riveste la qualità di pubblico ufficiale e, quindi, è soggetta a querela di falso. Infatti, l’operatore sanitario, così come il medico, nella propria qualità di pubblico ufficiale svolge una pubblica funzione certificativa e, conseguentemente, la cartella clinica riveste natura di atto pubblico.
29 Maggio 2023

Inesistenza ex art. 2479 ter c.c. della delibera assembleare: omessa convocazione dell’assemblea e falsificazione della sottoscrizione

Anche dopo la riforma del diritto societario attuata con d.lgs. n. 6 del 2003, la delibera assembleare di una società di capitali, assunta con la sola partecipazione di soggetti privi della qualità di socio della stessa, è inesistente, non sussistendo un atto imputabile, neppure in via astratta, alla società.

30 Marzo 2023

Relata di notifica e querela di falso

Quando la notificazione sia effettuata dall’ufficiale giudiziario nelle forme previste dall’art. 140 c.p.c. o dall’ufficiale postale nelle forme stabilite dall’art. 8, co. 2 e 3, l. 890/1982, costituisce una mera presunzione superabile con qualsiasi mezzo di prova, senza necessità di proporre querela di falso avverso la relata, il fatto che nell’indirizzo indicato si trovi la residenza effettiva del destinatario dell’atto e compete, quindi, al giudice del merito, in caso di contestazione, l’accertamento di tale circostanza sulla base delle prove fornite dalle parti ai fini della pronuncia sulla validità della notifica.

Diritti d’autore e recupero del credito da parte della SIAE

L’attestazione di credito emessa dal funzionario SIAE, ai sensi dell’art. 164, n. 3, L.d.a., costituisce, ope legis, titolo per l’esecuzione forzata senza bisogno di annotazione della formula esecutiva.

Gli ispettori SIAE rivestono la qualifica di pubblici ufficiali. Ne consegue che l’atto da essi redatto è dotato di fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., in relazione al cosiddetto “contenuto estrinseco dell’atto”, ovvero in ordine alla provenienza dell’atto dal pubblico ufficiale che sottoscrivendolo si identifica quale autore dell’atto stesso (e, in particolare, all’attestazione del luogo e della data in cui l’atto stesso è stato redatto), alle dichiarazioni delle parti che il pubblico ufficiale attesta di aver ricevuto, alle circostanze che si sono verificate alla sua presenza, nonché agli altri fatti che egli dichiara di aver compiuto. Entro tali limiti, la non contestabilità delle attestazioni contenute nell’atto pubblico e l’impossibilità di fornire prova contraria, soggiace al solo limite dell’esperibilità della querela di falso. L’efficacia di prova legale non vale, invece, a coprire il contenuto intrinseco del documento, ovvero la veridicità delle dichiarazioni che il pubblico ufficiale attesta di aver ricevuto. Tale veridicità può essere contestata con ogni mezzo di prova, senza che sia necessario proporre il procedimento previsto dagli art. 221 e seguenti c.p.c.

Sulla prova di infedele redazione del verbale assembleare di s.p.a.

Se il verbale di assemblea non è redatto nella forma dell’atto pubblico la sua infedele redazione può essere provata con ogni mezzo, non essendo necessaria la proposizione della querela di falso.

Disconoscimento della propria sottoscrizione ed intervento del Pubblico Ministero nel procedimento per querela di falso

Il disconoscimento della propria sottoscrizione, ex art. 214 c.p.c.,  deve avvenire in modo formale ed inequivoco essendo inidonea, a tal fine, una contestazione generica oppure implicita, perché frammista ad altre difese o meramente sottintesa in una diversa versione dei fatti; la relativa eccezione deve contenere specifico riferimento al documento e al profilo che di questo viene contestato, sicché non vale, ove venga dedotta preventivamente a fini solo esplorativi e senza riferimento circoscritto al determinato documento ma con riguardo ad ogni eventuale prodizione in copia che sia stata o possa essere effettuata da controparte (cfr. Cass. Civ. 17/06/2021, n.17313).

Il procedimento di querela di falso ex art. 221 e ss. c.p.c. è volto all’accertamento dell’autenticità di un documento, ovvero la sua effettiva provenienza o attribuzione alla persona che ne appare essere l’autore, e può essere proposto in qualunque stato e grado del giudizio finché la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato.

L’art. 221, ultimo comma, c.p.c. dispone che, seppur obbligatorio l’intervento del pubblico ministero, detta partecipazione si ricollega all’esigenza di tutelare gli interessi generali in tema di pubblica fede e di ricerca dell’autore della falsità, e non deve intendersi come partecipazione attiva al processo (ex multis Trib. Salerno n. 2219/2012) essendo sufficiente che gli atti siano comunicati all’ufficio medesimo, per consentirgli di intervenire nel giudizio, mentre la partecipazione effettiva e “la formulazione delle conclusioni sono rimesse alla sua diligenza” (cfr. Cass. n. 10894/2005).

4 Settembre 2020

Ammissibilità della querela di falso di delibera consiliare

L’art. 221 c.p.c. consente la proposizione della querela di falso in qualunque stato e grado di giudizio finché la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato. Nel caso di specie si pone un limite invalicabile al prodromico giudizio di ammissibilità di querela di falso, costituito da una sentenza parziale passata in giudicato, con la quale è stata implicitamente riconosciuta la veridicità delle delibere oggetto del giudizio.