Può essere decisa dagli arbitri la controversia relativa ai versamenti dovuti dal socio per la sottoscrizione di azioni
Il mancato richiamo esplicito nella clausola compromissoria alle formalità dell’arbitrato rituale non comporta automaticamente la qualificazione in arbitrato irrituale in quanto, per decidere se si tratti di arbitrato rituale o irrituale, occorre interpretare la clausola compromissoria alla stregua dei normali canoni ermeneutici ricavabili dall’art. 1362 c.c. e, dunque, fare riferimento al dato letterale, alla comune intenzione delle parti, e al comportamento complessivo delle stesse, anche successivo alla conclusione del contratto.
Possono formare oggetto di compromesso tutte le controversie in materia societaria con esclusione di quelle che hanno ad oggetto interessi della società o che concernono la violazione di norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi, quali ad esempio, le controversie relative all’impugnazione di deliberazioni assembleari di società aventi oggetto illecito o impossibile, le quali danno luogo a nullità rilevabile anche di ufficio dal giudice.
E’ deferibile al collegio arbitrale la materia dell’obbligo di esecuzione dei conferimenti in quanto il diritto dell’amministratore di ottenere dai soci morosi il pagamento dei conferimenti, di esperire l’azione esecutiva, la vendita in danno, l’esclusione del socio e in ultimo la riduzione del capitale sociale per la quota non versata, non preclude la disponibilità della materia.
Una volta deliberato l’aumento di capitale, la posizione del socio si pone, rispetto ai connessi obblighi di versamento, come quella di un qualunque debitore. Cosicchè l’interesse direttamente coinvolto nel processo non è superindividuale ma è proprio (e soltanto) quello patrimoniale della società creditrice e quello speculare del socio uti singulus.
Va revocato il decreto ingiuntivo concesso dal giudice ordinario per il versamento dovuto dal socio per la sottoscrizione di azioni in presenza di una clausola arbitrale che comprometta agli arbitri qualunque controversia sorga fra i soci o i soci e la società, l’organo amministrativo e l’organo di liquidazione o fra i detti organi o i membri di tali organi o fra alcuni di tali soggetti od organi o gli eredi di tali soggetti, in dipendenze dell’attività sociale e della interpretazione o esecuzione dello statuto. La clausola compromissoria conserva la sua efficacia pur in caso di fallimento, non essendo consentito al curatore recedere da singole clausole del contratto di cui chiede l’adempimento.
Compromettibilità in arbitrato di controversie in materia societaria e operatività del divieto di mutatio libelli nel giudizio riassunto
Le controversie in materia societaria possono formare oggetto di compromesso, fatta eccezione soltanto per quelle che hanno ad oggetto interessi della società o che concernono la violazione di norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi.
L’atto di riassunzione del giudizio ex art. 50 c.p.c. può legittimamente contenere una domanda nuova in aggiunta a quella originaria, poiché la particolare funzione dell’istituto della riassunzione, ovvero la conservazione degli effetti sostanziali della litispendenza, non è di ostacolo a che esso cumuli in sé quella introduttiva di un nuovo giudizio, purché sia rispettato il contraddittorio tra le parti, tanto più che, ove la nuova domanda fosse ritenuta inammissibile, la necessità di introdurre, per quest’ultima, un nuovo giudizio, da riunire al precedente, si tradurrebbe in un inutile dispendio di attività processuale, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo.
Tuttavia, va precisato che il processo riassunto continua davanti al nuovo giudice mantenendo una struttura unitaria e, perciò, conservando tutti gli effetti sostanziali e processuali di quello davanti al giudice a quo, poiché la riassunzione non comporta l’instaurazione di un nuovo processo, bensì costituisce la prosecuzione di quello originario. Di conseguenza, sono inammissibili i motivi di giudizio intempestivamente e irritualmente introdotti nel giudizio originario, ossia quelli introdotti per la prima volta con la memoria ex art. 183, co. 6, n. 1, c.p.c., in quanto integrano la fattispecie di mutatio libelli, determinando un inammissibile ampliamento del tema di indagine.
Esorbita dai limiti di una consentita emendatio libelli il mutamento della causa petendi che consista in una vera e propria modifica dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio, tale da introdurre nel processo un tema di indagine e di decisione nuovo perché fondato su presupposti diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo del giudizio, così da porre in essere una pretesa diversa da quella precedente. Si ha, perciò, mutatio libelli quando la parte modifichi l’oggetto della pretesa ovvero quando introduca nel processo, attraverso la modificazione dei fatti giuridici posti a fondamento dell’azione, un tema di indagine e di decisione completamente nuovo, fondato su presupposti totalmente diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo e tale da disorientare la difesa della controparte e da alterare il regolare svolgimento del contraddittorio.
Compromettibilità in arbitrato di controversie afferenti l’impugnazione di delibere assembleari
Secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte le controversie in materia societaria possono formare oggetto di compromesso, con esclusione di quelle che hanno ad oggetto interessi della società o che concernono la violazione di norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi; peraltro, l’area della indisponibilità deve ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determini una reazione dell’ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte, quali le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio.
Nella specie, attengono a diritti indisponibili, come tali non compromettibili in arbitri ex art. 806 c.p.c., soltanto le controversie relative all’impugnazione di deliberazioni assembleari di società aventi oggetto illecito o impossibile, le quali danno luogo a nullità rilevabili anche di ufficio dal giudice.
È pacifico che la controversia sulla nullità della delibera assembleare di una società a responsabilità limitata, in relazione all’omessa convocazione del socio, quale soggetta al regime di sanatoria previsto dall’art. 2379 bis cod. civ., è compromettibile in arbitri, atteso che l’area della non compromettibilità è ristretta all’assoluta indisponibilità del diritto e, quindi, alle sole nullità insanabili.
La cautela sospensiva delle delibere assembleari nel giudizio arbitrale
La cautela sospensiva delle delibere assembleari è condizionata al fatto che l’istante abbia proposto la sua domanda contestualmente al giudizio ordinario di cognizione, anche ove esso sia devoluto ad arbitri. Il principio è desumibile dall’art. 2378 c.c., in tema di giudizio introdotto dinanzi all’autorità giudiziaria, oltre che dall’art. 35, co. 5, del D.Lgs. n. 5/2003 ove la controversia sia devoluta, secondo volontà statutaria, al giudizio arbitrale. In quest’ultimo caso, detto potere cautelare residua in capo all’autorità giudiziaria se, nonostante l’avvio del procedimento arbitrale, l’organo non sia ancora costituito.
Nullità del decreto ingiuntivo opposto in presenza di clausola compromissoria
L’esistenza di una clausola compromissoria nello statuto di una s.p.a. per tutte le controversie tra soci e società non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, atteso che la disciplina del procedimento arbitrale non contempla l’emissione di provvedimenti inaudita altera parte, ma impone a quest’ultimo, in caso di successiva opposizione fondata sull’esistenza della detta clausola, la declaratoria di nullità del decreto opposto e la contestuale remissione della controversia al giudizio degli arbitri.
Interpretazione di clausola compromissoria. Relazione fra decreto ingiuntivo e arbitrato.
La qualificazione di rapporti giuridici come “sociali” è perfettamente equivalente a quella di “societari”, trattandosi di aggettivi indifferentemente utilizzati dal legislatore nell’ambito della regolamentazione del tipo società di capitali e nell’arbitrato statutario (così ad esempio: se “societario” è l’aggettivo utilizzato dal legislatore all’art. 3 co. 2° lett. a) del d. lgs. n. 168/2003, al rapporto “sociale” fa riferimento l’art. 34, co.4 del d. lgs. n. 5/2003). Quindi, qualora lo statuto di una società di capitali preveda (anche) la devoluzione [ LEGGI TUTTO ]
Limiti alla proponibilità della querela di falso e operatività della clausola arbitrale irrituale statutaria
La querela di falso è esperibile unicamente nei casi di falsità materiale di tipo documentale per rompere il collegamento -quanto a provenienza- tra dichiarazione (e dichiarante) e sottoscrizione; laddove si contesti una ipotesi di falsità ideologica per inveridicità di quanto dichiarato deve farsi piuttosto ricorso alle normali azioni atte a rilevare il contrasto tra la volontà e la sua manifestazione. [ LEGGI TUTTO ]
Clausola compromissoria statutaria ed arbitrabilità delle impugnazioni di delibere assembleari
Risulta circoscritta ai diritti disponibili dell’attore – ed è pertanto arbitrabile in presenza di clausola compromissoria statutaria – l’impugnazione da parte di un socio di una delibera assembleare di una s.p.a. per presunti vizi di corretta costituzione dell’assemblea, asserite omissioni [ LEGGI TUTTO ]
Nullità della clausola compromissoria non conforme all’art. 34 del D. Lgs. 5/2003
E’ nulla la clausola compromissoria – sia se introdotta ex novo dopo l’entrata in vigore della riforma, sia se preesistente e non adeguata alle nuove previsioni – che non sia conforme [ LEGGI TUTTO ]
Obbligo di interpretazione estensiva dell’ambito di applicazione delle clausole compromissorie statutarie
In conformità al principio sancito all’art. 808-quater c.p.c., una clausola compromissoria contenuta in statuto deve essere interpretata, in caso di dubbio in merito al perimetro applicativo, nel senso per cui la competenza arbitrale [ LEGGI TUTTO ]