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16 Giugno 2023

Differenze tra responsabilità nei confronti dei creditori e da danno diretto

Le azioni di responsabilità ex artt. 2476, co. 6, e 2476, co. 7, c.c. sono connotate da distinti presupposti. L’azione ex art. 2476, co. 6, c.c. (così come l’analoga azione verso l’amministratore di s.p.a. ex art. 2394 c.c.) si fonda sull’inosservanza da parte degli amministratori degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, tale da ingenerare un danno che colpisce direttamente il patrimonio della società e solo in via mediata il ceto creditorio (c.d. danno riflesso), e ciò nella misura in cui a causa della inosservanza degli obblighi di conservazione del patrimonio la riduzione del patrimonio determinata causalmente da detta mala gestio abbia a sua volta comportato la insufficienza del patrimonio alla soddisfazione delle ragioni creditorie. Nel caso di sopravvenuto fallimento, la legittimazione per l’azione ex art. 2476, co. 6, c.c. dei creditori sociali spetta ex art. 146 l.fall. solo ed esclusivamente al curatore fallimentare, di tal che la sopravvenienza in corso di causa della dichiarazione di fallimento comporta la perdita della legittimazione attiva in capo ai singoli creditori e la improcedibilità della relativa domanda. Residua invece la legittimazione attiva del terzo (e dunque anche del creditore sociale) con riferimento alla azione per danno diretto ex art. 2476, co. 7, c.c.

La responsabilità da danno diretto degli amministratori di s.r.l. ex art. 2476, co. 7, c.c. (o ex art. 2395 c.c. in caso di amministratore di s.p.a.) verso i terzi che abbiano stipulato un contratto con la società non discende automaticamente ex se né da detta loro qualità, né dall’inadempimento ad obblighi discendenti dal contratto. Invero, se la società è inadempiente per non aver rispettato gli obblighi discendenti dal contratto (quale l’obbligo di pagare il corrispettivo), di questi danni risponde la società e soltanto la società: ciò in forza del rapporto di immedesimazione organica tra la società e gli amministratori che per essa agiscono, sicché l’atto dell’amministratore non è atto compiuto per conto della società, ma atto “della” società, necessitando dunque per potersi configurare la responsabilità dell’amministratore un quid pluris.

La responsabilità personale dell’amministratore verso il terzo contraente ex art. 2476, co. 7, c.c. è una responsabilità per danno diretto e non dunque responsabilità per un danno integrato dalla insoddisfazione della pretesa creditoria discendente dalla insufficienza patrimoniale determinata dalla mala gestio. Necessitano pertanto non solo la allegazione e prova di condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi integrante mala gestio, ma altresì la allegazione di fatti che consentano di far ritenere che detta mala gestio abbia determinato un danno diretto al creditore, cioè un danno incidente direttamente sulla sua sfera patrimoniale e non, dunque, meramente derivato dalla perdita della garanzia patrimoniale generica integrata dalla riduzione del patrimonio sociale idoneo a soddisfare il suo credito (rientrando invece quest’ultimo danno nel perimetro del danno riflesso azionabile ex art. 2476, co. 6, c.c.). Ancora, necessita la allegazione del nesso di causalità tale per cui il danno sia non solo diretto, ma altresì legato da nesso di causalità immediata con la mala gestio, e cioè sia conseguenza immediata e diretta della suddetta condotta illecita secondo i principi generali (v. art. 1223 c.c. richiamato quanto alla responsabilità extracontrattuale dall’art. 2056 c.c.).

Dichiarazione di fallimento del debitore intervenuta nelle more del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, nell’ipotesi di dichiarazione di fallimento intervenuta nelle more del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dal debitore ingiunto poi fallito, il creditore opposto deve partecipare al concorso con gli altri creditori previa domanda di ammissione al passivo, attesa la inopponibilità, al fallimento, di un decreto non ancora definitivo e, pertanto, privo della indispensabile natura di sentenza impugnabile, esplicitamente richiesta dall’art. 95, co. 3, l.fall. [secondo il testo in vigore prima della modifica introdotta con il d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5], norma di carattere eccezionale, insuscettibile di qualsivoglia applicazione analogica. Infatti, qualora una domanda sia diretta a far valere, nelle forme ordinarie, una pretesa creditoria soggetta al regime del concorso, il giudice adito è tenuto a dichiarare secondo i casi, l’inammissibilità, l’improcedibilità o l’improponibilità della domanda, siccome proposta secondo un rito diverso da quello previsto come necessario dalla legge, quindi inidonea a conseguire una pronuncia di merito. Tale improcedibilità va rilevata d’ufficio anche nel giudizio di cassazione, discendendo da norme inderogabilmente dettate a tutela del principio della par condicio creditorum.

18 Dicembre 2018

Competenza in materia di risoluzione contrattuale ex art. 72, quinto comma, l. fall.

Non può essere valutata in via autonoma – ed è quindi improcedibile – la domanda di  risoluzione del contratto che implica dirette conseguenze, negative per la massa fallimentare, sulla titolarità del marchio e, dunque, sul trasferimento a favore del suo titolare e a danno della convenuta nonché, a valle, sul [ LEGGI TUTTO ]

28 Giugno 2016

Improcedibilità delle domande proposte nei confronti di società dichiarata fallita in corso di causa

Qualora, a seguito di dichiarazione di fallimento, la parte che aveva agito in giudizio nei confronti del debitore rivolga la propria azione nei confronti del curatore, subentrato all’originaria parte ai sensi dell’art. 43 l. fall., la domanda dev’essere dichiarata improcedibile, in quanto inidonea [ LEGGI TUTTO ]